lunedì 23 settembre 2013

Editoriaraba - “Creatura di sabbia”, creatura di niente: la parola di Tahar Ben Jelloun


Editoriaraba inaugura una rubrica settimanale dedicata al Marocco. Recensioni, analisi, anteprime, scrittori, libri e librerie ci accompagneranno in questo breve viaggio nel mondo letterario e culturale del Marocco.

Si comincia con una recensione di “Creatura di sabbia” di Tahar Ben Jelloun a firma di Lucilla Parisi. Questo intenso romanzo è stato il primo che ho letto dell’autore marocchino e forse l’unico che mi abbia davvero colpita. È stato l’utilizzo della forza della parola da parte dell’autore che mi ha avvinta. La storia narrata non ha davvero fine perché è una storia circolare e perché la parola avvolge il lettore nelle sue spire fin dall’inizio, finché questi si ritrova spaesato e confuso dalle mille versioni narrate. È un libro che richiede molta attenzione da parte del lettore e che forse, in alcuni punti, può infastidire. Ma la lettura, credo, vale assolutamente lo sforzo.

di Lucilla Parisi

“Ho un corpo di donna; vale a dire che ho un sesso femminile, anche se non è mai stato usato. Sono una zitella che non ha neppure il diritto di avere le angosce di una zitella. Ho un comportamento da uomo, o più precisamente, mi è stato insegnato a comportarmi e a pensare come un essere naturalmente superiore alla donna. Tutto me lo permetteva: la religione, il testo coranico, la società, la tradizione, la famiglia, il paese…e io stesso”.


La storia narrata in queste pagine è quella di Mohamed Ahmed, ma non solo. È quella delle voci che raccontano della bambina, l’ultima di otto sorelle, presentata al mondo dal padre come l’agognato erede maschio. Ad Ahmed verrà insegnato a mortificare il suo corpo, a modificare la voce, a comandare su tutte le donne della famiglia e, quindi, a sostituirsi al padre nell’attività di famiglia. Ciò che nessuno le insegnerà sarà gestire le pulsioni, i desideri e i sogni di una creatura femminile destinata per natura a essere se stessa. Il dramma che si compie nel corpo e nella mente di Ahmed la porterà con gli anni ad isolarsi in quella dimora divenuta la sua gabbia dorata, ad allontanarsi dalla famiglia incapace di amarla e dal mondo che di lei conosce solo un’immagine riflessa.

Tutto ciò che le accade, nel libro viene raccontato da varie voci come una favola orientale, ma il solo a conoscere la verità sulla sua atroce esistenza è lo stesso Ahmed anziano e a documentarlo è un diario su cui lei stessa aveva riversato le proprie allucinate confessioni, maturate in un clima di solitudine profonda.

L’intreccio del romanzo risulta quindi complesso: la voce dell’io narrante si intreccia con quella del cantastorie che ammalia la piazza di astanti riunitisi ad ascoltarlo, e che coinvolge nella narrazione, in un gioco di complicità e partecipazione, diversi altri aspiranti narratori che, con la loro personale visione, condurranno la storia alla sua conclusione. A chiuderla sarà il primo narratore, il quale non potrà che prendere atto della scomparsa delle parole dal libro di Ahmed:

“Il libro è vuoto. E’ stato devastato. Ho commesso l’imprudenza di sfogliarlo in una notte di luna piena. Illuminandolo, quella luce ha cancellato le parole una dopo l’altra…La maledizione era stata gettata su di me. Né voi né io sapremo la fine della storia”.

La pluralità di narratori finisce con lo spostare l’attenzione dall’oggetto narrato al soggetto narrante: un espediente narrativo che contribuisce a donare all’intero romanzo un’atmosfera da fiaba degna de Le Mille e una notte. Oltre al recupero della tradizione orale, gli accorgimenti utilizzati dallo scrittore marocchino sono molteplici, come lo sviluppo del racconto in sette sedute vespertine, in corrispondenza di ognuna delle sette porte della città.

Come spiega il curatore del testo Egi Volterrani: “questo schema proposto è via via stravolto sempre di più. Sopraffatto dal racconto diretto delle ossessioni sessuali che turbano profondamente il protagonista e della sua dolorosa, segreta, consapevole trasformazione in donna”.

Le angosce di Ahmed nascono proprio dal fittizio ruolo sociale e familiare a cui è stato destinato all’interno di una società che il protagonista critica duramente e per il quale prova una totale repulsione. La società in cui:

“Essere donna è una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione. Essere uomo è un’illusione e una violenza che giustificano e privilegiano qualsiasi cosa”.

Lo stesso scrittore, che condivide una tale avversione per l’ingiustizia perpetrata per anni nei confronti delle donne, spiega però che: “il libro lo colloco più o meno negli anni Quaranta, quando il Marocco era ancora una colonia francese: allora nelle famiglie c’era questa ossessione del maschio, senza il quale il patrimonio andava disperso. Ma è vero che prima dell’Islam era molto peggio”. In Creatura di sabbia fa infatti dire al padre di Ahmed: “Prima dell’Islam, i padri arabi gettavano i neonati di sesso femminile in una buca e li ricoprivano di terra per farli morire. Avevano ragione: si sbarazzavano di una sventura”.

Con Creatura di sabbia, Tahar Ben Jelloun tesse una storia di innegabile ferocia in cui il mondo interiore, tutto femminile, di Ahmed è destinato a consumarsi e a morire nell’indifferenza e nella solitudine.

Il lettore non potrà fare altro che abitare quella solitudine alla ricerca delle parole che spieghino il dualismo e le contraddizioni di un corpo che vive come un uomo, ma che anela alla liberazione di sé.

“Negli ultimi tempi il mio corpo prova desideri sempre più precisi, e non so proprio come arrangiarmi per soddisfarli. […] Ho scelto l’ombra e l’invisibile. Ecco che il dubbio comincia a farsi strada come una luce cruda, viva, insopportabile. Tollererei l’ambiguità fino in fondo, ma non potrei mai esporre il viso nella sua nudità alla luce che si avvicina”.

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Creatura di sabbia, di Tahar Ben Jelloun; Einaudi 1987, 1992

A cura di Egi Volterrani.  Titolo originale L’enfant de sable

Editoriaraba - La parola al traduttore arabista. Intervista con Barbara Benini


Settembre, tempo di nuovi inizi. E con oggi Editoriaraba inaugura un’altra rubrica, questa volta mensile: ovvero, una serie di interviste con i traduttori italiani dall’arabo. È un modo per ringraziarli del (durissimo) lavoro che svolgono, che spero serva anche da incoraggiamento a tutti coloro i quali, giovani e non, si accingono a lavorare in questo campo.


Intervista con Barbara Benini

Editoriaraba: Qual è stato il tuo percorso di studi e come hai cominciato a tradurre?

Barbara Benini: Mi sono diplomata al Liceo Classico tradizionale di Ferrara e subito dopo mi sono iscritta alla Facoltà di Lingue e Letterature Orientali di Venezia. Sin dalle elementari, dove avevo iniziato a studiare l’inglese, i miei insegnanti avevano notato quanto fossi portata per le lingue straniere e infatti mi avevano consigliata di iscrivermi al Liceo Linguistico. Tuttavia, dato che a Ferrara l’unico Liceo Linguistico era privato, dopo ben sei anni tra le suore, decisi di optare per il classico tradizionale, pubblico, e non me ne sono mai pentita, anche perché era l’unica scuola superiore con il minor numero di ore di matematica e fisica, che io ho sempre odiato. Tra l’altro ho iniziato ad amare la letteratura proprio lì, grazie alla mia professoressa di latino e greco, che aveva un approccio piuttosto olistico nell’insegnamento dei classici. Terminato il liceo, la mia famiglia avrebbe voluto che mi iscrivessi alla facoltà di giurisprudenza, ma dopo un’estate trascorsa ad aiutare mio zio nel suo studio legale, ho capito che non faceva proprio per me, così ho proseguito verso la letteratura e le lingue straniere, scegliendo l’arabo come prima lingua e l’inglese come seconda

Ea: Come e perché è nato il tuo interesse per il mondo arabo e la letteratura araba?

BB: il mio interesse per il mondo arabo è nato per forza di cose sin da quando ero bambina. Mio nonno era nato in Tunisia, di lì si era trasferito in Libia con la famiglia e durante il fascismo fu tra i primi iscritti dell’Orientale di Napoli, alla facoltà di Scienze Coloniali. La domenica a pranzo da mia nonna, si mangiava cous cous e mio nonno mi faceva sempre vedere le sue foto della Libia e della Tunisia, oltre che raccontarmi i suoi ricordi. Pure mia nonna, che era figlia di un Carabiniere di stanza a Tripoli, contribuiva alle storie narrandomi come era la loro vita laggiù. Certamente il loro approccio positivista e la loro educazione li portavano a pensare di essere andati a portare la cultura, però non è che la cosa mi abbia mai toccata più di tanto, a me interessava sapere cosa si faceva all’epoca, come si viveva, come interagivano con i locali. Come ho detto prima, ho amato la letteratura sin dal Liceo, quindi era gioco forza che mi appassionassi anche alla letteratura araba.

Ea: Hai tradotto Rogers e la Via del drago divorato dal sole di Ahmed Nagi (Il Sirente, 2010) e Al di là della città di Gamal al-Ghitani (ed. Lavoro, 1999): due autori egiziani contemporanei eppure dallo stile differente. Quale ti è piaciuto di più tradurre, se hai un preferito, e quale sono state le differenze nel lavoro di traduzione?

BB: Mi sono piaciuti entrambi perché sono due romanzi molto strani, unici direi. Ghitani ha uno stile molto complesso, utilizza termini presi a prestito dal sufismo e dalla letteratura classica piuttosto difficili e talora obsoleti, ma mi piace molto. Inoltre Al di là della città è nato a Bologna, per cui mi è stato facile riconoscere i lineamenti della città di cui si parla nel testo, anche se Ghitani è stato molto abile nel nasconderli tra miti e leggende che nulla hanno a che vedere con il capoluogo emiliano. Anche Rogers non è stato semplice da tradurre: lì la difficoltà non era di tipo lessicale, quanto piuttosto testuale. Ahmed ha uno stile molto variegato, contemporaneo, e quindi la difficoltà stava proprio nel capire dove andasse a parare. Ho letto Rogers qualcosa come sei o sette volte per capire bene la storia e per rendermi conto che alla fine era tutto un trip mentale ben costruito.

Ea: Cosa si prova nel vedere pubblicata per la prima volta una propria traduzione?

BB: Orgoglio e soddisfazione. Non sono madre, ma forse è come un parto.

Ea: Cosa consiglieresti ad un giovane traduttore che oggi voglia cimentarsi nella traduzione letteraria dall’arabo?

BB: Di leggere a più non posso nella sua lingua, perché se non si è bravi a scrivere in italiano e non si conosce bene la propria lingua, meglio lasciar perdere.

Ea: Quali sono, secondo la tua esperienza, le maggiori difficoltà dal punto di vista linguistico nel tradurre gli autori arabi (se ci sono)?

BB: Secondo me i dialoghi in arabo colloquiale: non credo che tutti i traduttori conoscano tutti i dialetti arabi e il problema sta lì. Per il resto, con l’arabo standard non ci sono grossi problemi.

Ea: Come valuti il mercato editoriale italiano rispetto alle traduzioni dall’arabo? Secondo te si potrebbe fare di più e se sì, come?

BB: Purtroppo il mercato editoriale italiano per forza di cose, per ciò che concerne i grossi editori, è regolato da scelte di mercato: cioè si pubblica quel che si reputa possa vendere di più, ma vado oltre. La politica italiana verso i paesi arabi e soprattutto l’immagine che il nostro governo ha voluto dare del mondo arabo agli italiani, per via di certe alleanze strategiche a livello economico e geopolitico, influenzano anche il mercato dell’editoria. Quando un editore sceglie di pubblicare solo un certo tipo di romanzi e si giustifica dicendo “Ma i lettori vogliono questo” in parte è vero. Se costantemente si propina un certo genere di stereotipo è chiaro che il lettore medio quello si aspetta, anzi ne vuole ancora e ancora. Altro discorso sono i piccoli editori, che si sforzano un sacco con la promozione, ma che alla fine non riescono più di tanto a scalfire l’immagine imperante sul mondo arabo. Ovvio che si potrebbe fare di più, ma è sempre una questione di vil denaro: chi più ha spende male, e chi meno ha fa quel che può. Io credo molto in quello che facevano in passato, quando le arti, le Muse, erano veramente sorelle, non come ora dove ognuna si fa i fatti suoi. Musica, letteratura, recitazione ecc ecc se affiancate l’una all’altra avrebbero tutte quante da guadagnarci. Ma sono una sognatrice.

Ea: L’ultimo libro in arabo che hai letto?

BB: The diesel dell’autore emiratino Thani Al Suwaidi.

Ea: Uno scrittore arabo che secondo te dovremmo tenere sott’occhio?

BB: Youssef Rakha.

Ea: L’ultimo libro di uno scrittore arabo tradotto in italiano che hai letto?

BB: Rapsodia Irachena (di Sinan Antoon, Feltrinelli, 2010; trad. dall’arabo di R. Ciucani – NdR)

Ea: Progetti in vista di cui ci vuoi/puoi parlare?

BB: No

Editoriaraba - Elias Khoury e Farouk Mardam Bey (e tanti altri) al Festival di Internazionale a Ferrara


Ottobre, ovvero, il momento di Internazionale e del suo Festival. Per tre giorni, dal 4 al 6 ottobre, la redazione della rivista di politica e cultura internazionale più famosa d’Italia trasformerà la splendida città estense nella “redazione più bella del mondo”.

Non mancheranno gli appuntamenti con i libri e la cultura sul mondo arabo.

Si comincia sabato 5 ottobre alle 11 (presso il mercato coperto) con la presentazione dei due libri sulla Siria del momento: Siria. Dagli ottomani agli Asad. E oltre (Mondadori, 2013), di Lorenzo Trombetta, giornalista dell’ANSA basato a Beirut e La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana (Add Editore, 2013), di Shady Hamadi, giornalista e attivista italo-siriano.

Introduce e modera Francesca Sibani, della redazione Africa e Medio Oriente di "Internazionale".

Alle 12.30, sempre al mercato coperto, sarà il momento gastronomico-cultural-letterario di Farouk Mardam Bey. Storico ed editore franco-siriano, direttore della collana Sindbad della casa editrice Actes Sud, dedicata alla letteratura araba classica e contemporanea, di gastronomia araba a cui ha dedicato due libri, tradotti anche in italiano: Il trattato dei ceci (trad. di C. Pastura, Mesogea, 2011), insieme a Robert Bistolfi e La cucina di Ziryab. 83 ricette per un’iniziazione pratica alla gastronomia araba (trad. di Samuela Pagani, Edizioni Lavoro, 2000).

L’incontro, dal titolo “Uno straordinario popolo di viaggiatori. Dal Mediterraneo all’India l’avventura dei ceci tra storia e gastronomia” sarà guidato da Elisabetta Bartuli, arabista e traduttrice della Cà Foscari di Venezia. A seguiredegustazione di ricette italiane, mediorientali e asiatiche (ingresso su tagliando!).

Alle 14.30 in Piazza Municipio sarà il turno dello scrittore libanese Elias Khoury che, insieme al giornalista Gad Lerner, dialogherà sul tema del ruolo degli intellettuali in Medio Oriente.

L’acclamato autore di romanzi come Yalo, Facce bianche e La porta del sole (tutti pubblicati da Einaudi) sarà anche protagonista, il giorno dopo, di un altrettanto imperdibile incontro, in cui parlerà di letteratura insieme a Elisabetta Bartuli. Appuntamento quindi domenica 6 alle 14 al Chiostro di San Paolo.

Lo scrittore algerino Amara Lakhous chiude questa mini rassegna letteraria arabista con la presentazione del suo ultimo libro: Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario (e/o, 2013). L’incontro, moderato dal giornalista Stefano Solis, si terrà sabato alle 17.30 a Palazzo Roverella.

Questi sono solo alcuni degli innumerevoli incontri organizzati a Ferrara.

venerdì 20 settembre 2013


UE: Bonino, 2014 sarà anno Mediterraneo
Incontro con Venizelos, austerità non fine ma strumento
17 SETTEMBRE

(ANSAmed) - ROMA, 17 SET - Il 2014, con le presidenze consecutive dell'Ue di Grecia e Italia, "sarà l'anno del Mediterraneo" per l'Europa: lo ha detto il ministro degli esteri Emma Bonino, in conferenza stampa con il collega greco Evangelos Venizelos.

"Tra noi ci sono eccellenti rapporti bilaterali, ma il focus è stato sulle due presidenze, su vari temi e settori. Sul sud del Mediterraneo, ma anche sulla macroregione Adriatico-ionica", ha affermato il ministro. Italia e Grecia vogliono sottolineare che l'Europa "dev'essere crescita, opportunità, futuro e non solo austerità, che è uno strumento e non l'obiettivo", ha aggiunto Emma Bonino.

"Siamo determinati - ha spiegato - a far capire che il Mediterraneo non è un optional, ma rappresenta opportunità per tutta l'Europa. Non abbiamo soluzioni miracolose, ma possiamo imporre la priorità dell'attenzione per il mediterraneo. Il sud non e' un incidente geografico, ma un'opportunità".

"Le elezioni in Germania non cambieranno la nostra posizione: noi non siamo contro la disciplina di bilancio, ma l'austerità è uno strumento e non il fine. Bisogna promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro".

Editoriaraba - Eppur si muove


Editoriaraba dedica la sua attenzione a  Raasuk, l’ultimo album dei Mashrou’ Leila, la famosa band libanese la cui musica il Guardian recentemente ha definito come un mix tra Arctic Monkeys, Radiohead, Strokes e le sonorità di Fairouz.

Ovviamente i Mashrou’ Leila non sono nati ieri in Libano, paese in cui sono affermatissimi – come in tutto il mondo arabo, dove ad ogni concerto fanno il pienone. Fa piacere però che di loro si siano accorti anche il quotidiano britannico e il pubblico europeo: il gruppo guidato da Hamed Sinno infatti ha inserito tre date europee nel tour promozionale dell’album.

L'Italia non sembra ancora pronta per la musica araba ma nel frattempo si è accorta che la letteratura araba non è un fenomeno di passaggio.

Almeno questo è quanto emerge dalla lettura dell’articolo “Il trend della narrativa araba tradotta dall’arabo. Quali romanzi per quali lettori?” scritto dalla professoressa E. Bartuli per L’Indice di questo mese.

giovedì 19 settembre 2013

Presentazione VIII Rapporto Italiani nel Mondo - Fondazione Migrantes Giovedì 3 ottobre, Roma


La Fondazione Migrantes presenta l'VIII
Rapporto Italiani nel Mondo 2013
Roma, giovedì 3 ottobre 2013, ore 10.30
presso Auditorium “V. Bachelet”
Domus Mariae – Palazzo Carpegna
via Aurelia 481

L’ottavo Rapporto Italiani nel Mondo (RIM) – più di 40 approfondimenti elaborati da 50 autori dall’Italia e dall’estero – inaugura una nuova fase del progetto editoriale dedicato allo studio della mobilità italiana di ieri e di oggi, alle difficoltà e alle opportunità avvertite da tanti italiani in un momento in cui la crisi generale stenta ad allentare la sua morsa sull’intero Paese.

«Il RIM si pone – scrivono nelle Considerazioni generali mons. Gian Carlo Perego e Delfina Licata – nel panorama culturale italiano, quale strumento socio-pastorale dove ritrovare le notizie necessarie per conoscere il e/o aggiornarsi sul fenomeno della mobilità italiana. La collaborazione con le istituzioni civili ed ecclesiali e con diversi enti di ricerca, l’apertura al mondo accademico, il coinvolgimento delle associazioni e di varie strutture pubbliche e private, fa del volume una sorta di “luogo pubblico” dove poter non solo descrivere le situazioni, ma portare idee e proposte».

mercoledì 18 settembre 2013

ABATON Magazine - Tunisi e quello spettro del velo integrale


di Ilaria Guidantoni – da TUNISI –

Calma apparente, un ritorno alla vita lento, graduale e confuso, mentre l’estate ancora dà il meglio di sé. In questi giorni a Tunisi, al di là di quello che traspare sui giornali e soprattutto su Internet, la città è vivace. Il centro economico del paese, la Milano tunisina, Sfax, ieri era gremita di giovani che si godevano il tramonto nei caffè sul mare e la città ferveva di attività. Sembra tornata l’allegria ma non è tutto oro quel che luccica. Oggi l’Assemblea Costituente ha ripreso i lavori con fatica e precise condizioni (resterà vuoto il seggio occupato dal deputato assassinato Mohamed Brahmi) e si attende l’autunno con l’inizio dell’anno accademico, la data delle elezioni da fissare – qualche timore per la sicurezza è previsto per il 23 ottobre, data simbolo delle prime elezioni libere che nel 2011 hanno portato al potere l’attuale partito religioso, contestato – e l’auspicata ripresa economica.

Certo ad uno sguardo superficiale la crisi sembra messa da parte e i veli semmai sono diminuiti. Molti diranno che Tunisi e Sfax non fanno testa ma pesano oltre un terzo della popolazione del Paese. Qualcosa vorrà pur dire. Ho preso un caffè con il mio amico regista Mourad Ben Cheikh, reduce del successo inaspettato della fiction per il Ramadan dell’estate scorsa, “Yaoumiat imra’a” (il giornale delle donne) che mi confessato che di tanto in tanto in si riaffaccia lo spettro del velo integrale, ricorrente nelle università, tanto che a volte non lo si prende più sul serio. 

L'articolo integrale su Abaton magazine 

martedì 10 settembre 2013

Italian Coffee Break a Tunisi - 13 settembre ore 17.00


Italian Coffe Break del 13 Settembre a Tunisi 


ospiti:


Il Corriere di Tunisi - testata giornalistica
Ilaria Guidantoni - scrittrice

Facker Karrhat - preside della Facoltà di Architettura di Tunisi ENAU

Tutti ospiti di Sandro Fratini - vice presidente Ccit -


Ore 17.00 Delta Center, La Carghuia II, Tunisi -
 Rue des Entrepreneurs, Charguia 2, 1080 Tunisi

mercoledì 4 settembre 2013

Editoriaraba - La Tunisia e l’Algeria francofone ospiti di Babel, Festival di letteratura e traduzione


Quest’anno da Babel, Festival di letteratura e traduzione che ogni anno dal 2006 è organizzato nella città svizzera di Bellinzona, è il turno dell’Africa francofona: tra autori, case editrici e traduttori, per quattro giorni la cittadina del Canton Ticino sarà il luogo dell’incontro tra le diverse anime letterarie della francofonia africana.
E tra gli invitati, figurano anche scrittori ed editori tunisini e algerini.
Il 14 settembre alle 10.30 sarà infatti la volta di Azza Filali: classe 1952, medico di professione ma scrittrice per vocazione, Filali è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di due romanzi, tra cui l’ultimo Ouatann (patria, in arabo) pubblicato nel 2012 dalle edizioni Elyzad. Il romanzo- che io ho apprezzato e recensito sul mio blog www.ilchiasmodeilibri.blogspot.com (ndr) - fa parte di quei libri che raccontano la Tunisia prima della rivoluzione: la disoccupazione, la perdita delle speranze, il sogno di Lampedusa. Il libro nel 2012 ha vinto il Premio letterario Comar d’Or per la narrativa tunisina d’espressione francese. Filali condividerà il palco con la sua editrice, la franco-palestinese ma tunisina d’adozione Elisabeth Daldoui; a Bologna invece, sarà il 10 settembre alle 22.15 alla Festa dell’Unità.
Lo scrittore e giornalista algerino Kamel Daoud dialogherà invece con la traduttrice Yasmina Melaouah e l’editore Sofiane Hadjadj il pomeriggio del 14 settembre alle 14. Nato nel 1970 a Mostaganem, Daoud è capo redattore del giornale Le Quotidien d’Oran e autore, tra gli altri, di alcune raccolte di racconti: L’Arabe e le vaste pays d’ô, che parla della condizione dell’uomo arabo nel mondo contemporaneao e grazie alla quale nel 2008 il suo autore riceve il premio letterario Mohamed Dib; Minotaure 504 (pubblicato nel 2011 dalla parigina Sabine Wespieser come anche il titolo che segue), raccolta selezionata per il Prix Goncourt de la nouvelle 2011 e La préface du nègre, di cui è stata pubblicata quest’anno la traduzione in italiano a cura della stessa Melaouah per le edizioni Casagrande, collana Babel, con il titolo La prefazione del negro. Quest’ultimo titolo in Algeria è stato pubblicato dalle edizioni Barzakh, una casa editrice nata nel 2000 da un’idea di Hadjadj e di una sua amica. Entrambi appassionati di letteratura, dopo gli studi in Francia erano tornati in Algeria con un sogno: aprire una casa editrice vivace e moderna che colmasse il vuoto editoriale che avevano ritrovato al ritorno nel paese. Nel tempo i due hanno pubblicato diversi titoli in arabo e francese e stabilito importanti partnership, come quella con la francese Actes Sud, che traduce ad un ritmo impressionante larga parte della letteratura araba contemporanea.

***
La questione della francofonia nel mondo arabo è complessa e intricata e parlarne implicherebbe avviare un dibattito non solo linguistico ma anche storico-politico, che esula dall’ambito di editoriaraba. “La francofonia nel mondo arabo e il relativo dibattito – scrive Chiara Comito - interessano anche il nostro mondo editoriale, che spesso preferisce tradurre autori arabi francofoni o anglofoni, direi per alcuni motivi: entrarci in contatto, leggerne i manoscritti originali e seguire il processo di traduzione è molto più semplice rispetto all’avere a che fare con un autore che parla e scrive “solo” in arabo, una lingua che soffre ancora di scarsa visibilità e attenzione e di qualche pregiudizio. Inoltre, esistono (ancora) molti più traduttori dal francese o dall’inglese (e curatori post) rispetto ai traduttori arabisti. Non voglio qui negare l’esistenza e l’importanza di autori come: Amin Maalouf, Fouad Laroui, Yasmina Khadra, Assia Djebar, Kateb Yacine, solo per citarne alcuni, che hanno rappresentato e rappresentano tuttora un segmento fondamentale della letteratura araba moderna e contemporanea. Né d’altronde si può, né si deve, nascondere la situazione di diffuso plurilinguismo di cui “soffrono” Libano, Tunisia, Marocco e Algeria. Quello che mi preme sottolineare è che esiste tutto un mondo ancora largamente inesplorato (sebbene le cose, ultimamente, stiamo marciando in questa direzione) di autori arabi arabofoni validi e meritevoli di essere tradotti che sarebbe un peccato non poter mai vedere sugli scaffali delle nostre librerie”.

lunedì 2 settembre 2013

Editoriaraba - “Al-haraka baraka”, cinque scrittori, una primavera, quale futuro?


“Tutto passa” (كــلُّ حــــالٍ يـــزول ) di Mouneer Alshaarani

Chi meglio di uno scrittore sa interpretare il presente e immaginare il futuro? Chi meglio di uno scrittore può leggere i segni, raccogliere il dolore, farsi portavoce di un dramma? Chi meglio di uno scrittore può alleviare le sofferenze del proprio paese parlando di speranza, futuro e ottimismo?
Questo fine settimana sul sito della BBC World Service, all’interno del programma Newsday, cinque scrittori provenienti da Siria, Libia, Egitto, Tunisia e Yemen hanno proposto una loro personale chiave di lettura sugli eventi in corso, su ciò che è accaduto nel proprio paese negli ultimi 2-3 anni e hanno provato a immaginare come potrà essere il futuro.
Le visioni degli autori differiscono sensibilmente le une dalle altre e forse, anche senza sapere di che nazionalità erano, non sarebbe stato impossibile indovinare il loro paese di provenienza.

Samar Yazbek – Siria
Per l’autrice di Lo specchio del mio segreto e Il profumo della cannella, è molto doloroso parlare di quanto sta accadendo in Siria, perché la realtà ha ormai di gran lunga superato la fantasia più crudele. Questa realtà siriana di oggi e di ieri è talmente orribile da essere indicibile e l’uomo, di fronte alla barbarie compiuta da un altro uomo, nulla può, nulla è.
"The extent of the barbarity that exists in this world is beyond anyone’s imagination. What I have seen I cannot describe. Reality is more gruesome than anything the mind can conjure".

Ghazi Gheblawi – Libia
Per il co-fondatore di Libya al-Youm, nella Libia post-Gheddafi si guarda al futuro con un misto di apprensione, speranza e ottimismo. Forse il viaggio verso un futuro migliore e più giusto sarà arduo ed accidentato, ma nonostante le difficoltà, ne sarà valsa la pena una volta arrivati.
"We might be allowed to be angry, upset or frustrated, but we are not allowed in our loathsome disappointment to lose hope. Without hope, we wouldn’t be able to lift ourselves from our legacy of despotism, social stagnation and the carcasses of lost opportunities".

Sara Khorshid – Egitto
Nonostante i tragici eventi dell’ultimo mese, secondo Khorshid la rivoluzione non ha perso del tutto: si tratta solo di ritrovare la slancio iniziale. Coloro i quali sono ancora fedeli agli ideali del primo periodo devono rimanere uniti e lottare contro tutte le forme di autoritarismo, sia esso militare o religioso.
"The mission of those still loyal to the revolution must be to stand up against the army’s brutal crackdown on Muslim Brotherhood members – a crackdown that goes against everything the revolution called for".

Samar Mezghanni – Tunisia
Cronache di doloroso pessimismo arrivano invece dal paese che ha dato il via alle rivolte nei paesi arabi. Secondo la giovanissima autrice (classe 1988), le cose non vanno affatto bene in Tunisia e la colpa è in parte dei tunisini, ma soprattutto dei leader al potere. Non molto è cambiato da quando Ben Ali è stato mandato a casa, e la rivoluzione non è finita, non ancora.
"We found out that the people we recognised as leaders are not offering us a vision, are not uniting us and are not taking the lead about the future of our country".

Farea al-Muslimi – Yemen
Lo Yemen è ancora impantanato in uno stallo economico e politico, tuttavia l’autore intravede alcuni spiragli di luce. Primo tra tutti, la mancata salita al “trono” presidenziale del figlio dell’ex presidente Saleh (mai del tutto scomparso dalla scena). E se è vero che al-haraka baraka (il movimento è benedizione), il futuro dovrà essere per forza più promettente del presente.
“Al-Harka barka, a popular phrase goes, pointing to the sky, “Movement is a blessing.”Directing my gaze at the stirrings of political power players, rather than cloud activity, I tend to view Yemen’s future in much the same way".

La Marsa, Tunis - Dali Belkadhi, Hommage à Salvador Allende ou la démocratie confisquée

A la librarie Mille Feuilles, avec une exposition personnelle de l’artiste Dali Belkadhi, «Hommage à Salvador Allende ou la démocratie confisquée». Nous vous convions au vernissage, qui sera le 7 Septembre, à partir de 18h.

Dimanche 8 Septembre, à partir de 11h, le psychanalyste Norbert Châtillon nous fera l’honneur d’une conférence, «Salvador Allende, révolution sociale et révolution intime».

Salvador Allende est un médecin et homme d'Etat socialiste chilien, président de la République du Chili du 3 novembre 1970 au 11 septembre 1973.
Unique président socialiste du Chili au XXème siècle, Salvador Allende fut l'un des hommes politiques clef de l'Amérique Latine, avant d'être renversé par un coup d'état militaire dirigé par le général Augusto Pinochet Ugarte.
Issu d'un milieu bourgeois de libres-penseurs, il s'affilie très tôt à la franc-maçonnerie et adhère au parti socialiste chilien dès 1933.
Sa carrière politique débute en 1937 par une élection à la Chambre basse du Congrès.
Docteur en médecine, il devient, l'année suivante, ministre de la Santé. Son ascension politique se poursuit par un poste de Sénateur, en 1945, siège qu'il occupe durant un quart de siècle et qui lui assure une grande notoriété populaire.
Au cours de cette période, il est à trois reprises présenté comme candidat à la présidence par son parti, le Front d'Action Populaire.
C'est lors de sa quatrième tentative, en 1970, sous la bannière de l'Unité Populaire (coalition de partis de gauche), qu'il remporte les élections d'une courte majorité.
Il mène un important projet de nationalisation, mais l'économie du pays s'effondre et l'inflation augmente. Face à une armée inquiète, le président Allende voit sa marge de manœuvre diminuer.
Et le 11 septembre 1973, Augusto Pinochet, soutenu par les États-Unis, s'empare du pouvoir.
Le même jour, Salvador Allende meurt dans de troubles circonstances.

“L’armée du salut” di Abdellah Taïa al Festival del Cinema di Venezia


"L’armée du salut" dello scrittore marocchino Abdellah Taïa sbarca al Festival di Venezia, selezionato all’interno della Settimana Internazionale della Critica.
Primo lungometraggio di Taia (il film è stato scritto e diretto dallo stesso autore ed è una co-produzione franco-marocchina), il film è tratto dall’omonimo romanzo uscito in Francia nel 2006 e tradotto in italiano con il titolo "L’esercito della salvezza" (trad. di S. Valenti, ISBN, 2009).

Da Osservatorioiraq che lo ha recensito di recente:
[L'esercito della salvezza è] una sorta di libro-matrice, “un libro che racchiude l’origine di tutto ciò che sono”. Riprende immagini e tematiche già trattate in precedenza dallo scrittore e anticipa alcuni spunti poi approfonditi in Uscirò dal tuo amore (Isbn, 2010) e Ho sognato il re (Isbn, 2012). Per Abdellah Taia si tratta di un crocevia esistenziale e allo stesso tempo stilistico, che segna il passaggio dal racconto al romanzo.