domenica 24 dicembre 2017

Il Marocco di Rosita Ferrato

http://ilchiasmodeilibri.blogspot.it/2017/12/una-guida-emozionale-del-marocco-di.html

sabato 2 dicembre 2017

L'arte di Michela Fontana, nata sulle spiagge di Creta

Assemblages, restituzioni e metamorfosi – GLAB (Milano)

Scritto da   Lunedì, 27 Novembre 2017 
Assemblages, restituzioni e metamorfosi – GLAB (Milano)
“Assemblages”, restituzioni e metamorfosi, la mostra di Michela Fontana al GLAB dal 16 al 24 novembre, racconta la creatività di una matematica che recupera oggetti rifiuto per realizzare opere d’arte. Ben oltre l’idea dell’assemblaggio, del collage, del riciclaggio, colpisce la visione di quest’artista neofita che “vede quello che altri non vedono”.

http://www.saltinaria.it/news-arte/eventi-e-arte-news/assemblages-restituzioni-e-metamorfosi-glab-milano.html

Tunisia e Algeria protagonista a Roma del MedFilm Festival


MedFilm Festival, Conferenza di Presentazione – Camera dei Deputati (Roma)

Scritto da   Mercoledì, 15 Novembre 2017 
MedFilm Festival, Conferenza di Presentazione – Camera dei Deputati (Roma)
Il cinema mediterraneo a Roma, da 23 anni, torna con il MedFilc Festival dal 10/18 NOVEMBRE 2017 nel segno delle donne e dei giovani, protagonisti dello sguardo dei due paesi ospiti d’onore: Algeria e Tunisia. Il cinema e la cultura in genere diventano un Corridoio umanistico nel Mare bianco di mezzo, per l’immediatezza e l’universalità del linguaggio che supera le barriere oggi sempre più forti.

Torna il festival, fondato e diretto da Ginella Vocca, giunto alla XXIII edizione, che si terrà dal 10 al 18 novembre presso il Cinema Savoy e il MACRO-Museo di arte contemporanea di Roma. «C’è un “corridoio umanistico” – è stato dichiarato in apertura della conferenza stampa di presentazione alla Camera dei deputati - che attraversa il Mediterraneo da 23 anni: è il MedFilm Festival, che propone film, documentari, dibattiti, mostre e cultura dei paesi del Mar Mediterraneo. Dalla penisola iberica ai Balcani, dai paesi arabi all’Italia, il MedFilm è un corridoio culturale che incrocia e mette davanti ai vostri occhi la più bella creatività del più ricco di storia dei mari del mondo. » Quest’anno il MedFilm Festival s’intitola “Lo sguardo delle donne”, dedicato alle donne registe, interpreti, autrici, protagoniste: l’altra metà della Mezzaluna, con un’attenzione forte ai giovani e alle opere prime. Programma imponente con 98 film provenienti da 34 paesi, due i Paesi Ospiti d’onore: Algeria e Tunisia. Ad aprire il festival che presenta, in anteprima italiana, il film tunisinoLa bella e le bestie, della pluripremiata regista Kaouther Ben Hania che, con una messa in scena teatrale dai toni dark, racconta la questione delle donne nel mondo arabo, e non solo, attraverso la storia di una giovane e bella studentessa che dovrà combattere per i propri diritti e la propria dignità. Il film sarà distribuito in Italia da Kitchen Film.

Per una lettura completa dell'articolo: http://www.saltinaria.it/news-arte/eventi-e-arte-news/medfilm-festival-conferenza-di-presentazione-camera-dei-deputati-roma.html

lunedì 23 ottobre 2017

MediTerriAmo, il progetto di Maurizio Scaparro tocca la città medicea

MediTerri-Amo / Giorgio La Pira e i dialoghi del Mediterraneo - Teatro della Pergola (Firenze)

Scritto da   Lunedì, 23 Ottobre 2017 
    MediTerri-Amo / Giorgio La Pira e i dialoghi del Mediterraneo - Teatro della Pergola (Firenze)
La città medicea diventa per due giorni faro del Mediterraneo, sotto il segno e il sogno del sindaco visionario Giorgio La Pira che, alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, intuì l’importanza del Mediterraneo e del dialogo tra i popoli e il ruolo centrale dell’Italia nel continente liquido. La serata al Teatro della Pergola condotta da Ferdinando Ceriani, coordinatore artistico del progettorealizzato dal regista Maurizio Scaparro, unisce letture e narrazioni di storie di migranti, il video del debutto a Roma di Memorie di Adriano, imperatore simbolo del Mediterraneo come crocevia, e sonorità contaminate come quelle di Peppe Servillo, Eugenio Bennato, l’ormai storica Orchestra di Piazza Vittorio e la prima orchestra formata interamente da donne “arabe”, Almar’à, nata proprio a Firenze.

Saloncino “Paolo Poli” - Teatro della Pergola
GIORGIO LA PIRA E I DIALOGHI DEL MEDITERRANEO
12 ottobre
Racconti e testimonianze intorno a una grande utopia con Ugo De Siervo (giurista e accademico italiano), Mario Primicerio (ex sindaco della città, presidente della Fondazione Giorgio La Pira), Maurizio Scaparro (regista) ed Izzedin Elzir (Imam di Firenze) per ribadire la centralità del mare nostrum e l’importanza del dialogo tra differenze come ricchezza.
All’interno dell’incontro la proiezione del documentario “Giorgio La Pira. La fantasia al potere” di Giovanni Minoli e letture, a cura dei Diplomati della Scuola per Attori “Orazio Costa”, di pensieri dello storico sindaco siciliano, adottato dalla città medicea, il “sindaco santo” come fu chiamato o ancora “il pesce rosso dell’acquasantiera”, per la sua fede austera delle origini profondamente ‘socialista nel cuore’ anche se formalmente di adesione democristiana. La manifestazione è stata organizzata in collaborazione con la Fondazione Giorgio La Pira di Firenze e la Fondazione Teatro della Toscana.

Per una lettura completa dell'articolo: http://www.saltinaria.it/news-arte/eventi-e-arte-news/mediterriamo-giorgio-la-pira-e-i-dialoghi-del-mediterraneo-teatro-della-pergola-firenze-recensione.html

domenica 24 settembre 2017

MediTerriAmo, rassegna itinerante di eventi culturali da Roma a Firenze e Venezia 2017

MediTerri-Amo, racconti, viaggi e storie per un nuovo vivere civile

Scritto da   Domenica, 24 Settembre 2017 
MediTerri-Amo, racconti, viaggi e storie per un nuovo vivere civile
Un progetto fra tre città, Roma, Firenze e Venezia, un programma culturale in forma di rassegna itinerante con al centro il Mediterraneo con l’idea che la cultura e l’arte grazie all’immediatezza restituiscano una lettura più profonda della realtà e siano foriere di dialogo. Il titolo “MediTerri-Amo”, che contiene allusivamente la parola amore, esprime con un verbo frutto d’invenzione la necessità di prendersi la responsabilità in comune ed essere attivi nella ri-costruzione del mondo mediterraneo.

MEDITERRI-AMO
Roma - Firenze - Venezia 
Settembre - Dicembre 2017
un progetto di Maurizio Scaparro
coordinatore artistico Ferdinando Ceriani
produttore esecutivo Carlo Mosso
una produzione Onni
con Carmelo Alberti, Michela Andreozzi, Shaul Bassi, Eugenio Bennato, Maria Ida Biggi, Francesca Corrao, Emilia Costantini, Ugo De Siervo, Diplomati della Scuola per Attori “Orazio Costa”, Izzedin Elzir, Nicole Grimaudo, Stefano Fresi, Syed Hasnain, Lino Guanciale, Stephane Jaquemet, Sebastiano Maffettone, Pino Micol, Enzo Moscato, Orchestra Almar’à, Orchestra di Piazza Vittorio, Alessandro Preziosi, Mario Primicerio, Claudio Romano, Igiaba Scego, Pasquale Scialò, Peppe Servillo, Solis String Quartet, Massimiliano Vado e Maurizio Scaparro
Roma 27 settembre 2017, Casa del Cinema
Firenze 12 - 13 ottobre, Teatro La Pergola
Venezia 5 dicembre, Ateneo Veneto

Per una lettura completa dell'articolo: http://www.saltinaria.it/news-spettacoli/teatro-news/mediterri-amo-progetto-sul-mediterraneo-di-maurizio-scaparro-tra-roma-firenze-e-venezia.html

martedì 27 giugno 2017

La Tunisia post Ben Ali, dal partito unico e nuove egemonie

Sulla Tunisia post Ben Ali
Dal partito unico a partiti e movimenti

http://conflits.revues.org/18216
La revue
Amin Allal et Vincent Geisser

La Tunisie de l’après-Ben Ali

Les partis politiques à la recherche du « peuple introuvable »
p. 118-125
Index | Plan | Texte | Notes | Citation | Cité par | Auteurs

Texte intégral

De l’euphorie révolutionnaire au retour des vieux démons

  • 1  Hermet G., Sociologie de la construction démocratique, Paris, Economica, 1986 ; Banegas R., « Les (...)
  • 2  International Crisis Group (ICG), Tunisie. Périls économiques et sociaux de la transition, Rapport (...)
1L’unanimisme révolutionnaire des premières semaines de l’après-Ben Ali semble avoir cédé la place à un profond pessimisme tant chez les citoyens ordinaires marqués par le contexte d’incertitude politique et la dégradation de la situation socioéconomique, que chez les acteurs institutionnels et partisans qui se disputent le droit de contrôler le processus de « transition » et d’incarner aux yeux du peuple les « vertus » de la démocratisation. Il est vrai, que le gouvernement provisoire de Béji Caïd Essebsi, nommé Premier ministre le 27 février 2011, succédant à Mohamed Ghannouchi, tente de bâtir un « programme des urgences de légitimation démocratique 1 », cherchant à conforter l’image lisse d’une démocratisation non problématique et consensuelle, et ceci afin de rassurer les partenaires étrangers et les bailleurs de fonds internationaux de la Tunisie. D’où cette ambigüité, d’un gouvernement provisoire qui tend à se comporter comme un gouvernement permanent, annonçant des plans de développement dignes de la période Ben Ali et engageant des politiques publiques sur le moyen et le long termes : « Jouant sur la continuité et la stabilité, le gouvernement provisoire demeure tiraillé entre une incapacité patente à communiquer sur les besoins les plus urgents de la population et un réflexe autoritaire le conduisant à se faire le garant du consensus et de l’unité nationale » 2. Face à lui, les acteurs partisans, issus de la résistance au régime de Ben Ali ou des milieux indépendants (ordres professionnels, intellectuels, ONG, etc.) lui contestent toute légitimité démocratique, le cantonnant à un registre purement technocratique, rappelant son caractère éphémère, tout en poursuivant avec lui des médiations et des négociations qui, en retour finissent par lui donner une certaine crédibilité. Toutefois, cette opposition, désormais légale, qui fonde principalement sa légitimité sur son combat historique contre le régime autoritaire et revendique le monopole à représenter les aspirations révolutionnaires, apparaît divisée et surtout déphasée par rapport à de larges secteurs de la population tunisienne qui ne se sentent toujours pas représentés par les « élites de la capitale » et tendent à considérer les nouveaux « forums démocratiques » (partis et institutions de la transition) comme des enclaves héritées de l’ancien régime.

La difficile reconversion des anciens partis de l’opposition

2Sous le régime de Ben Ali, les organisations partisanes pouvaient être classées en trois catégories en fonction de leur allégeance au régime : les partis-croupions clients du Palais présidentiel, les partis légaux et indépendants et les mouvements politiques non reconnus par le ministère de l’Intérieur et de facto illégaux. Les premiers, tels le Parti de l’unité populaire (PUP), l’Union démocratique unioniste (UDU) et le Mouvement des démocrates socialistes (MDS) étaient généralement des coquilles vides, sans base militante, dont l’activité interne tournait autour d’une personnalité, en relation directe avec la présidence de la République et les services de sécurité. Leur principal rôle était d’entretenir la façade pluraliste du régime aux yeux des observateurs internationaux.
3Les seconds, tels le Parti démocrate progressiste (PDP), Ettajdid (ancien Parti communiste tunisien) ou le Forum démocratique pour le travail et les libertés (FDTL), bien que jouissant d’une reconnaissance légale, étaient étroitement surveillés par la police politique, leurs publications régulièrement censurées, limitant ainsi leur capacité à animer une vie politique « normale » sur le territoire tunisien.
  • 3  Burgat F., L’islamisme au Maghreb. La voix du Sud, Paris, Petite bibliothèque Payot, 2008.
  • 4  Sur les partis politiques tunisiens sous le régime de Ben Ali, cf. Camau M., Geisser V., « À la re (...)
  • 5  Allal A., « Réformes néo-libérales, clientélismes et protestations en situation autoritaire. Les m (...)
  • 6  La plus importante d’entre elles est l’Instance supérieure pour la réalisation des objectifs de la (...)
  • 7  Camau M., « Le discours politique de légitimité des élites tunisiennes », in Santucci J.-C., Flory (...)
4Enfin, les derniers, comme le Congrès pour la République (CPR) de Moncef Marzouki, le Parti communiste des ouvriers tunisiens (PCOT) de Hamma Hammami et les islamistes du mouvement Ennahdha (Renaissance) étaient illégaux, pourchassés par le pouvoir benaliste et donc condamnés à mener leurs activités dans la clandestinité. À l’exception des islamistes qui ont pu constituer au cours de la période 1981-1991 un véritable « parti de masse » 3, la quasi-totalité de ces partis politiques n’ont jamais eu vraiment de bases populaires. Ils étaient caractérisés par un recrutement élitiste, limité aux classes supérieures et professions libérales des centres urbains (Tunis, Sousse, Sfax, etc.). Plus que d’organisations partisanes, il s’agissait, en réalité, de proto-partis bâtis autour d’un leader plus ou moins charismatique et fonctionnant sur un mode extrêmement personnalisé, reproduisant parfois la dérive présidentialiste du régime 4. L’une des raisons fréquemment avancées pour expliquer cette atrophie politique et partisane en Tunisie, était le verrouillage sécuritaire de l’espace public. En somme, ces organisations ne pouvaient aspirer légitimement à devenir des « vrais » partis politiques, en raison de la répression systématique conduite par le régime benaliste. Or, cette explication néglige le contexte social tunisien (les clivages socio-territoriaux) et aussi l’idéologie des élites tunisiennes (réformisme « par le haut »), qu’elles se situent dans la sphère du pouvoir ou les milieux oppositionnels. À certains égards, l’on peut dire que le contexte actuel a donné du crédit à cette hypothèse : les proto-partis, pourtant auréolés par leur rôle dans la résistance et dynamisés par le processus de libéralisation – ils ont désormais un statut légal – éprouvent des difficultés à se constituer une base militante. Ils n’arrivent pas à s’implanter dans les régions de « l’intérieur » qui ont fourni le gros des contingents des protestataires comme lors des révoltes du bassin minier de Gafsa en 2008 5ou pendant les mobilisations de l’hiver 2010-2011 à Kasserine, Sidi Bouzid et Thala. D’ailleurs, à titre d’illustration de ce décalage entre les partis politiques et les populations, on peut noter le faible taux d’inscription sur les listes électorales (moins de 25 % d’inscriptions au 1er août 2011). Une telle situation d’isolement politique conduit certains partis démocratiques à opérer des transactions collusives avec les réseaux de l’ancien parti quasi unique (RCD) et les milieux islamistes, pour espérer toucher les populations de l’intérieur indifférentes aux « partis d’élites », en dépit d’un discours rassembleur, aux accents parfois populistes. Leur présence massive dans les nouvelles institutions de la « transition démocratique 6» n’a pas davantage renforcé leur proximité avec les citoyens ordinaires. Au contraire, elle les a enfermés dans leur « bulle élitiste » qui prouve encore que la question de l’autoritarisme ne se réduit pas au registre de la coercition mais intègre aussi des variables liées aux formations sociales et aux modes de pensée des groupes dominants, continuant à véhiculer une conception tutélaire de la démocratie 7.

De l’islamisme imaginaire à l’islamisme réel : le retour en force des militants de l’islam politique

  • 8  Camau M. et Geisser V., « L’islamisme imaginaire : identité obsédante et structurante des scènes p (...)
5Bien que totalement laminé par vingt années de répression du régime Ben Ali (des milliers d’arrestations, torture systématique des prévenus, disparitions, viols pratiqués sur les épouses des militants, etc.), le parti islamiste Ennahdha, légalisé – pour la première fois – le 1er mars 2011 n’a jamais vraiment été absent des scènes politiques tunisiennes. Malgré l’exil de la plupart de ses cadres et militants, l’islamisme tunisien faisait figure de variable imaginaire, agissant comme une identité obsédante. Il structurait les débats et les enjeux politiques internes, porteur d’ambivalence dans les positionnements individuels et collectifs. De manière assez surprenante, et en dépit des changements substantiels intervenus ces derniers mois dans le champ politique tunisien (interdiction de l’ancien parti quasi unique et légalisation de plus de cent partis politiques nouveaux), les hypothèses que nous développions sous l’ère Ben Ali restent, en grande partie, valables aujourd’hui : la « persistance de l’islamisme comme facteur imaginaire, agissant au sein des espaces politiques tunisiens, à l’intérieur comme à l’étranger, nous paraît constituer la marque de la difficulté des élites oppositionnelles, comme des soutiens du régime d’ailleurs, à envisager la rupture avec le stigmate mono-partisan et à se défaire définitivement du syndrome autoritaire. L’invocation rituelle de l’islamisme est aussi une manière pour les acteurs politiques tunisiens de renforcer leur “collusion élitaire” et d’occulter leur déficit de légitimité populaire » 8. Il est vrai, toutefois, que le parti islamiste de Rached Ghannouchi contribue lui-même à la perpétuation de ce « stigmate », en se positionnant comme force hégémonique et en usant volontiers de thématiques populistes, jouant sur le thème du retour à l’ordre moral. Bien qu’ils cherchent à normaliser leur image en se présentant comme l’incarnation de « l’AKP tunisien » (en référence au Parti de la justice et du développement actuellement au pouvoir à Ankara), les islamistes nahdhaouis ne semblent pas avoir renoncé à véhiculer un discours de réforme globale de la société, oscillant en permanence entre une logique partisane classique (être un parti comme les autres) et une logique de mouvement social (agir au cœur de la société), visant à promouvoir un redressement moral de la société tunisienne. Cette ambivalence participe à entretenir un retour en force du vieux clivage islamistes/laïques qui est pourtant largement artificiel au sein de la société tunisienne actuelle.
  • 9  L’univers de l’islam politique tunisien n’est pas monolithique, des groupuscules existent, notamme (...)
6Mais le plus surprenant est la montée en puissance des islamistes comme force politique visible et active sur « le terrain » 9. Comment, en effet, un parti déstructuré par la répression, dont la très grande majorité des cadres étaient en prison, en exil ou en résidence surveillée, a-t-il pu se reconstituer en si peu de temps (moins de six mois après la chute de Ben Ali) ? Au-delà des explications fantasmatiques sur la prétendue survie de réseaux islamistes dormants (abeyance structures), agissant dans l’ombre, il semble que ce soit surtout les solidarités familiales, les réseaux de voisinage, les sociabilités de proximité et les groupes informels de soutien aux prisonniers politiques (plusieurs milliers incarcérés entre 1991 et 2009) qui expliquent la reconstitution aussi rapide de la « clientèle islamiste », à laquelle il faut ajouter l’attrait exercé par le leader Rached Ghannouchi sur les nouvelles générations tunisiennes socialisées par l’islam satellitaire. En effet, nombre de jeunes Tunisiens qui n’ont connu que le régime de Ben Ali, ne sont pas insensibles au discours « rassurant » des cadres du parti Ennahdha qui proclament à la fois leur attachement à la démocratie libérale et leur volonté de moraliser la société tunisienne traumatisée par plus de cinquante années de dictature. Pour autant le consensus au sein d’Ennahdha n’est pas total et les contradictions internes du parti islamiste éclatent au grand jour.

Quid du « parti unique » ?

  • 10  Hermet G., « Les démocratisations au vingtième siècle : une comparaison Amérique latine / Europe d (...)
7Officiellement, le 6 février 2011, toutes les activités de l’ancien parti quasi unique, le Rassemblement constitutionnel démocratique (le RCD), ont été suspendues. Dans la foulée, ses biens mobiliers et immobiliers ont été saisis. Par décision judiciaire du 9 mars, confirmée en appel le 28 mars, le RCD a même été dissous, interdit de toute activité politique et sociale sur le territoire tunisien. Sans verser nécessairement dans la thèse de la « contre-révolution » et de la manipulation des instances de la transition par les anciens réseaux du parti de Ben Ali, il est probable que les sociabilités du RCD continuent à agir sur les scènes politiques tunisiennes, se convertissant bon gré mal gré à la nouvelle donne pluraliste. Si plus d’une vingtaine des partis légalisés depuis mars 2011 sont en partie constitués de cadres ou membres actifs du RCD, cette action ne répond pas à un plan unique concerté de cadres et de militants nostalgiques du benalisme qui chercheraient à restaurer les bases de l’ancien régime mais davantage à des initiatives dispersées, comparables aux phénomènes de « reconversion partisane » que l’on a pu observer dans les pays est-européens et latino-américains 10. En ce sens, il convient de sortir des théories du complot, actuellement en vogue dans le débat public tunisien pour comprendre la recomposition des réseaux de l’ancien parti hégémonique. À l’heure actuelle, dans la Tunisie post-Ben Ali, cette recomposition emprunte trois trajectoires bien différenciées qui ne se recoupent que partiellement.
8En premier lieu, on peut identifier le transfuge de nombreuses élites locales du RCD vers les nouveaux partis démocratiques. Il est trop tôt pour évaluer l’ampleur du phénomène. Mais certaines organisations partisanes, en raison de leur discours consensuel et « ouvert », comme le PDP de Néjib Chebbi (centre libéral) ou le FDTL de Mustapha Ben Jaafar (social-démocrate) ou encore l’ancien Parti communiste tunisien (Ettajdid), semblent attirer les anciens militants du RCD désireux de se reconstruire une virginité politique. Il ne s’agit pas de stratégie d’entrisme mais davantage, et à des échelles différentes selon les partis, de reconversions individuelles, celles-ci pouvant toutefois être influencées par les partis démocratiques qui cherchent à récupérer les anciens réseaux clientélistes du parti quasi unique.
  • 11  Les rapports entre le milieu des affaires et les clans proches de Ben Ali étaient ambivalents et n (...)
9En second lieu, l’on assiste à des créations de partis attrape tout, qui sont le fait d’anciens caciques du régime. Ces derniers appartenaient généralement à l’aile libérale du RCD, perçus comme relativement éloignés des dérives affairistes et mafieuses des familles du Palais (Trabelsi, Chiboub, Mabrouk, etc.). Leurs créateurs s’appuient principalement sur les réseaux d’entrepreneurs et les milieux d’affaires 11, particulièrement inquiets par la dégradation de la situation économique et soucieux d’un retour rapide à « l’ordre ». Deux partis illustrent bien ce type de trajectoire : le parti « Al Watan » (La Patrie) créé par un ancien ministre et maire de la ville natale de Ben Ali (Hammam Sousse), Mohamed Jegham, qui jouit d’une bonne réputation dans les milieux d’affaires et la bourgeoise libérale du Sahel. L’autre parti « L’Initiative », jumeau politique du précédent, a été fondé par Kamel Morjane, époux de la nièce de l’ex-président, dernier ministre des Affaires étrangères de Ben Ali et présenté longtemps comme « l’homme des Américains » (le Département d’État US le percevait comme un successeur potentiel) ; il dispose également de relais chez les chefs d’entreprises et les professions libérales, paniqués par la montée de l’islamisme et les mouvements de jeunes manifestants de l’intérieur du pays (centre-ouest et sud).
  • 12  Camau M., Geisser V., « La sectorisation sociale du parti présidentiel », dans Le syndrome autorit (...)
  • 13  Entretiens Amin Allal, juin 2011.
10Mais l’essentiel de ce processus de reconversion partisane nous semble se situer ailleurs, notamment dans ce que nous appellerons les anciens réseaux de bienfaisance du RCD. En effet, loin d’être un parti politique au sens classique du terme, le RCD faisait figure d’acteur central de la politique clientéliste et redistributrice du régime autoritaire : la démarche était non seulement d’occuper le terrain de manière efficace mais aussi de relayer l’administration dans la mise en œuvre des politiques publiques. Dans cet esprit, l’accent était mis sur les associations de développement appelées à compenser les effets de la libéralisation économique et du redéploiement des interventions étatiques 12. Ainsi, le RCD, par sa pratique systématique du clientélisme à l’échelon local, a donné naissance à un groupe d’entremetteurs sociaux et de bienfaiteurs, susceptibles d’exploiter le contexte d’incertitude politique et économique pour vendre au meilleur prix leur pouvoir d’intermédiation auprès des nouvelles organisations partisanes post-Ben Ali qui cherchent à attirer électoralement les populations désœuvrées des régions sinistrées. C’est dans ce contexte de nouvelle concurrence pour la médiation politique au local que des conflits, trop hâtivement qualifiés de « tribaux » par la presse, éclatent dans des zones paupérisées du pays (Métlaoui dans le sud-ouest du pays) 13.

Survivance d’enclaves autoritaires et défis économiques

11En guise de conclusion de ce panorama des recompositions du champ partisan à l’œuvre en Tunisie depuis la fuite de Ben Ali et avant l’élection de l’assemblée constituante prévue le 23 octobre 2011, il nous faut évoquer trois dimensions importantes : les changements à l’œuvre au sein du syndicalisme tunisien, la permanence du dispositif sécuritaire d’ancien régime et les difficultés économiques que connaît le pays.
12Tout d’abord, l’ancienne centrale syndicale unique, l’Union générale tunisienne du travail (UGTT), est en effet un acteur important pour comprendre l’évolution du champ partisan. Cette organisation de masse, qui compte près de 500 000 adhérents, a contribué de façon décisive à la fin du régime de Ben Ali en promulguant la grève générale le 14 janvier 2011. L’UGTT semble désormais courir derrière les multiples manifestations et les grèves sur les lieux de travail qui se sont déroulées de façon intensive lors des derniers mois. L’encadrement, plus ou moins réussi, de ces actions protestataires par des représentants syndicaux locaux contraste néanmoins avec le décalage avéré de la plupart des partis politiques avec le Mouvement social en cours. La création du Parti du travail tunisien (vieille utopie d’un grand parti travailliste datant des années 1950), par des leaders du syndicat, est une tentative d’incarner les problématiques économiques et les multiples luttes engagées en lien avec les conditions de travail. Cela dit, il est trop tôt pour analyser le rôle que pourra jouer ce parti.
  • 14  Sur la notion d’enclaves autoritaires, cf. Garreton M. A., La posibilidad democrática en Chile, Sa (...)
  • 15  De nombreuses populations du Sud Tunisien dépendent de la contrebande avec la Libye. Cf. Meddeb H. (...)
13Ensuite, véritable enclave autoritaire 14, la permanence de l’appareil policier pléthorique issu de l’ancien régime, menace la capacité du gouvernement d’amorcer un changement politique. Malgré quelques rares mises à la retraite de cadres du ministère de l’intérieur, les réseaux de pouvoir de l’appareil de sureté résistent et sont encore en place. Enfin, les difficultés économiques (notamment dans le secteur du tourisme et dans l’industrie du phosphate) et, surtout, les aléas économiques liés à la guerre en Libye 15 restreignent la capacité d’un futur gouvernement d’amorcer des choix de politiques économiques d’importance.
14Le 6 octobre 2011.
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Notes

1  Hermet G., Sociologie de la construction démocratique, Paris, Economica, 1986 ; Banegas R., « Les transitions démocratiques : mobilisations collectives et fluidité politique », Cultures & Conflits, 12, hiver 1993, [En ligne], mis en ligne le 14 mars 2006. URL : http://conflits.revues.org/index443.html. Page consultée le 1erseptembre 2011.
2  International Crisis Group (ICG), Tunisie. Périls économiques et sociaux de la transition, Rapport Moyen-Orient/Afrique du Nord, août 2011. Le rapport définitif n’est pas encore sorti, la pagination ne peut pas être précisée.
3  Burgat F., L’islamisme au Maghreb. La voix du Sud, Paris, Petite bibliothèque Payot, 2008.
4  Sur les partis politiques tunisiens sous le régime de Ben Ali, cf. Camau M., Geisser V., « À la recherche des oppositions tunisiennes », chapitre 6, Le syndrome autoritaire. Politique en Tunisie de Bourguiba à Ben Ali, Paris, Presses de Sciences Po, 2003, pp. 227-265.
5  Allal A., « Réformes néo-libérales, clientélismes et protestations en situation autoritaire. Les mouvements contestataires dans le bassin minier de Gafsa en Tunisie (2008) », Politique africaine, n°117, mars 2010, pp. 107-125.
6  La plus importante d’entre elles est l’Instance supérieure pour la réalisation des objectifs de la révolution, de la réforme politique et de la transition démocratique, présidée par le professeur de droit et ancien membre du Conseil constitutionnel, Yadh Ben Achour.
7  Camau M., « Le discours politique de légitimité des élites tunisiennes », in Santucci J.-C., Flory M. (eds), Annuaire de l’Afrique du Nord, Centre national de la recherche scientifique, Centre de recherches et d’études sur les sociétés méditerranéennes (CRESM) - Paris , Éditions du CNRS , 1972 , pp. 25-68.
8  Camau M. et Geisser V., « L’islamisme imaginaire : identité obsédante et structurante des scènes politiques tunisiennes ? », Maghreb Machrek, n°175, 2003, p. 52.
9  L’univers de l’islam politique tunisien n’est pas monolithique, des groupuscules existent, notamment des salafistes et les activistes très visibles dans l’espace public du Hezb ut Tahrir (Parti de la Libération) qui n’ont pas été légalisés. Par ailleurs, le discours d’Ennahdha est de plus en plus concurrencé par l’un de ses anciens fondateurs, Cheikh Abdelfettah Mourou qui, lui aussi, aspire jouer un rôle politique. Source : enquête en Tunisie, Amin Allal et Vincent Geisser, février 2011
10  Hermet G., « Les démocratisations au vingtième siècle : une comparaison Amérique latine / Europe de l’Est », Revue internationale de politique comparée, vol. 8, n°2, 2001, pp. 285-304.
11  Les rapports entre le milieu des affaires et les clans proches de Ben Ali étaient ambivalents et ne se réduisaient certainement pas à une opposition entre « prédateurs » et « colombes », cf. Hibou B., « “Nous ne prendrons jamais le maquis” Entrepreneurs et politique en Tunisie », Politix, n° 84, 2008/4, pp. 115- 141.
12  Camau M., Geisser V., « La sectorisation sociale du parti présidentiel », dans Le syndrome autoritaireop. cit., pp. 214-220.
13  Entretiens Amin Allal, juin 2011.
14  Sur la notion d’enclaves autoritaires, cf. Garreton M. A., La posibilidad democrática en Chile, Santiago, FLACSO, 1989 ; Dabène O., « Enclaves autoritaires en démocratie : perspectives latino-américaines », in Dabène O., Geisser V., Massardier G. (eds.), Autoritarismes démocratiques et démocraties autoritaires au xxie siècle, Convergences Nord/Sud, Paris, La Découverte, coll. « Recherches », 2008, pp. 89-112.
15  De nombreuses populations du Sud Tunisien dépendent de la contrebande avec la Libye. Cf. Meddeb H., « L’ambivalence de la “course à ‘el khobza’”. Obéir et se révolter en Tunisie », Politique Africaine, n° 121, mars 2011, pp. 35-52.
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Pour citer cet article

Référence papier

Cultures & Conflits, n° 83, automne 2011, p. 118-125

Référence électronique

Amin Allal et Vincent Geisser, « La Tunisie de l’après-Ben Ali », Cultures & Conflits [En ligne], 83 | Automne 2011, mis en ligne le 04 janvier 2013, consulté le 27 juin 2017. URL : http://conflits.revues.org/18216 ; DOI : 10.4000/conflits.18216
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Cet article est cité par

  • Koehler, Kevin. Warkotsch, Jana. (2014) Elections and Democratization in the Middle East. DOI: 10.1057/9781137299253_2
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Auteurs

Amin Allal

Amin ALLAL est doctorant en science politique à l’Institut d’études politiques (IEP) d’Aix-en-Provence (IREMAM/CHERPA) et ATER à l’université de Nice - Sophia Antipolis. Il prépare une thèse qui analyse l’économie du consentement et la discipline telle qu’elle peut être mise en œuvre dans un régime autoritaire comme la Tunisie de Ben Ali. Publication récente: «“Avant on tenait le mur, maintenant on tient le quartier!” Germes d’un passage au politique de jeunes hommes de quartiers populaires lors du moment révolutionnaire à Tunis», Politique Africaine, n°121, mars 2011, pp. 53-68.

Vincent Geisser

Vincent GEISSER est chercheur au CNRS, à l’Institut français du Proche-Orient (Ifpo) de Beyrouth. Il est président du Centre d’information et d’étude sur les migrations internationales (CIEMI) de Paris.
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