Incontro con Marta Bellingreri intorno al suo libro "Lampedusa" e al tema scottante delle migrazioni, insieme a lei interverrà Raffaella Cosentino, giornalista freelance co-autrice del documentario Oltre l’Inverno sull’omicidio Carbone a Locri e del dossier Rosarno Arance Insanguinate dell’associazione antimafie daSud onlus.
Marta Bellingreri ha vissuto in Siria, Libano, Egitto, Palestina, Giordania e ha lavorato come mediatrice culturale con minori migranti a Lampedusa e a Roma. Dal 2012 vive e lavora in Tunisia.
giovedì 19 dicembre 2013
mercoledì 18 dicembre 2013
Editoriaraba - La giornata mondiale della lingua araba è oggi!
Come ogni anno, il 18 dicembre l’UNESCO celebra la giornata mondiale della lingua araba per ricordare il 18 dicembre 1973, giorno in cui l’arabo divenne la sesta lingua ufficiale delle Nazioni Unite. E, colpo di scena, l’iniziativa è stata promossa da Marocco e Arabia Saudita al fine di promuovere il multilinguismo, la diversità culturale e il ruolo e il contributo dell’arabo nel creare un patrimonio culturale condiviso dall’umanità.
Le iniziative proposte l’anno scorso dall’UNESCO per festeggiare l’arabo erano state le seguenti:
imparare la calligrafia araba
scoprire la poesia
organizzare un reading di poesie
incoraggiare le persone ad intraprendere lo studio dell’arabo
non perdere l’abitudine di parlare in arabo con la propria famiglia (solo per arabofoni)
imparare qualche parola di arabo se si viaggia in un paese straniero
Su editoriaraba si festeggia , partendo da una domanda…come avete conosciuto l’arabo?
Chiara Comitini ne aveva parlato l’anno scorso su A.L.M.A. Blog in un post dal titolo Sul perché l’arabo è anche una bicicletta verde dell’Arabia Saudita.
E ieri qualcuno ha mandato la propria originalissima versione del perché studia, ama o parla questa lingua, che è croce e delizia di tutti colori i quali le si avvicinano.
E le risposte sono sorprendenti.
Giada Frana: Ho iniziato a studiare arabo per amore verso mio marito, e perché mi piacerebbe specializzarmi in articoli sul Medioriente, quindi penso che conoscere questa lingua mi sarebbe molto utile. Da tempo volevo approcciarmi a questa lingua… Quando, nel gennaio 2011, in un comizio di tunisini davanti alla relativa ambasciata, tutti si sono messi a cantare l’inno nazionale con le lacrime agli occhi…e io non capivo nulla né dell’inno, né di quello che dicevano nei discorsi di incitamento alla caduta del dittatore Ben Ali. Così ho capito che, se non volevo rimanere esclusa da una parte importante della vita di mio marito, e anche per comunicare con suoceri e parenti, avrei dovuto rimboccarmi le maniche e mettermi a studiare. Un’ ulteriore spinta mi è data dal fatto che a breve mi trasferirò per un periodo in Tunisia. L’approccio non è stato semplice ma più mi addentro, più rimango affascinata e ho voglia di saperne sempre di più su questa lingua.
Carmen: All’epoca trovavo molto più semplice andare nel vicino/medio Oriente per poterlo mettere in pratica piuttosto che andare in Cina o Giappone. Con il tempo ho imparato ad amarlo ma se potessi tornare indietro sceglierei il persiano.
Fernanda Fischione: Ho cominciato a studiare l’arabo perché quando ero insegnante di italiano a stranieri i miei allievi erano per la maggior parte marocchini e mi hanno lentamente trascinata nel “gorgo”.
Ho scoperto prima di tutto un’umanità nuova, calda, antica, dirompente, e poi una lingua altrettanto totalizzante. Il risultato è che dopo cinque anni sono ancora perdutamente innamorata di questa lingua e di questa cultura, e penso proprio che si tratti dell’amore della mia vita…
Monica Luisa: È stato un colpo di fulmine.
Alessandra Fabretti: Ho iniziato a studiare l’arabo perché ero convinta che sarebbe stata la lingua del nuovo millennio. Non avevo ancora realizzato cosa stava accadendo nel frattempo in Cina.
Pamela Stella: Non ricordo bene, probabilmente ho iniziato a studiare l’arabo per curiosità. Poi la storia tra me e la lingua araba è continuata tra amore e litigi, ma ha resistito nel tempo. E tuttora resiste…resiste perché, semplicemente, non ne posso fare a meno, tra me e lei è una sfida perpetua.
Anna Maria Monti: Mi è sempre piaciuto…un colpo di fulmine.
Elisione Ere Mitica: Perché non c’è una ragione precisa dietro alle passioni.
Lucia Turi Tezler: Perché è difficile.
Abdelghani Mouden: È la mia lingua madre, è mia madre ed il mio punto di riferimento. Scrivo in italiano, e mi arrabbio e mi tormento in arabo.
Francesca Della Puppa: è stata una scoperta-sorpresa… Lo scelsi non del tutto convinta e anche perché avevo una buona base di francese a supporto. Poi, studiandolo all’università, giorno per giorno ne sono rimasta affascinata, colpita, attratta. Non solo per la sua modalità di scrittura, ma anche per i suoni che ai più sembrano quasi “sgradevoli”, perché così gutturali, a me invece risultavano invitanti, interessanti. E poi l’arte, la storia, la cultura e la visione della vita di questa civiltà mi hanno molto stimolata a cercare di saperne sempre di più, per comprendere e anche per scegliere cosa mi andasse a genio e cosa no. Ci sono alcuni aspetti di questo complesso mondo arabo che non potrò mai accettare, ma molti altri che mi hanno anche comunicato quanta intelligenza e saggezza ci sia stata e ci sia ancora tra queste persone. La lingua araba: matematica, economica e nello stesso tempo precisa e vasta, con milioni di vocaboli a stabilire il giusto senso alle cose. La lingua del risparmio nella scrittura e della memoria orale, perché non ci si deve appesantire nello spostarsi. Pochi segni per evocare un mondo, così come bastano poche note e posizioni sul liuto per evocare ore di musica. La lingua della ridondanza e della ciclicità, di quel movimento sinuoso e continuo della carovana che attraversa le dune… la lingua che non spezza le parole, che non va a capo a singhiozzo, ma tiene unita la parola per non togliere completezza al senso, per lasciare intatta la magia dei segni che uniti trasmettono un significato. Una lingua e tante lingue: una, la più eloquente; tante, la complessità di questo mondo vasto e differente, unito dalla scrittura, diviso dalle pronunce. Auguro all’arabo di essere sempre più insegnato e imparato, usato e diffuso, con correttezza, con serietà, con passione. Diffuso nelle scuole, dalla primaria alle superiori perché non si possa più dire un giorno a qualcuno che non capiamo: “Ma parli arabo?”.
Davide Maggiore: Mi piacerebbe impararlo per tanti motivi: i primi tre che mi vengono in mente sono 1) Perché quando ascolto una canzone in arabo ne resto affascinato e ho voglia di capire, di saperne di più 2) perché quando nel 2011 ho cominciato a seguire le rivolte arabe sentivo che mi mancava qualcosa per capirle veramente 3) perché lo swahili è pieno di parole arabe e non sarebbe una lingua così bella, senza.
Marco Scalas: Perché ho avuto una ispirazione interiore, da adulto. Poi, perché mi vergognavo di non riuscire a leggere neppure i cartelli stradali.
Claudia Avolio: Ho iniziato a studiare l’arabo perché nel sentir parlare della Palestina nessuno mi aveva dato le parole per provare a capire le sue storie. Così le ho cercate nella lingua araba.
Amale Merrika: Sono madrelingua araba, nel mio paese di origine ho studiato di più il francese, ma poi ho capito l’importanza della mia lingua d’origine è ho deciso di approfondire le mie conoscenze. Così ho preparato la mia laurea e oggi sono docente di lingua e cultura araba.
Le iniziative proposte l’anno scorso dall’UNESCO per festeggiare l’arabo erano state le seguenti:
imparare la calligrafia araba
scoprire la poesia
organizzare un reading di poesie
incoraggiare le persone ad intraprendere lo studio dell’arabo
non perdere l’abitudine di parlare in arabo con la propria famiglia (solo per arabofoni)
imparare qualche parola di arabo se si viaggia in un paese straniero
Su editoriaraba si festeggia , partendo da una domanda…come avete conosciuto l’arabo?
Chiara Comitini ne aveva parlato l’anno scorso su A.L.M.A. Blog in un post dal titolo Sul perché l’arabo è anche una bicicletta verde dell’Arabia Saudita.
E ieri qualcuno ha mandato la propria originalissima versione del perché studia, ama o parla questa lingua, che è croce e delizia di tutti colori i quali le si avvicinano.
E le risposte sono sorprendenti.
Giada Frana: Ho iniziato a studiare arabo per amore verso mio marito, e perché mi piacerebbe specializzarmi in articoli sul Medioriente, quindi penso che conoscere questa lingua mi sarebbe molto utile. Da tempo volevo approcciarmi a questa lingua… Quando, nel gennaio 2011, in un comizio di tunisini davanti alla relativa ambasciata, tutti si sono messi a cantare l’inno nazionale con le lacrime agli occhi…e io non capivo nulla né dell’inno, né di quello che dicevano nei discorsi di incitamento alla caduta del dittatore Ben Ali. Così ho capito che, se non volevo rimanere esclusa da una parte importante della vita di mio marito, e anche per comunicare con suoceri e parenti, avrei dovuto rimboccarmi le maniche e mettermi a studiare. Un’ ulteriore spinta mi è data dal fatto che a breve mi trasferirò per un periodo in Tunisia. L’approccio non è stato semplice ma più mi addentro, più rimango affascinata e ho voglia di saperne sempre di più su questa lingua.
Carmen: All’epoca trovavo molto più semplice andare nel vicino/medio Oriente per poterlo mettere in pratica piuttosto che andare in Cina o Giappone. Con il tempo ho imparato ad amarlo ma se potessi tornare indietro sceglierei il persiano.
Fernanda Fischione: Ho cominciato a studiare l’arabo perché quando ero insegnante di italiano a stranieri i miei allievi erano per la maggior parte marocchini e mi hanno lentamente trascinata nel “gorgo”.
Ho scoperto prima di tutto un’umanità nuova, calda, antica, dirompente, e poi una lingua altrettanto totalizzante. Il risultato è che dopo cinque anni sono ancora perdutamente innamorata di questa lingua e di questa cultura, e penso proprio che si tratti dell’amore della mia vita…
Monica Luisa: È stato un colpo di fulmine.
Alessandra Fabretti: Ho iniziato a studiare l’arabo perché ero convinta che sarebbe stata la lingua del nuovo millennio. Non avevo ancora realizzato cosa stava accadendo nel frattempo in Cina.
Pamela Stella: Non ricordo bene, probabilmente ho iniziato a studiare l’arabo per curiosità. Poi la storia tra me e la lingua araba è continuata tra amore e litigi, ma ha resistito nel tempo. E tuttora resiste…resiste perché, semplicemente, non ne posso fare a meno, tra me e lei è una sfida perpetua.
Anna Maria Monti: Mi è sempre piaciuto…un colpo di fulmine.
Elisione Ere Mitica: Perché non c’è una ragione precisa dietro alle passioni.
Lucia Turi Tezler: Perché è difficile.
Abdelghani Mouden: È la mia lingua madre, è mia madre ed il mio punto di riferimento. Scrivo in italiano, e mi arrabbio e mi tormento in arabo.
Francesca Della Puppa: è stata una scoperta-sorpresa… Lo scelsi non del tutto convinta e anche perché avevo una buona base di francese a supporto. Poi, studiandolo all’università, giorno per giorno ne sono rimasta affascinata, colpita, attratta. Non solo per la sua modalità di scrittura, ma anche per i suoni che ai più sembrano quasi “sgradevoli”, perché così gutturali, a me invece risultavano invitanti, interessanti. E poi l’arte, la storia, la cultura e la visione della vita di questa civiltà mi hanno molto stimolata a cercare di saperne sempre di più, per comprendere e anche per scegliere cosa mi andasse a genio e cosa no. Ci sono alcuni aspetti di questo complesso mondo arabo che non potrò mai accettare, ma molti altri che mi hanno anche comunicato quanta intelligenza e saggezza ci sia stata e ci sia ancora tra queste persone. La lingua araba: matematica, economica e nello stesso tempo precisa e vasta, con milioni di vocaboli a stabilire il giusto senso alle cose. La lingua del risparmio nella scrittura e della memoria orale, perché non ci si deve appesantire nello spostarsi. Pochi segni per evocare un mondo, così come bastano poche note e posizioni sul liuto per evocare ore di musica. La lingua della ridondanza e della ciclicità, di quel movimento sinuoso e continuo della carovana che attraversa le dune… la lingua che non spezza le parole, che non va a capo a singhiozzo, ma tiene unita la parola per non togliere completezza al senso, per lasciare intatta la magia dei segni che uniti trasmettono un significato. Una lingua e tante lingue: una, la più eloquente; tante, la complessità di questo mondo vasto e differente, unito dalla scrittura, diviso dalle pronunce. Auguro all’arabo di essere sempre più insegnato e imparato, usato e diffuso, con correttezza, con serietà, con passione. Diffuso nelle scuole, dalla primaria alle superiori perché non si possa più dire un giorno a qualcuno che non capiamo: “Ma parli arabo?”.
Davide Maggiore: Mi piacerebbe impararlo per tanti motivi: i primi tre che mi vengono in mente sono 1) Perché quando ascolto una canzone in arabo ne resto affascinato e ho voglia di capire, di saperne di più 2) perché quando nel 2011 ho cominciato a seguire le rivolte arabe sentivo che mi mancava qualcosa per capirle veramente 3) perché lo swahili è pieno di parole arabe e non sarebbe una lingua così bella, senza.
Marco Scalas: Perché ho avuto una ispirazione interiore, da adulto. Poi, perché mi vergognavo di non riuscire a leggere neppure i cartelli stradali.
Claudia Avolio: Ho iniziato a studiare l’arabo perché nel sentir parlare della Palestina nessuno mi aveva dato le parole per provare a capire le sue storie. Così le ho cercate nella lingua araba.
Amale Merrika: Sono madrelingua araba, nel mio paese di origine ho studiato di più il francese, ma poi ho capito l’importanza della mia lingua d’origine è ho deciso di approfondire le mie conoscenze. Così ho preparato la mia laurea e oggi sono docente di lingua e cultura araba.
martedì 17 dicembre 2013
Editoriaraba - Nello specchio del mare bianco. Il romanzo del mare tra Tunisia e Italia approda a Reggio Calabria
17 dicembre 2013
E’ un testo che conosco, per aver letto e studiato, di grande poesia e di estremo interesse linguistico per la commistione tra arabo classico, tunisino, francese, siciliano, laboratorio allegorico del Mediterraneo come chiasmo culturale. Un inno al mare nostrum come luogo di incontro dialettico e di fecondità. Tra l’altro il libro è distribuito con un cd realizzato dai Dounia complesso musicale siciliano dedito alla composizione di musica per il teatro, di grande suggestione.
(Ilaria Guidantoni)
Stasera alle 21 al Teatro Siracusa di Reggio Calabria si svolgerà l’evento Nello specchio del mare bianco. Il romanzo del mare nelle pagine di Eugenio Vitarelli e Moncef Ghachem, con Moncef Ghachem, Maurizio Marchetti, Silvio Perrella, Biagio Guerrera e Caterina Pastura.
Dal comunicato stampa della casa editrice Mesogea “una serata dedicata a due scrittori: Moncef Ghachem, poeta-pescatore tunisino che leggerà assieme a Biagio Guerrera alcuni brani tratti dal suo nuovo libro «Il salto del Cefalo. Storie di pesci, barche e marinai di Mahdia (trad. e cura di Caterina Pastura)»; e Eugenio Vitarelli, scrittore messinese scomparso da diversi anni di cui Maurizio Marchetti leggerà qualche brano, tratto da «Acqualadrone». Silvio Perrella e Caterina Pastura tra una lettura e l’altra parleranno dei libri e degli autori, ma anche del mare e di quell’ispirazione che accomuna due sponde apparentemente lontane nell’immaginario e negli alfabeti, ma che trovano comunque il modo di intendersi.
L’evento si inserisce all’interno della manifestazione Horcynus Fest invernale, un festival artistico che si svolge dal 14 al 31 dicembre presso il Teatro Siracusa di Reggio Calabria e Il Borgo di Chianalea a Scilla.
E’ un testo che conosco, per aver letto e studiato, di grande poesia e di estremo interesse linguistico per la commistione tra arabo classico, tunisino, francese, siciliano, laboratorio allegorico del Mediterraneo come chiasmo culturale. Un inno al mare nostrum come luogo di incontro dialettico e di fecondità. Tra l’altro il libro è distribuito con un cd realizzato dai Dounia complesso musicale siciliano dedito alla composizione di musica per il teatro, di grande suggestione.
(Ilaria Guidantoni)
Stasera alle 21 al Teatro Siracusa di Reggio Calabria si svolgerà l’evento Nello specchio del mare bianco. Il romanzo del mare nelle pagine di Eugenio Vitarelli e Moncef Ghachem, con Moncef Ghachem, Maurizio Marchetti, Silvio Perrella, Biagio Guerrera e Caterina Pastura.
Dal comunicato stampa della casa editrice Mesogea “una serata dedicata a due scrittori: Moncef Ghachem, poeta-pescatore tunisino che leggerà assieme a Biagio Guerrera alcuni brani tratti dal suo nuovo libro «Il salto del Cefalo. Storie di pesci, barche e marinai di Mahdia (trad. e cura di Caterina Pastura)»; e Eugenio Vitarelli, scrittore messinese scomparso da diversi anni di cui Maurizio Marchetti leggerà qualche brano, tratto da «Acqualadrone». Silvio Perrella e Caterina Pastura tra una lettura e l’altra parleranno dei libri e degli autori, ma anche del mare e di quell’ispirazione che accomuna due sponde apparentemente lontane nell’immaginario e negli alfabeti, ma che trovano comunque il modo di intendersi.
L’evento si inserisce all’interno della manifestazione Horcynus Fest invernale, un festival artistico che si svolge dal 14 al 31 dicembre presso il Teatro Siracusa di Reggio Calabria e Il Borgo di Chianalea a Scilla.
martedì 10 dicembre 2013
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