lunedì 29 luglio 2013

Editoriaraba - Come l'Occidente (non) legge la letteratura araba


La settimana scorsa il quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat ha pubblicato una serie di interessanti interviste con scrittori, critici, traduttori sul rapporto tra letteratura araba e mondo occidentale, ovvero: quanto, come e perché si legge la letteratura araba in Europa e negli Stati Uniti. O meglio, non si legge.

Nella prima intervista, la scrittrice libanese Hanan al-Shaykh (il suo ultimo libro tradotto in italiano è uscito per Piemme con il titolo Fresco sulle labbra, fuoco nel cuore, di cui si è parlato su Editoriaraba) sostiene che l’Occidente, e il mondo anglofono nello specifico, predilige la lettura di romanzi egiziani o palestinesi. L’Egitto perché considerato il più importante paese del mondo arabo, la Palestina per via del conflitto israelo-palestinese. Secondo l’autrice tuttavia, la letteratura araba nel Regno Unito non sarebbe poi così tanto popolare come la letteratura ad esempio che viene dall’India. Ed inoltre, le case editrici britanniche preferirebbero puntare su nomi che tirano, piuttosto che scommettere su autori poco sconosciuti, per evitare perdite economiche. Una storia che conosciamo bene anche in Italia.

Asharq al-Awsat ha poi intervistato lo sceneggiatore e critico marocchino (che vive in Francia) Mohammad El-Medzioui, il quale fa una distinzione per quanto riguarda la letteratura araba che si trova in Francia. I libri scritti in francese da autori di origini arabe, ma di seconda o terza generazione, vengono secondo lui percepiti dai lettori come scrittori nativi francesi; gli autori che invece provengono da Marocco, Libano o Egitto e che scrivono in francese, appartengono invece al mondo della francofonia. E la letteratura francofona NON è letteratura francese e questa etichetta secondo il critico marocchino ha un’accezione dispregiativa. I romanzi tradotti dall’arabo invece vengono classificati come “letteratura mondiale tradotta”. Secondo El-Medzioui inoltre, gli autori arabi più letti in Francia sarebbero: Ben Jelloun, Maalouf (entrambi premi Goncourt, che li ha aiutati a vendere di più), Mahfouz (grazie al Premio Nobel), Al-Aswani (grazie al fatto che Palazzo Yakoubian è diventato un film); e poi gli algerini Khadra e Sansal, e il marocchino Taia.

Elliott Colla, docente di studi arabo-islamici alla Georgetown University, nonché traduttore, ha esplorato invece il rapporto tra letteratura araba e lettori statunitensi. E la situazione, dalle sue parole, appare piuttosto drammatica. Il pubblico USA infatti non sarebbe quasi per nulla interessato alla letteratura non scritta originariamente in inglese. E d’altronde negli Stati Uniti si traduce pochissimo. Nell’avvicinarsi alla letteratura araba, il lettore medio US sarebbe mosso dalla speranza di: trovare se stesso; trovare il suo “Altro”. In entrambi i casi comunque, le sue aspettative sarebbero puntualmente disattese. La conclusione di Colla è a dir poco pessimista: lo studioso non crede infatti che il lettore nordamericano medio sia in grado (o abbia voglia) di stabilire una connessione emotiva più profonda con un romanzo arabo. In finale di intervista, Colla non risparmia neanche il mondo editoriale arabo, “reo” di fare poca o scarsa attenzione all’editing: sia chi scrive il libro, sia l’editore che lo pubblica. Ma lo studioso ha aggiunto anche: “sospetto che se ci fossero più editor letterari nel mondo arabo, assisteremmo ad una rinascita del romanzo arabo”.

Per la scrittrice anglo-palestinese Selma Dabbagh invece, uno dei “problemi” del romanzo arabo risiederebbe nel fatto che gli stessi autori arabi non riescono ad uscire dai temi che riguardano il mondo arabo. Questa difficoltà di uscire dai proprio confini, non permetterebbe loro di acquisire nuovi lettori, a differenza di quanto invece avrebbero fatto gli scrittori di altre “minoranza etniche”. L’autrice di Out of it, che scrive in inglese e confessa di avere poca padronanza dell’arabo, ritiene anche che chi legge la letteratura araba appartenga ancora ad un gruppo ristretto di lettori interessati a tutto ciò che è “straniero, estero”.

Tirando le somme dalle quattro interviste, sembra che la letteratura araba ne esca piuttosto malconcia, almeno per quanto riguarda Inghilterra, Francia e Stati Uniti, che invece ad una prima impressione appaiono come dei mercati..vivaci, interessati, aperti?

E in Italia, chi legge la letteratura araba? E perché, come, quando? Pensateci bene lettori perché Editoriaraba ha un piccolo sondaggio in preparazione nei prossimi giorni.

giovedì 25 luglio 2013

Editoriaraba - Letteratura araba e biblioteche italiane: istruzioni per l’uso


Spesso la letteratura araba può spaventare chi non la conosce. Nomi difficili da pronunciare, titoli mal tradotti che volentieri (purtroppo) rimandano all’esotico, temi controversi e sensibili.
Se questi libri però li trovassimo in biblioteca, ci sembrerebbero più familiari. Il nostro occhio di lettori si abituerebbe a leggere nomi arabi e comincerebbe a considerare questi libri come familiari.

La riflessione nasce dalla lettura dell’ intervento “Biblioteche pubbliche: la sfida multiculturale”, scritto dall’arabista e traduttrice Elisabetta Bartuli in occasione del 49° Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Biblioteche. Bartuli, ben 10 anni fa, sottolineava la necessità, per le biblioteche italiane, di fornirsi di testi di letteratura araba accanto ai testi in lingua originale rivolti alle comunità migranti.
Dieci anni dopo cosa è cambiato? In che stato versa la letteratura araba nelle biblioteche italiane ?

Qualche tempo fa, per un anno intero, con l’Associazione Arabismo abbiamo organizzato le presentazioni di libri all’interno del BiblioCaffè Letterario di via Ostiense a Roma. Il BiblioCaffè è in sostanza una delle biblioteche del circuito delle biblioteche pubbliche romane che si trova all’interno del più famoso Caffè Letterario. Alla fine di ogni presentazione eravamo soliti donare il libro presentato (e firmato dall’autore) alle responsabili della biblioteca, che erano sempre non sono molto disponibili, ma anche curiose e attente verso questo mondo e verso la sua letteratura. Quella di “Arabismo al Caffè” è stata un’esperienza molto interessante e mi piace pensare che i libri donati siano, da allora, passati tra le mani dei frequentatori del BiblioCaffè.

Meno positiva è stata l’esperienza di una lettrice di Bari, che mi ha detto quanto funzioni male il sistema bibliotecario della sua città, al punto da preferire di acquistare i libri online piuttosto che ordinarli in una delle biblioteche cittadine. Coraggioso è stato invece un lettore della provincia di Varese che ha chiesto al bibliotecario comunale di acquistare una serie di libri di letteratura araba e saggistica sull’argomento mondo arabo. L’esperimento ha funzionato e pare che  abbia ottenuto un certo successo tra gli avventori della biblioteca.
Sono sicura che chiunque frequenti più o meno assiduamente le biblioteche italiane abbia una storia da raccontare. Quello che mi preme capire però è quanta letteratura araba c’è nelle biblioteche italiane?

E qui mi rivolgo non solo agli “esperti” arabisti di cui parla Bartuli nel suo intervento, ma anche ai tanti lettori del blog che non sono specialisti del settore.

C’è la letteratura araba?
Da quali autori è rappresentata?
A che data risalgono i libri (ovvero: c’è solo Nagib Mahfouz o anche qualcosa di più recente)?
Se i libri ci sono, sono ben visibili?
Sotto quale etichetta sono stati catalogati?
In quale settore si trovano?
La biblioteca organizza eventi culturali per promuovere la lettura di questi testi?

Chiara Comito

martedì 23 luglio 2013

Editoriaraba - Femminismi nel Mediterraneo: una rivista per capirne di più


Questione femminile e mondo arabo. Un tema tanto vasto quanto complesso di cui si occupa il nuovo numero della rivista “GENESIS” della Società italiana delle storiche, dal titolo “Femminismi nel Mediterraneo”.
Il numero è curato dalle studiose Lucia Sorbera e Leila El Houssi, quest’ultima già autrice di Costruire la libertà. Tunisia: dalla modernità alla tradizione? (Imprimitur editrice, 2012, ma di prossima pubblicazione per Carocci) e include contributi di Renata Pepicelli (Femminismo islamico, Carocci, 2010; Il velo nell’Islam, Carocci, 2012) e di altre ricercatrici italiane e straniere.
Femminismi nel Mediterraneo comprende studi su Marocco, Egitto, Turchia, Tunisia e Iraq.
Il primo capitolo,“Early Reflections of an Historian on Feminism in Egypt in Time of Revolution” (a cura di Lucia Sorbera) è dedicato al femminismo egiziano ed è in lettura gratuita in pdf (quindi approfittatene). Per saperne di più (costi, casa editrice, dove trovarla, formato cartaceo/ebook) potete leggere le informazioni contenute nell’indice, che è ugualmente scaricabile direttamente sul blog Editoriaraba.

venerdì 19 luglio 2013

Editoriaraba - Online il quinto numero della Rivista di Arablit


È uscito il numero 5 della Rivista di Arablit, la rivista italiana dedicata alla letteratura e cultura araba moderna e contemporanea.
Come per i precedenti numeri, anche questo è in lettura gratuita in pdf. I vari articoli sono scaricabili a questo link. Tra le recensioni Editoriaraba segnala quella di Caterina Pinto che ha letto e recensito Gambo di bambù, romanzo vincitore del premio per la narrativa araba di quest’anno.

I contenuti di questo numero sono molto vari e spaziono dal teatro alla letteratura, dalla letteratura di viaggio alla saggistica, come potete leggere dall’indice:

- Katherine Hennessey – Shylock in the Ḥaḍramawt?: Adaptations of Shakespeare on the Yemeni Stage

- Elvira Diana – Libyan Narrative in the New Millennium: Features of Literature on Change

- Valeria Meneghelli – Un’opera per leggere la Tunisia di oggi: Ḫamsūn di Ǧalīlah Bakkār

- Marianna Salvioli – La représentation de l’Occident dans la littérature marocaine de voyage. De Fī ’l-ṭufūlah aux migrations contemporaines

Non solo letteratura

- Erminia Chiara Calabrese – Ḥizb Allāh: muqāwamah or le tournant culturel

Recensioni

- Eyad Houssami (ed.), Doomed by Hope. Essays on Arab Theatre – Monica Ruocco

- Khalid Amine and Marvin Carlson, The Theatres of Morocco, Algeria and Tunisia. Performance Traditions of the Maghreb – Monica Ruocco

- Yusrī ‘Abdallāh, al-Riwāyah al-miṣriyyah: su’āl al-ḥurriyyah wa mas’alat al-istibdād – Wafaa El Beih

- Tarek El-Ariss, Trials of Arab Modernity: Literary Affects and the New Political – Alessandro Buontempo

- Bahā’ Ṭāhir, Wāḥat al-ġurūb (L’oasi del tramonto) – Patrizia Zanelli

- Sa‘ūd al-San‘ūsī, Sāq al-bāmbū (Gambo di bambù) – Caterina Pinto

- Yūsuf al-Muḥaymmīd, Luġṭ mawtà (Il cicaleccio dei morti) – Arturo Monaco

giovedì 18 luglio 2013

Da Abatonmagazine "Costituzione tunisina verso il traguardo"


17 luglio 2013

di Ilaria Guidantoni

E’ arrivata alla firma la quarta bozza della Costituzione tunisina, firmata il primo giugno scorso dal presidente dell’Assemblea Mustafa Ben Jafar. Ho avuto modo di leggere il prezioso lavoro di esegesi di Pietro Longo, ricercatore in Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici all’Università di Napoli l’Orientale e Vice Presidente del Centro Italiano di Studi sull’Islam Politico pubblicato sul “Corriere di Tunisi”, unica testata in italiano di tutto il Maghreb. Conoscendo il rigore e la visione laicista del suo direttore, Silvia Finzi, intellettuale e docente, mi sento di utilizzarlo come fonte almeno per supposta onestà intellettuale. Le questioni critiche non sono ancora risolte e potrebbe confermarsi l’ipotesi di un referendum popolare. In ogni caso l’attenzione si concentra sui seguenti nodi, rispettivamente la natura dello Stato, il ruolo della religione, alcuni diritti legati alla libertà, cruciale in un paese che esce dalla dittatura e al dilemma istituzionale del presidenzialismo o parlamentarismo.
La via sembra quella di un semi-presidenzialismo sbilanciato a favore del Primo Ministro per temperare i rischi di qualsiasi personalismo, con decentramento amministrativo (comunità locale e regioni). Se l’opinione pubblica, soprattutto internazionale, punta il dito sul partito di maggioranza, EnnahDa, forte del 41% dei voti, vero è che il suo peso non è stato esclusivo.

L'articolo integrale su Abaton

mercoledì 17 luglio 2013

Editoriaraba - Un giorno senza libri per Chiara Comito ma di riflessione sulla mentalità italiana


In questo nostro Paese italiota, la cultura se la ricorda ancora qualcuno?

Mi trovo a Tangeri, una delle città marocchine più visitate dai turisti europei e americani (non solo per il suo passato internazionale, ma anche perché si trova dirimpetto alla Spagna e presso il suo porto attraccano ogni settimana le enormi crociere che portano in giro per il Mediterraneo turisti occidentali affamati di esotismo).
E succede che in città, come in ogni altra città importante del mondo, si trovano gli istituti culturali di quei paesi occidentali, magari un tempo ex colonie, che oggi sono senza dubbio rilevanti dal punto di vista culturale e politico.
E quindi un turista qualsiasi che si trovi nel centro di Tangeri potrà ammirare su rue de la Liberté, accanto al consolato francese, la Galerie Delacroix, uno degli “uffici” culturali afferenti all’Institut Français. Sulla stessa piazza, ma da un altro angolo, si affaccia invece imponente l’istituto spagnolo Cervantes, con le sue vetrine  su cui sono affissi i volantini che pubblicizzano corsi di spagnolo per tutti, iniziative culturali e così via. L’American Legation Museum (aperto al pubblico e gratuito, vale davvero una visita) che si trova nella Kasbah, custodisce invece la “Monna Lisa” del Marocco, mentre l’ex consolato britannico è sede di una galleria d’arte contemporanea.

E l’Istituto di cultura italiano?

C’è, ed è anche sontuoso ed elegante. Di proprietà dello Stato italiano dal 1927, è “una costruzione in splendido stile moresco dei primi anni del 1900, considerato uno dei gioielli architettonici della città di Tangeri”. Purtroppo recentemente avuto alterne fortune: negli anni ’80 fu chiuso ed è stato riaperto solo qualche anno fa, con l’intento di ospitare eventi e manifestazioni culturali tangerini, che dovrebbero servire anche per finanziare i lavori di manutenzione dell’intero immobile (che misura 40mila metri quadri). Secondo il sito della Fondazione Elisa Chimenti, la cui sede è ospitata nel Palazzo, all’interno delle mura si trovano l’Ospedale italiano, una Chiesa intitolata a San Francesco d’Assisi, gli edifici della ex scuola italiana e poi giardini, fontane e tante altre meraviglie.
Il Palazzo delle istituzioni italiane si trova in un quartiere popolare, poco fuori la porta d’ingresso della Kasbah e della Medina. Affacciato su un’anonima piazzetta, si presenta alla vista degli avventori con un bellissimo portale magnificamente decorato. Il complesso occupa un intero isolato ed è delimitato da spesse e alte mura bianche. Sulla sinistra del portale si apre un viottolo, che una volta era guardato a vista da un militare perché c’è ancora la guardiola con tanto di sbarra. L’ingresso del famoso palazzo è poco più avanti, ma chiuso come solo i palazzi sconsolatamente chiusi sanno esserlo (anche se su ogni sito web, istituzionale e no, si dice che sia aperto al pubblico).
Cosa dedurre? Che bisogna contattare qualcuno per chiedere informazioni in merito. Sulla porta del palazzo infatti, non compare alcun contatto ma solo l’orario di apertura al pubblico: generalmente aperto dalle 9 alle 12, in questo periodo di Ramadan è cambiato l’orario: si può chiamare/andare dalle 9 alle 10.30.
Al capo opposto rispetto all’entrata, il nostro oturista italiano potrà ammirare l’ingresso della chiesa che si trova all’interno delle mura, tenuta in codesto miserrimo stato.

Ps #1: se siete turisti che volete mangiare italiano anche quando vi trovate all’estero, il Palazzo delle istituzioni italiane non vi deluderà di certo! Una parte del complesso, corredata da un bel patio che dà su un giardinetto lasciato incolto, accoglie un ristorante italiano che si chiama CASA ITALIA, che non ha mai smesso di funzionare, come neanche l’Ospedale. Sembra un ristorante esclusivo, di certo non alla portata dei tangerini. Pare si mangi bene. D’altronde gli italiani cosa esportano se non la buona cucina?

Ps #2: qualcuno potrà ribattere che il Palazzo è aperto al pubblico su appuntamento. Questo per me non vuol dire essere aperto al pubblico. L’American Legation Museum è aperto al pubblico: tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Questo è il senso dell’apertura al pubblico.

Ps #3: Il 22 luglio il Palazzo ospiterà il concerto del famoso Trio Joubran.

*Noi siamo riusciti ad avere il numero del responsabile solo grazie all’aiuto di una giornalista italiana che vive a Tangeri da anni.

martedì 16 luglio 2013

La nuova bozza costituzionale tunisina: un’analisi critica (da Il Corriere di Tunisi)


a cura di Pietro Longo, ricercatore in Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici all’Università di Napoli l’Orientale e Vice Presidente del Centro Italiano di Studi sull’Islam Politico (CISIP).

Introduzione
Questa analisi è basata sull’ultima bozza costituzionale elaborata dall’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) tunisina in maggio e siglata dal Presidente dell’Assemblea, Mustafa ben Jafar, il primoo giugno scorso. La bozza è stata preceduta da ben tre progetti, presentati a partire dall’agosto del 2012. I principali nodi di disaccordo tra i deputati costituenti erano le-gati alla natura dello Stato, al ruolo che la religione avrebbe posseduto nel nuovo ordinamen-to, alla formulazione di alcuni diritti e libertà e, infine, all’aspetto istituzionale legato al di-lemma presidenzialismo/parlamentarismo.
Il partito islamico moderato al-Nahda, forte della maggioranza relativa di deputati di cui gode (89 su 217 seggi pari al 41% dei voti ottenuti alle elezioni dell’ANC) ha avuto un peso decisio-nale di certo preponderante ma non esclusivo. Il timore della società civile, più volte espresso sotto forma di manifestazioni e scioperi, riguardava la possibilità che proprio l’anima islamica del partito di maggioranza avrebbe attratto a sé le posizioni dei partiti secolari come Ettakatol e il Con-gresso per la Repubblica (CPR), in materie quali la natura confessionale dell’ordinamento o la mo-difica dello statuto personale. Al-Nahda ha dimostrato, tuttavia, una profonda coerenza e duttilità in molteplici occasioni: durante la campagna elettorale, uno dei fondatori e teorici del partito, lo Sha-ykh Rashid al-Ghannouchi, aveva affermato che non sarebbe stata apportata alcuna modifica allo statuto personale, adottato durante il governo di Habib Bourghiba e emendato nel 1993 da Ben ‘Ali. Allo stesso modo era stata scongiurata l’eventualità di inserire il richiamo alla shariʻa tra le fonti del diritto, sebbene alcune frange più radicali di al-Nahda avessero esercitato pressioni in senso contrario. In ultimo, dopo le dichiarazioni riguardanti la volontà di perseguire una politica di gender equality già nella composizione dell’ANC, al-Nahda è stato rappresentato da 48 uomini e 41 donne, mentre CPR e Ettakatol potevano vantare soltanto 5 e 3 deputati donna rispettivamente.
Iyadh ben Achour, uno dei massimi giuristi tunisini, ha recentemente espresso parole di apprezzamento in merito alla bozza di seguito analizzata, sottolineando come le specificità sociali della Tunisia, non solo sono state salvaguardate, ma vengono anche rispecchiate dal dettato costitu-zionale. Al-Nahda, secondo Achour, ha compreso i vantaggi derivanti dall’edificare il nuovo Stato su basi civili piuttosto che religiose in senso stretto, evitando quindi la possibilità di appro-dare a derive simili al modello statale iraniano o saudita. Ciò rispecchia, probabilmente, le posizioni teoriche di al-Ghannouchi relative allo “Stato islamico”, che lungi dall’essere un monolite precon-fezionato, è un’entità che accoglie a sé gli istituti della liberal-democrazia pur non rinunciando all’identità confessionale. Secondo lo stesso intellettuale, che ha avuto modo di conoscere la storia costituzionale europea durante il suo esilio londinese, in terra d’Islam non si tratta di dover libe-rare lo Stato dalla religione ma, al contrario, di liberare la religione dallo Stato, da quei legacci di un secolarismo forzoso che, estraneo alla cultura islamica, è un lascito dell’epoca coloniale. Lo Stato islamico è quello in cui la moschea è restituita alla comunità e diviene il luogo prediletto dell’interpretazione giuridica (ijtihad) delle fonti primarie del diritto islamico (Corano e sunna) in modo da rompere la fissità di quella che al-Ghannouchi stesso chiamava la “religiosità tunisina tra-dizionale”.
Certo, la bozza costituzionale innalza l’Islam a religione ufficiale e, in alcuni passaggi, sembra conferirgli posizione preminente con conseguenze che soltanto i tempi dell’interpretazione giuridica potranno chiarire. Come nella Costituzione del 1959, il Presi-dente della Repubblica deve essere un musulmano, fatto che lede la possibilità per i praticanti di altre fedi o per gli atei dichiarati di ascendere a uno dei massimi verticidell’esecutivo. Ma non è forse questa una situazione analoga a quella della Norvegia, la cui Costituzione stabilisce la religione evangelica luterana come religione ufficiale dello Stato (art. 2 Cost.), protetta dal Re (art. 4) e alla quale sono tenuti ad aderire almeno la metà dei membri del Parlamento (art. 12)? Il Re inoltre, previa consultazione con il Parlamento, nomina le cariche ecclesiastiche(art. 21). Nel Regno Unito la successione dinastica è regolata dall’Act of Settlement che, tra le altre cose, impedisce a una persona di fede cattolica romanadi ascendere al trono né il re può sposare una cattolica. Il re deve anche giurare di proteggere la chiesa inglese e quella scozzese.
Ciò che è certo è che le cosiddette “rivolte arabe” hanno aperto una nuova ondata di costituzio-nalismo islamicoche, sebbene sia imprevedibile nei risultati di lungo periodo, rappresenta, almeno sul piano giuspubblicistico, una brusca rottura con il passato e una grande opportunità per la transi-zione democratica di tutta l’area araba mediterranea.

Il Preambolo
La bozza costituzionale inizia con un breve preambolo che funge da manifesto programmati-co. Vi sono condensate, infatti, le molte spinte ideologiche presenti nell’Assemblea Nazionale Co-stituente. Dopo un breve riferimento alla rivoluzione e allo sforzo patriottico dei martiri che hanno sacrificato la propria vita per il benessere della nazione, il secondo paragrafo ha un carattere marca-tamente islamico: la carta si fonda sugli insegnamenti dell’Islam (taʻalimislamiyya) e su i suoi scopi (maqasid) come anche sui diritti e la dignità dell’uomo. A essere rivendicata è l’identità arabo isla-mica che si è estrinsecata anche nei movimenti di riforma religiosa e in quelli nazionalistici. Il terzo paragrafo richiama i principi basilari dell’ordinamento che è definito come repubblicano, democra-tico e condiviso. Inoltre lo Stato civile (dawlamadaniyya) è basato sullo Stato di diritto e il governo della legge, sull’alternanza ciclica che avviene con mezzi pacifici, il pluripartitismo, la divisione dei poteri, l’indipendenza della magistratura, la garanzia di diritti e libertà, l’uguaglianza tra i cittadini di entrambi i sessi e le prassi di buon governo.
Il paragrafo successivo introduce alcune tematiche internazionali: la Tunisia è integrata, attraver-so cerchi concentrici, nella storia dell’umanità e nello specifico nel contesto arabo e musulmano. Il paese auspica non soltanto l’unione del Maghreb quale prodromo per l’unione araba ma anche la concordia con tutte le genti musulmane e la solidarietà per i movimenti di liberazione e di autode-terminazione, quali il movimento di liberazione della Palestina. L’ultimo paragrafo ribadisce i prin-cipi già enucleati, come il rispetto della volontà popolare o la cooperazione di tutti gli esseri umani e specifica che la Costituzione è sancita nel nome del popolo e con la benedizione divina.

Principi generali
I primi 19 articoli della bozza costituzionale contengono i principi generali sui quali si basa la nuova repubblica tunisina. In particolare sono sanciti i principi relativi alla natura confessionale dello Stato, alla sorgente della sovranità e alla centralità della cittadinanza. Ai sensi dell’art. 1 la Tunisia è un paese libero, indipendente, sovrano, la cui religione è l’Islam, la lingua ufficiale l’arabo e la repubblica la forma di Stato.Questo articolo rimanda agli artt.2 e 3 che lo completano. L’art. 2, infatti, precisa che lo Stato ha natura civile (madaniyya) ed è fondato sulla cittadinanza, la volontà popolare e il governo della legge. La specifica della natura civile dello Stato si deve inten-dere come contrapposta a quella militare e a quella religiosa e teocratica. L’art. 3 ascrive al popolo la sovranità e la funzione di sorgente dei poteri, esercitata in modo indiretto attraverso rappresentan-ti eletti e, in modo diretto, tramite referendum.I tre articoli succitati racchiudono alcuni istituti cen-trali della moderna dottrina costituzionalista, come il principio di sovranità popolare, definito dai modi con cui essa si esercita e la cittadinanza che funge da dispositivo di garanzia perché conferisce i medesimi diritti e doveri a tutti i cittadini. L’art. 5 colloca geograficamente la Tunisia come parte del Maghreb e impegna lo Stato ad adottare le misure necessarie per favorirne l’unità.
L’articolo 6 inserisce in questo quadro alcuni elementi tipici del costituzionalismo islamico che servono a precisare il principio confessionale. Lo Stato, da un lato, è identificato come il protettore della religione (raʻiyya) ma, dall’altro, assicura la libertà religiosa e di pratica dei culti, proteggendo i valori sacri (muqaddasat). Si può notare come il termine din, che indica la religione, è declinato al singolare come nel primo articolo. Benché non sia detto esplicitamente, questi testi possono essere interpretati conferendo una preeminenza all’Islam rispetto alle altre religioni che restano co-munque tutelate e praticabili. Inoltre, se sono menzionate la libertà religiosa e di culto, non si fa allusione a quella di coscienza o di pensiero. A ciò si ricollegala protezione che lo Stato deve garan-tire alla famiglia la cui coesione deve essere mantenuta. Questo articolo si presta a molte interpreta-zioni e la formulazione del costituente lascia trapelare un riferimento ai valori islamici tradizionali che potrebbero essere rivendicati in sede giurisdizionale. L’art. 7, che non a caso è posto subito do-po l’art. che definisce il ruolo della religione nello Stato, sancisce l’obbligo per quest’ultimo di proteggere la famiglia, identificata come l’elemento basilare della società. L’articolo che nella formulazione precedente rendeva la donna complementare all’uomo è stato espunto a seguito delle critiche mosse dalla società civile. Emblematicamente i giovani, indicati all’art. 8 come una forza concreta, sono attori dell’edificio dello Stato che deve incoraggiare lo sviluppo umano con adeguati strumenti. L’art. 9 impone la difesa e il mantenimento dell’unità della patria a tutti i citta-dini, poiché si tratta di obblighi sacri. Il comma successivo impone la coscrizione e demanda alla legge ordinaria di definire le modalità della sua attuazione.L’imposizione fiscale è obbligatoria ma il sistema di tassazione deve essere ispirato a un modello giusto(art. 10). Inoltre lo Stato deve favo-rire l’esenzione fiscale, ove possibile. Questo articolo è completato dagli artt. 11 e 12: il primo im-pone a tutte le cariche più alte uno stipendio adeguato e conforme alla legge, mentre il successivo introduce la cosiddetta costituzione economica. Ai sensi di questo articolo lo Stato deve realizzare gli ideali di giustizia sociale e di sviluppo sostenibile e deve garantire l’equità. Inoltre deve impe-gnarsi a sfruttare con parsimonia le risorse nazionali.
Gli artt. 13-15 fissano le regole generali del governo regionale: il principio di governante è quel-lo del decentramento amministrativo nel quadro di uno Stato unitario (art. 13). La burocrazia, inve-ce, dev’essere condotta nell’interesse dei cittadini e in favore del benessere pubblico (art. 14).Infine l’art. 15 pone allo Stato l’onere di sovvenzionare gli istituti preposti all’educazione.
Gli artt. 16-18 sono deputati alle forze armate che sono sottomesse all’autorità statale e sono preposte a ricercare il benessere generale.Ai sensi dell’art. 18, l’esercito ha il compito di preservare l’incolumità di ogni cittadino.
L’articolo che chiude questa sezione, art. 19, colloca i trattati internazionali adottati con legge del parlamento nella gerarchia delle fonti: essi si trovano in via mediana tra la legge ordinaria, ri-spetto alla quale sono superiori, e la Costituzione rispetto alla quale sono inferiori.
Questo primo gruppo di articoli non presenta una forte impronta islamica e, nonostante sancisca l’Islam come religione di Stato, non richiama la shariʻa, o meglio le fonti del diritto islamico, tra le fonti generali della legislazione, al pari della Costituzione del 1959. Il costituzionalismo tunisino ha evidenziato, ancora una volta, le proprie differenze rispetto a quello degli altri paesi norda-fricani e, sebbene una parte del partito islamico dominante, al-Nahda, abbia supportato la possibilità di inserire il richiamo alla shariʻa, il forte pragmatismo che lo contraddistingue ha consentito il rispetto di quanto promesso in campagna elettorale.

Diritti e libertà
Il capitolo sui diritti e le libertà si apre all’art. 20 sancendo l’uguaglianza di tutti i cittadini e le cittadine nel godimento dei diritti e delle libertà. Inoltre essi sono uguali dinanzi alla legge senza alcuna distinzione. Questo articolo completa l’art. 3 che, qualificando il popolo come la sor-gente dei poteri, gli ascrive alcune prerogative. Il secondo comma impegna lo Stato ad assicurare ai medesimi soggetti diritti e libertà individuali e collettivi e rimuove le cause che proibiscono il rag-giungimento di una vita dignitosa. Tuttavia, in questo articolo, l’uso del termine “cittadini e cittadi-ne” potrebbe porre problemi interpretativi perché esclude gli immigrati clandestini o gli stranieri. L’art. 21 sancisce la sacralità del diritto alla vita. Tale diritto, però, non è dichiarato in maniera as-soluta ma può essere circoscritto nei casi indicati dalla legge. L’articolo seguente sancisce l’habeas corpus cioè l’inviolabilità della persona umana e l’integrità fisica del corpo. Ai sensi del secondo comma sono proibite le punizioni psicologiche e fisiche.Il gruppo dei diritti fondamentali è comple-tato dall’art. 23 che obbliga lo Stato a difenderel’inviolabilità del domicilio e della vita privata, del-la corrispondenza, delle comunicazioni e della privacy. Tali diritti non sono qualificati come inalie-nabili, al pari di quanto avviene in molti altri ordinamenti, e soltanto all’art. 23.2 è previsto un du-plice dispositivo di garanzia che consta della riserva di legge e di quella di giurisdizione. I diritti e le libertà enucleati in precedenza non possono essere ristretti se non nei casi indicati dalla legge ein presenza dell’ordinanza di un giudice precostituito.
Gli artt. 26-29importando alcuni principi rilevanti sotto il profilo penale: il primo (art. 26) ri-guarda il diritto dell’individuo incriminato di costituire una difesa dinanzi a un tribunale legale mentre il secondo (art. 27) formula i principi per cui la responsabilità dei reati è personale e quello di irretroattività della legge penale. Ai sensi dell’art. 28, nessuno può essere fermato o posto in cu-stodia cautelare tranne in caso di flagranza di reato o in presenza di una decisione di un giudice. In entrami i casi, colui che è posto in stato di fermo ha il diritto ad essere rappresentato da un avvoca-to. Inoltre la durata dello stato di fermo è definita dalla legge ordinaria. Sotto quest’ultimo aspetto, le garanzie appaiono limitate dal fatto che il costituente ha devoluto al legislatore la decisione della durata del fermo piuttosto che definire gli estremi in Costituzione. Quanto alla tutela del detenuto, l’art. 29 sancisce il suo diritto a una vita dignitosa e raccomanda allo Stato l’applicazione delle pene corrispondenti ai crimini delineati nel codice penale. Tuttavia il sistema penale tunisino deve curare il benessere della famiglia del detenuto e deve mirare al suo reinserimento nella società.L’art. 30formula la libertà di associazione, specie sotto forma di partiti, sindacati e associazioni. Tuttavia anche in questo caso spetta alla legge ordinaria disciplinare la loro procedura di formazione e dun-que, specifica l’articolo, il modo in cui tale libertà può essere esercitata. Le sole precauzioni costitu-zionali sono la compatibilità di partiti, sindacati e associazioni ai principi generali fissati dalla legge fondamentale, la trasparenza economica e il rifiuto della violenza. Questo punto è stato più volte so-stenuto da al-Nahda che, con riferimento alle formazioni salafite e in generale a tutti i partiti estre-mi, hasottolineato come il discrimine per partecipare al sistema politico nazionale sia soltanto il ri-corso alla violenza. Il diritto alla riunione pacifica e alla manifestazione, previsto dall’art. 31, è anch’esso circondato da limitazioni eccessive e non è sancito in maniera assoluta. Le sue modalità di esercizio sono delegate alla legge ordinaria che ne definisce la procedura. Se ciò da un lato si spiega in ragione delle frequenti ondate di manifestazioni che hanno caratterizzato i due anni suc-cessivi alla caduta del regime di Ben ‘Ali, contribuendo di certo a paralizzare l’economia nazionale, dall’altro il legislatore ordinario potrebbe restringere questo tipo di diritto, complicando l’iter di au-torizzazionedelle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza.
Il gruppo dei diritti sociali inizia conil diritto al lavoro (art. 32) che è ascritto a ogni cittadino e dev’essere facilitato dallo Stato al quale spetta di assumere le decisioni necessarie in questo cam-po. Il diritto all’organizzazione sindacale è garantito dall’art. 33 che completa il precedente art. 30 e prevede anche il diritto allo sciopero. Una riserva di legge definisce le condizioni per fare in modo che lo sciopero non provochi disagi eccessivi e non impedisca l’erogazione dei servizi di cui il cit-tadino ha bisogno.
Il diritto all’educazione, previsto dall’art. 35, è reso obbligatorio almeno fino al sedicesimo anno d’età. Lo Stato s’impegna a rendere effettivo questo diritto in tutti i gradi dell’istruzione ed incoraggia lo studio e la diffusione della lingua araba. Si può notare come il testo non faccia men-zione della religione islamica, la cui diffusione non è quindi appannaggio dello Stato. L’art. successivo garantisce la libertà di ricerca scientifica e impegna lo Stato a supportarla.
Il diritto alla salute, previsto dall’art. 37, è esteso ad ogni essere umano e dunque possiede una portata ben più ampia dei diritti di cittadinanza. Lo Stato ha il compito di attuare, con ogni mezzo, un sistema sanitario adeguato alle esigenze nazionali. Inoltre deve garantire il sussidio alle famiglie disagiate. Il catalogo dei diritti sociali è completato dalla previsione di due tipi di diritti di recente derivazione nella dottrina costituzionale: il diritto all’ambiente e il diritto all’approvvigionamento idrico (artt. 38-39). La Costituzone si limita, però, a menzionarli e non crea nessun tipo di obbligo giuridico in capo allo Stato.
Le libertà di pensiero, parola, opinione, comunicazione e stampa sono garantite da un uni-co articolo, il 40. La pratica di disciplinare queste importanti libertà in un solo articolo è inusuale. Inoltre tali libertà non sono formulate in modo assoluto ma il costituente ha previsto delle restrizioni in base alla necessità di proteggere i diritti e l’incolumità altrui (huquq al-ghayr). In pratica, le li-bertà contenute in questo articolo possono essere esercitate entro i limiti del danneggiamento dei diritti altrui, discrimine che la legge ordinaria ha il compito di delimitare. L’articolo (art. 40.3) proibisce, inoltre, l’esercizio di una censura “a priori” (raqabamusabiqa), aprendo le porte a un’ingerenza successiva da parte delle autorità. L’art. 41 sancisce il diritto alla cultura, inteso sia come la necessità di sviluppare l’estro creativo sia come valorizzazione dell’eredità del passato.
L’art. 42, composto di tre commi, protegge i diritti delle donne. Il primo comma ascrive allo Stato il compito di proteggere le conquiste riguardanti le questioni di genere, con riferimento al-lo statuto personale e all’abolizione della poliginia. Il secondo comma lo impegna a rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione di uguali opportunità e responsabilità tra uomo e donna. In ultimo lo Stato deve reprimere tutte le forme di violenza contro le donne. La formulazione di questo articolo è piuttosto completa anche se il costituente non ha menzionato direttamente il codice civile adottato durante il governo di Habib Bourghiba, tutt’ora vigente, che le forze politiche hanno concordato di non modificare. La sua protezione pertanto non è scontata, ma è soggetta all’interpretazione di questo articolo. Più precisa è, invece, la protezione del fanciullo, ex art. 45. I minori possiedono il diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela e in generale alla dignità. Lo Stato assicura l’assistenza legale, sociale e concreta a tutti i minori senza distinzioni. Questa cura speciale può aver risentito dell’influsso del diritto islamicoche conferisce al fanciullo una forte pro-tezione.
Gli ultimi due articoli, a chiusura della sezione deputata ai diritti e alle libertà, riguardano la sfe-ra politica. L’art. 47 sancisce i diritti di voto, di candidatura e di petizione che sono garantiti e rego-lati dalla legge. Tuttavia il testo non aggiunge altro e quindi, sebbene il normale riferimento sia alla legislazione elettorale, essa non ha natura di legge costituzionale, né di legge organica. Infine l’art. 48 riguarda l’asilo politico, anch’esso regolato da un’apposita legge ordinaria. Non si fa alcun rife-rimento alle convenzioni internazionali in materia.

Il potere legislativo
La sezione della bozza costituzionale deputata al potere legislativo si apre all’art. 49, replicando le specifiche che compongono la sovranità popolare: l’autorità legislativa è esercitata dal popolo che si esprime per mezzo dei rappresentanti eletti o, direttamente, tramite referendum. Il parlamento gode di indipendenza amministrativa e economica (art. 51), garantita dall’adozione di regolamenti interni, votati a maggioranza assoluta dei deputati. Inoltre lo Stato si impegna a proteggere in modo particolare i deputati, per favorire il corretto svolgimento delle loro funzioni. L’art. 52 stabilisce le condizioni per avanzare la candidatura: cittadinanza tunisina da almeno dieci anni, il compimento di 23 anni e non aver subito condanne penali. Il diritto di voto attivo invece (art. 53) è attribuito a tutti i cittadinidi nazionalità tunisina che abbiano compiuto diciotto anni. Altre condizioni specifiche so-no devolute all’adozione della legge elettorale. Alla stessa normativa è devoluto il compito di fissa-re le regole con cui si svolgono le tornate elettorali, la Costituzione limitandosi a riportarne il carat-tere generale, libero e segreto (art. 54) e a stabilire la lunghezza del mandato in cinque anni (art. 55). Lo stesso articolo, al comma successivo, prevede la proroga della legislatura precedente nel ca-so in cui sia impossibile svolgere una nuova tornata elettorale in caso di guerra o pericolo imminen-te. Ai sensi dell’art. 58, ciascuna legislatura nomina un Presidente durante la prima seduta e può formare le commissioni previste dai commi successivi. L’opposizione è il fondamento principale del parlamento perché è il pilastro del principio di rappresentanza (art. 59), funzione esercitata sia all’interno che all’esterno del paese. Il voto dei deputati è personale e non può essere esercitato per procura (art. 60).
Il procedimento legislativo è descritto a partire dall’art. 61: l’iniziativa legislativa può essere proposta da un gruppo di almeno dieci deputati. Ad avere il potere di presentare progetti di legge sono anche il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro. Quest’ultimo propone le leggi che riguardano i trattati e la legge di bilancio. Queste specificità si spiegano in ragione della capacità dell’esecutivo di curare problematiche tecniche, data la suddivisione ministeriale. Tuttavia l’articolo in questione distingue tra le proposte di legge (muqtarahat al-qawanin), di competenza dei deputati, e i progetti di legge (mashariʻ al-qawanin) di competenza degli organi esecutivi. L’art. 61.3 da la-precedenza d’analisi ai secondi, discriminando il modo in cui il processo legislativo può essere in-nescato, ai danni dell’organo legislativo. Inoltrele proposte di legge e le proposte di modifica di leggi già esistenti non possono essere accettate qualora comportino un pregiudizio economico per lo Stato. I progetti di leggi fondamentali devono essere votati a maggioranza assoluta mentre basta la maggioranza semplice, non inferiore a 1/3 dei deputati, per quelli ordinari. Il costituente ha operato una differenza tra i due tipi di progetti, specificando prima quelli ordinari (art 64). Vi rientrano le leggi riguardanti la nazionalità; questioni civili e commerciali;le procedure relative a diversi tipi di tribunali; regolamentare i crimini, i delitti, le pene e le irregolarità condotte nei casi di privazione della libertà;amnistia generale; regole e procedure relative ai tributi tranne ciò che è disciplinato dal Primo Ministro attraverso il governo; l’emissione della moneta; i prestiti internazionali; le regole riguardanti gli incarichi supremi dell’amministrazione; la regolamentazione degli introiti; le regole basilari delle amministrazioni civili e militari; la ratifica dei trattati; la legislazione economica e fi-nanziaria compresa la legge di bilancio e le politiche di sviluppo; le leggi riguardanti l’attuazione dei diritti civili e sociali, quali la legge sul lavoro, la sanità pubblica, l’istruzione, la proprietà, la ri-cerca scientifica e la cultura.
I progetti di leggi fondamentali sono identificati in modo residuale e riguardano le seguenti ma-terie: la conformità ai trattati; il sistema giudiziario; la stampa, l’editoria e la comunicazione; il si-stema dei partiti, delle associazioni e dei sindacati; l’ordinamento delle forze armate e delle forze di sicurezza; la legge elettorale; la durata della legislatura parlamentare e della carica del Presidente della Repubblica; le libertà e i diritti garantiti; lo statuto personale; i doveri basilari del cittadino; il sistema decentrato di amministrazione; l’organizzazione delle istituzioni costituzionali. L’articolo si conclude con una previsione ulteriore: quanto non rientra nei due gruppi precedenti, sui quali grava una riserva di legge ordinaria seppur avanzata sotto forma della distinzione tra progetti di legge qualitativamente diversi, è compreso nella potestà regolamentare di tipo amministrativo.
I progetti di leggi fondamentali si possono assimilare alle cosiddette leggi organiche, cioè a quel-le leggi che possono incidere sulla natura dell’ordinamento costituzionale e possono alterare l’equilibrio dei poteri. In ragione di ciò la loro adozione, o modifica, richiede una maggioranza qua-lificata. Si deve notare, tuttavia, che a dispetto di quanto anticipato nel corso della campagna eletto-rale, da parte di tutte le forze politiche, e durante i lavori dell’Assemblea costituente circa il caratte-re non modificabile dello statuto personale, tale materia è contemplata dall’art. 64, aprendo quindi alla possibilità della sua modifica. La legge finanziaria deve avvenire in conformità a quanto stabili-to dalla legge fondamentale di bilancio, votata dal parlamento su proposta del governo, ex art. 65. Ai sensi, poi, dell’art. 66 tutti i prestiti devono essere confermati con legge del parlamento.
L’art. 67 prevede alcune garanzie a tutela dei deputati, nell’esercizio dei loro compiti. Essi non possono essere sottoposti a giudizio civile o penale per le azioni intraprese, i pareri e le proposte re-se, nell’esercizio delle funzioni di rappresentanza. Si deve notare che l’espressione rappresentanza non compare nel testo arabo originale con l’espressione tamthil, ridondante nel lessico pubblicistico islamico, ma con quello di niyabiyya che è frequente nei trattati di fiqho giurisprudenza islamica ove indica l’istituto della procura o rappresentanza degli interessi. Tali previsioni non si applicano in caso di flagranza di reato e il Presidente del Parlamento dichiara interrotto il mandato, se lo ri-chiede l’assemblea. Il voto dei deputati è, dunque, decisivo per le sorti del parlamentare indagato ma tale previsione, se tutela l’indipendenza dell’organo legislativo, può generare anche una forma di abuso dell’immunità.
L’articolo che conclude la sezione relativa al potere legislativo, art. 69, disciplina il caso in cui l’assemblea sia sciolta, al fine di evitare un vuoto assoluto di potere. Questo articolo abilita il Primo Ministro ad adottare dei generici decreti aventi vigore di legge che devono essere ratificati dal par-lamento successivo. Non è specificata la sorte dei decreti non ratificati ma il testo si limita a ag-giungere che la legge elettorale non può essere cambiata.Il secondo comma prevede la possibilità che 3/5 dei deputati deleghino in via temporanea la potestà legislativa al Primo Ministro. Questi a-dotta decreti che devono essere confermati dall’assemblea. Le previsioni di questo articolo sono ec-cessivamente sbilanciate nei confronti del potere esecutivo che, in caso di dissoluzione temporanea del parlamento, è libero di legiferare virtualmente su ogni campo.

Il potere esecutivo
Ai sensi dell’art. 70, il potere esecutivo è bicefalo, dal momento che si compone del Presiden-te della Repubblica e del governo, presieduto dal Primo Ministro. Il Presidente è il Capo dello Stato: assicura l’unità e l’indipendenza della nazione e il rispetto della Costituzione (art. 71). Ai sensi dell’art. 73, la carica in questione può essere conferita a qualunque elettore, uomo o donna, che possieda la cittadinanza tunisina dalla nascita e che professi l’Islam (art. 73). Il candidato deve dimostrare di non aver avuto altra nazionalità e deve aver raggiunto un’età compresa tra quaranta e settantacinque anni. Il Presidente eletto deve essere approvato da un determinato numero di deputati del parlamento, o da parte dei Presidenti dei consigli regionali o, ancora, da parte di grandi elettori, secondo quanto stabilisce la legge elettorale. Il popolo, tuttavia, sceglie il Presidente attraverso ele-zione diretta e segreta a maggioranza assoluta dei consensi (art. 74). La carica dura cinque anni e l’articolo disciplina anche il caso in cui nessuno dei candidati raggiunge una maggioranza assoluta. In tal caso è organizzata una nuova elezione alla quale partecipano i primi due classificati del primo turno. Il costituente ha previsto anche il caso in cui un candidato muoia prima della tornata osia co-stretto da un impedimento permanente. In questo caso la tornata elettorale ricomincia daccapo. Infi-ne è possibile prolungare l’incarico in circostanze straordinarie, secondo quanto disciplina la legge, ma uno stesso Presidente non può svolgere più di due mandati, consecutivi o intervallati.
Il Presidente rappresenta lo Stato e, ai sensi dell’art. 76, stabilisce la politica generale in merito alla politica internazionale, alla difesa e alla protezione dalle minacce interne. A tal fine i suoi poteri sono i seguenti: scioglie il parlamento secondo le modalità descritte dalla Costituzione; presiede il consiglio di sicurezza nazionale; esercita il comando delle forze armate; dichiara guerra e mobilita le truppe previo assenso del parlamento che si esprime con maggioranza dei 3/5; dichiara lo stato di emergenza e assume le decisioni necessarie; ratifica i trattati; nomina alcuni vertici amministrati; concede l’indulto.Il Presidente ha anche il potere di dispensare e revocare le cariche di cui all’art. 77: il mufti, le posizioni apicali dell’amministrazione come quelle legate alla presidenza, le cariche legate all’esercito, alla diplomazia, alle forze di sicurezza, il governatore della Banca Centrale, pre-via segnalazione del Primo Ministro e conferma da parte di almeno 1/3 dei deputati. In questo caso la nomina segue un iter rinforzato in virtù dell’importanza della carica in questione che può essere rimossa seguendo la stessa procedura o la richiesta di 1/3 dei deputati e l’approvazione della mag-gioranza. Ex art. 78, il Presidente della Repubblica convoca il parlamento. Questo è un tipico stru-mento di bilanciamento tra i poteri che, però, nel caso di specie è poco articolato perché non speci-fica nient’altro. In caso di un pericolo permanente, che minacci la sicurezza nazionale e la sua indi-pendenza, il Presidente può assumere le decisioni più opportune, valide in via eccezionale e solo previa consultazione del Primo Ministro e del Presidente del Parlamento. I poteri straordinari del Capo dello Stato sono, quindi, ben più limitati di quanto non appaia dato che il loro utilizzo è su-bordinato al parere delle altre maggiori cariche politiche. Inoltre non è specificato se le misure adot-tate siano valide anche dopo l’estinzione dell’emergenza o se, al contrario, siano valide soltanto pro tempore. Il comma successivo del medesimo articolo specificainfattiche le misure adottate devono solo mirare a riportare lo Stato alla normalità. Nel caso in cui il parlamento non sia sciolto, il Presi-dente non può scioglierlo, né può screditare in alcun modo il governo. La ratio di ciò risiede nel tentativo di scongiurare, in tutti i modi, la possibilità di un colpo di Stato legale. Infatti, dopo trenta giorni dall’emanazione delle misure speciali, la Corte Costituzionale, su invito del Presidente del Parlamento o di trenta deputati, si esprime, entro quindici giorni, circa la necessità di continuare lo stato d’emergenza. L’intervento del potere giudiziario è limitato all’appello da parte di quello legi-slativo. L’effetto giuridico delle misure adottate si esaurisce con la rimozione delle cause che ne hanno resa necessaria l’adozione ma il testo non specifica se tale effetto decade ex tunc.
La prerogativa principale del Presidente della Repubblica è quella tracciata all’art. 80, cioè la promulgazione delle leggi, tramite la pubblicazione in gazzetta ufficiale, entro quindici giorni dalla ricezione dalla Corte Costituzionale. Il modello prevede, a monte, un controllo di costituzionalità di tutti gli atti normativi ma non sembra prevedere una richiesta di riesame da parte dello stesso Presi-dente. L’art. 80.2, infatti, aggiunge che soltanto per i progetti di legge finanziaria e di leggi costitu-zionali, il Capo dello Stato può chiedere una seconda lettura, entro dieci giorni dalla loro ricezione da parte del parlamento. Questo veto è comunque superato da una nuova approvazione dello stesso testo a maggioranza assoluta dei deputati. Il Presidente può, inoltre, sottoporre a un referendum le leggi che riguardano l’adesione a trattati internazionali, diritti e libertà, lo statuto personale. La loro accettazione deve avvenire comunque attraverso il parlamento mentre il giudizio di costituzionalità spetta alla Corte Costituzionale. In caso di referendum approvativo, il Presidente è obbligato a rati-ficare la legge e a pubblicarla entro quindici giorni.
La delega dei poteri presidenziali al Primo Ministro è ammessa, ex art. 82, ma per un periodo non superiore ai trenta giorni. Inoltre la delega deve essere comunicata al parlamento (art. 82.2).In caso di vacanza temporanea del Presidente della Repubblica, e se non è stata operata alcuna delega dei poteri, la Corte Costituzionale si riunisce per dichiarare l’assenza temporanea e conferisce l’incarico, non superiore a sessanta giorni, al Primo Ministro (art. 83). In caso di dimissioni, morte, impedimento permanente o altra causa permanente, la Corte Costituzionale dichiara l’impedimento e la conseguente vacanza d’ufficio, informando il Presidente del parlamento che attiva la procedura per l’elezione di un Presidente ad interim che resta in carica tra 45e 90 giorni. Ai sensi dell’art. 85 il Presidente ad interim non può proporre modifiche alla Costituzione, convocare referendum né scio-gliere il parlamento. Il periodo interinale, infatti, è funzionale soltanto al rinnovo duraturo della ca-rica. Le previsioni di questo gruppo di articoli, atte a disciplinare minuziosamente i casi di im-provvisa mancanza di uno dei poteri principali dello Stato, si spiegano in ragione del cosiddet-to “golpe medico” con il quale Ben ‘Ali depose il Presidente Habib Bourgiba e ne occupò la carica. Inoltre il Presidente può essere destituito attraverso un’iniziativa che parta dalla mag-gioranza dei deputati in caso di attentato alla Costituzione. La decisione finale spetta alla Corte Costituzionale che può obbligare il Capo dello Stato alla dimissione (art. 87).
L’articolo 88 fissa le regole di formazione del governo che rappresenta il secondo ramo del pote-re esecutivo. Esso è composto dal Primo Ministro e da segretari di Stato nominati dal primo previa consultazione con il Presidente della Repubblica in merito ai ministri degli esteri e della difesa. Il governo è legato alla maggioranza del partito o della coalizione che siede in parlamento. Dopo le elezioni, il Presidente della Repubblica conferisce il mandato a formare il governo entro un mese in modo che si rispetti la distribuzione dei seggi. Il governo non deve essere necessariamente monoco-lore ma deverispecchiare la composizione dell’assemblea. Nel caso in cui il governo non possa es-sere formato per la mancanza della fiducia, il Capo dello Stato avvia le consultazioni per identifica-re la personalità più idonea a mettere d’accordo i partiti. Inoltre se dopo quattro mesi dalla tornata elettorale, il governo non è ancora stato formato per le medesime ragioni, il Presidente della Repub-blica può decidere di sciogliere l’assemblea.
L’esecutivo deve esporre il programma ai deputati per ottenere la fiducia. Se questa è ottenuta, la nomina del governo da parte del Capo dello Stato diventa ufficiale.Al fine di mantenere separati i poteri legislativo e esecutivo, è vietato cumulare l’appartenenza al parlamento e al governo (art. 89) e i ministri non possono occupare nessun’altra carica (art. 89.2).
Quanto ai compiti, il Primo Ministro, che è a capo del governo (art. 92), definisce la politica ge-nerale dello Stato e si adopera per la sua applicazione (art. 90).Nello specifico nomina e rimuove i ministri dai loro dicasteri e ne riceve le dimissioni; crea e rimuove
le istituzioni della pubblica amministrazione e ne definisce le loro specificità; nomina e rimuove gli ufficiali civili dalle posizioni apicali della burocrazia. Il Primo Ministro informa il Capo dello Stato dei suoi atti, conclude gli accordi internazionali e, in concerto con i ministri, applica le leggi. Inoltre il Primo Ministro può devolvere una delle proprie funzioni ai ministri in via temporanea (art. 91).Ai sensi dell’art. 92, il consiglio dei ministri è presieduto dal Capo dello Stato limitatamente ad alcuni settori come la difesa, i rapporti internazionali, la sicurezza nazionale. Questa precisazione definisce il rapporto tra le due componenti dell’esecutivo, lasciando intendere che nelle suddette materie l’autorità decisionale spetti al Presidente della Repubblica. Il Primo Ministro esercita un po-tere normativo generale attraverso ordinanze di governo (awamirhukumiyya) emanate di concerto con i ministri e siglate dal capo del dicastero pertinente.
Il sistema semipresidenziale tunisino prevede l’istituto della responsabilità politica del governo come strumento di contrappeso alle prerogative, anche legislative, che esso vanta nei confronti degli altri poteri. L’art. 94 rende il governo responsabile dinanzi all’assemblea e abilita ciascun deputato a sollevare interrogazioni scritte o orali ai singoli ministri (art. 95). La questione della fiducia può essere sollevata, ex art. 96, da almeno 1/3 dei deputati. La fiducia però è revocata soltanto se si e-sprime in tal senso la maggioranza assoluta dei deputati. La mozione di sfiducia obbliga il Primo Ministro a dimettersi e abilita, contemporaneamente, il Presidente della Repubblica ad avviare le procedure per formare un nuovo governo. Nel caso in cui la mozione di sfiducia non sia stata ap-provata dalla maggioranza assoluta, è fatto divieto di presentarne una nuova nei sei mesi seguenti. Detta procedura si applica anche al singolo ministro. La dimissione del Primo Ministro provoca la caduta di tutto il governo (art. 97) ma costui può anche chiedere un voto di fiducia al Parlamento che deve essere votato a maggioranza assoluta. In caso di assenza del Primo Ministro, salvo nei casi di revoca della fiducia o dimissioni, il Presidente della Repubblica incarica il partito o la coalizione dominante a formare un nuovo governo entro un mese. In caso di fallimento, il Presidente sceglie la persona più appropriata a portare a termine questo incarico(art. 98).

Il potere giudiziario
Il capitolo della Costituzione che riguarda il potere giudiziario, qualificato come indipendente, inizia con la specifica delle funzioni che gli sono proprie (art. 100): esercitare la magistratura, inter-pretare la Costituzione, dare attuazione al principio di sovranità della legge e difendere i diritti e le libertà. Ciascun giudice, inoltre, è indipendente giacché non risponde ad altro parametro che la leg-ge. L’accesso alla carica richiede la competenza e l’impegno alla neutralità e all’integrità. I giudici godono poi dell’immunità tranne che in flagranza di reato, caso in cui il giudizio spetta al Consiglio Superiore della Magistratura (art. 102).
Il nuovo sistema giudiziario tunisino è diviso in molteplici tipi di tribunali, secondo il reato commesso. I giudici sono nominati con ordinanza presidenziale su proposta del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 103).Esso sono anche inamovibili e godono di altre forme di tutela che sono sottomesse al giudizio del Consiglio Superiore. L’organizzazione dei tribunali è prevista per legge (art. 107) e la Costituzione specifica che i tribunali militari sono riservati a giudicare i soli crimini di natura militare (art. 107.2).Il Consiglio Superiore della Magistratura è formato da quattro struttu-re: Consiglio della giustizia ordinaria, Consiglio della giustizia finanziaria, Consiglio della giustizia amministrativa e Autorità giurisdizionali (art. 109). Ciascuna di queste strutture è formata per metà da giudici eletti e nominati e, per la restante parte, da personale esterno alla magistratura.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, organo preposto a vigilare sul corretto funzionamento del potere giudiziario (art. 111), nomina un proprio Presidente tra i giudici di alto livello mentre la composizione di questi organi è disciplinata dalla legge ordinaria. Ex art. 110, il Consiglio gode di indipendenza economica e amministrativa e presenta il proprio budget ad una commissione del par-lamento stabilita ad hoc.
La giustizia ordinaria è esercitata attraverso tribunali di primo e di secondo grado, tribunali di cassazione (art. 112) e attraverso la procura generale. Le peculiarità sono stabilite dalla legge che fissa le regole basilari, sostanziali e procedurali, di funzionamento del sistema (art. 112.2). La disci-plina di dettaglio è dunque interamente devoluta al legislatore ordinario che dispone così di una grande capacità di ingerenza negli affari del giudiziario.
La giustizia amministrativa è esercitata attraverso l’alto tribunale amministrativo, il tribunale d’appello e il tribunale di primo grado. Essa si occupa del sindacato degli atti amministrativi e dei casi di abuso di potere (art. 113). Anche in questo caso le norme di dettaglio sono devolute alla leg-ge ordinaria.
La giustizia finanziaria è esercitata da tribunali e organi para-giudiziari specifici. Il loro compito primario è quello di indagare sui reati finanziari e vigilare sul corretto impiego delle finanze pubbli-che (art. 114) in accordo con i principi di legittimità (sharʻiyya). Inoltre affianca il potere il potere legislativo e quello esecutivo nella stesura e nell’applicazione della legislazione economica e finan-ziaria. Altre specifiche e, soprattutto, le procedure di funzionamento sono stabilite dalla legge.
All’art. 115 viene disciplinato il massimo organo giudiziario del nuovo ordinamento tunisino: la Corte Costituzionale. Questa si configura come un organo indipendente composta da dodici giudici nominati per quindici anni e la metà dei quali devono essere esperti di diritto positivo. L’articolo non specifica però la composizione dell’altra metà dei membri della Corte che presumibilmente possono anche essere giuristi di formazione islamica. Sei membri per ciascuno sono proposti dal Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro, dal Presidente del Parlamento e dal Consiglio Su-periore della Magistratura. Il parlamento però ha il compito di scegliere i dodici membri, scegliendo la metà di ciascun gruppo di proposte. La votazione deve avvenire con il raggiungimento di una maggioranza qualificata di 3/5 dei deputati. La Corte rinnova 1/3 dei componenti ogni tre anni e nomina un Presidente ed un vice Presidente (art. 116). È proibito cumulare l’appartenenza alla Cor-te Costituzionale con qualsiasi altra carica. L’art. 117 definisce i compiti di questo tribunale, il più rilevante dei quali è il sindacato di costituzionalità. Esso si applica ai progetti di legge approvati dalla camera, prima della fase perfettiva della ratifica presidenziale, ai progetti di legge costituzio-nale per i quali il sindacato è richiesto dal parlamento, ai progetti di revisione costituzionale che presentino vizi procedurali, agli accordi internazionali prima che vanga approvata la legge di rice-zione degli stessi, ai regolamenti interni del parlamento qualora per essi sia chiesto un giudizio dal Presidente del parlamento. Le decisionisono assunte a maggioranza dei membri della Corte (art. 118) ehanno valore coercitivo per tutti e tre i poteri dello Stato. L’iter per decidere sulla costituzio-nalità delle leggi è descritto in maniera dettagliata all’art. 119: il progetto di legge incostituzionale è inviato dal Presidente della Repubblica al parlamentoper una nuova lettura e per l’emendazione in conformità al parere reso dalla Corte Costituzionale. Espletata questa procedura, il progetto torna al Presidente che lo inoltra alla Corte per un nuovo giudizio che deve essere emesso entro un mese. Il giudizio di incostituzionalità si limita alla materia sulla quale esso è stato richiesto (art. 120) mentre le procedure di dettaglio che disciplinano il funzionamento di questa Corte sono definite dalla legge ordinaria (art. 121).
L’ultima sezione del capito che la bozza costituzionale devolve al potere giudiziario riguarda gli organi quasi-giudiziari indipendenti e dotati di personalità giuridica, finanziaria e amministrativa. Tali strutture sono nominate dal parlamento dinanzi al quale restano responsabili (art. 122). Ex art. 123, l’autorità per le elezioni è deputata a vigilare sullo svolgimento delle elezioni e di verificarne l’integrità. A tal fine è dotata di potere regolamentare proprio. L’autorità è composta di nove perso-nalità indipendenti nominate per sei anni. Le altre autorità, eredi delle istituzioni nate dopo la rivo-luzione come la Commissione per il raggiungimento degli scopi rivoluzionari, si occupano di garan-tire l’imparzialità dei media (art. 124) e l’implementazione dei diritti umani (art. 125). Quest’ultima autorità può suggerire leggi apposite per tutelare i diritti fondamentali. L’autorità per lo sviluppo sostenibile è previsto dall’art. 126 mentre l’articolo successivo istituisce l’autorità per la goodgo-vernance.
La procedura di emendazione del testo costituzionale è sancita agli artt. 140-142, in chiusura del-la Costituzione. Il Presidente della Repubblica o 1/3 dei deputati possono avanzare una proposta di iniziativa legislativa. La proposta avanzata dal Presidente della Repubblica ha la precedenza. Alcuni articoli sono sollevati dalla possibilità di modifica: la qualifica dell’Islam come religione di Stato, la qualifica dell’arabo come lingua ufficiale, il sistema repubblicano, la natura civile dello Stato. Se-condo alcuni interpreti, quest’ultima connotazione è in contrasto con la prima dal momento che il principio confessionale si oppone a quello del carattere civile (art. 141). Per bilanciare tale antitesi, il medesimo articolo proibisce anche il diniego dei diritti e delle libertà contenuti nella Costituzione e il numero dei mandati consecutivi del Presidente. Ogni iniziativa di emendazione deve essere no-tificata alla Corte Costituzionale che si esprime sulla sua validità. Inoltre il parlamento deve appro-vare l’iniziativa di modifica tramite votazione a maggioranza assoluta dei deputati, secondo la pro-cedura descritta all’art. 141. L’approvazione finale avviene con il consenso dei 2/3 dei deputati e solo dopo il referendum proposto dal Presidente della Repubblica. In tal caso è necessario raggiun-gere la maggioranza assoluta dei consensi. L’iter particolarmente gravoso si spiega in ragione della necessità di evitare modifiche repentine e frequenti della Costituzione.

Il potere locale
Gli artt. 128-139 sono deputati alla disciplina dell’amministrazione locale del potere, basata sul principio della decentralizzazione (art. 128). Esso è attuato tramite l’istituzione di comunità locali e regionali che assieme compongono la Repubblica. Ciascuna comunità possiede personalità legale (art. 129) e indipendenza economica e amministrativa. Inoltre gli enti locali devono amministrare il benessere pubblico tramite il principio di amministrazione libera. Il governo locale si fonda sulle assemblee elette con elezioni libere e democratiche (art. 130) con le quali una percentuale fissa di seggi dev’essere affidata a giovani.
Gli enti locali dispongono di proprie risorse, alcune delle quali sono devolute dal governo centra-le ex lege in forme di solidarietà e secondo il principio del giusto bilanciamento (artt. 132-133). Le risorse devono essere impiegate in modo da garantire la good governance sebbene viga il principio di libertà decisionale (art. 134). Nel campo dell’amministrazione sono rilevanti gli art. 136-137 che sanciscono modalità partecipative di gestione del territorio. L’art. 136, nello specifico, stabilisce una forma di “governo aperto” nel quale voce rilevante è conferita alla società civile. Gli enti locali, inoltre, sono tenuti a cooperare tra di loro per il benessere sociale.

Alcune riflessioni conclusive
L’analisi della bozza costituzionale rivela che la protezione dei diritti fondamentali segue un modello “minimale”, tipico di quelle Costituzioni che si limitano a proclamare un insieme di diritti e a offrire strumenti, più o meno solidi, di protezione. Ciò richiede un maggiore attivismo da parte dei giudici che sono chiamati a una massiccia interpretazione del testo, eventualità ridotta quando il testo costituzionale offre molteplici dettagli. Tuttavia l’art. 143 stabilisce che il preambolo della Costituzione è parte integrante del testo e non può essere espunto. Inoltre, ex art. 137, la pro-cedura di emendazione del preambolo è la medesima di quella degli articoli. Quanto in esso conte-nuto, dunque, assume la stessa forza cogente del dettato dei singoli articoli e dovrà essere integral-mente applicato. Alcune Costituzioni, come quella irachena del 2005, contengono articoli che espli-citamente sottomettono i tre poteri pubblici al rispetto dei diritti fondamentali. Questa specifica è assente nella bozza tunisina che collega il godimentodei diritti all’istituto della cittadinanza. E-sistono però alcuni articoli in cui il termine “cittadino” è sostituito da quelli più generici di “essere umano” o “individuo”, aprendo a possibili difficoltà interpretative. Manca anche un di-spositivo, detto di solito clausola di limitazione, che imponga in via generale alla legge il rispetto dei diritti umani o, almeno, la non violazione della loro essenza. Ciò rileva anche in merito alla di-chiarazione dello stato d’emergenzaper il quale non è specificato l’effetto prodotto sulla disciplina della tutela dei diritti umani. Sebbene il catalogo dei diritti garantiti, specie sul versante socio-economico, sia piuttosto ampio, la bozza distingue i diritti ai quali lo Stato deve assicurare una tutela qualificata e quelli sui quali invece non vige un obbligo specifico. Questa differenza ri-schia di produrre una gerarchia interna tra i diritti positivi del primo gruppo, come il diritto all’educazione o alla ricerca scientifica, e i diritti del secondo gruppo come il diritto alla previdenza sociale o il diritto alla salute.
Alcuni diritti e libertà sono tutelati in maniera limitata: il diritto alla vita è garantito ma la legge determina i modi con cui può essere compresso. L’art. 6 prevede la libertà religiosa  edella pratica dei culti che nelle bozze precedenti erano qualificate come diritti. La differenza è significa-tiva dato che il diritto richiede l’azione dello Stato per produrre effetti concreti mentre la libertà ne-cessita della sua astensione. Nonostante la bozza di giugno contenga questa modifica rilevante, il testo ascrive allo Stato il ruolo di protettore della religione e, dunque, lo rende arbitro delle questioni religiose. Anche la possibilità di adozione di misure di fermo preventivo (art. 28) da parte delle autorità, sull’individuo colto in flagranza di reato, non offre le dovute garanzie in termini di durata massima e minima delle misure adottate.
La bozza costituzionale offre molti spunti di riflessione anche in merito all’assetto istituzionale. Le novità importate in merito al dibattito sulla forma di governo (parlamentarismo vs presidenziali-smo) risaltano ancor più dal paragone con l’assetto della Costituzione del 1959, successivamente emendata. Il Presidente possedeva iniziativa legislativa, formulava il budget senza l’approvazione del parlamento e nominava, da solo, tutte le cariche apicali. Nel 1969 una modifica costituzionale introduceva il Primo Ministro accanto al Presidente, introducendo un semipresidenzialismo sbilan-ciato a favore del secondo. Il principio di separazione dei poteri non era applicato in modo appro-priato e, inoltre, l’assemblea non era rappresentativa della società. Il nuovo progetto costituzionale delinea una forma di semipresidenzialismo sbilanciato verso il Primo Ministro che deve otte-nere soltanto la fiducia del parlamento e non anche quella del Presidente della Repubblica. Circa la formazione del governo, la bozza costituzionale sembra obbligare il Presidente a nominare il leader del partito o della coalizione che ha ottenuto il maggio numero di seggi in parlamento. In questo modo, il Primo Ministro e i suoi ministri godono, in parte, della legittimità popolare. Tutta-via il Presidente interviene nella scelta dei Ministri della difesa e degli affari esteri, sulla base di una prassi del tutto inusuale. I poteri del Presidente sono comunque limitati se comparati a quelli del Primo Ministro che può rimuovere i ministri a sua discrezione. Il Presidente, inoltre, non può scio-gliere il parlamento se non in casi specifici di inabilità a formare un governo. Anche i suoi poteri di decretazione, tradizionale strumento di ridistribuzione del potere legislativo, sono vincolati alle si-tuazioni di emergenza e al parare delle altre cariche pubbliche. La prerogativa di dichiarare lo stato d’emergenza era stata espunta dalla bozza costituzionale rilasciata ad aprile 2013 ma è stata reinte-grata poiché la sua assenza implicava un grave indebolimento dei poteri presidenziali. Un ambito in cui il Presidente mantiene pieni poteri è quello della ratifica dei trattati internazionali. Tuttavia la ratifica deve essere seguita dall’adozione, da parte del parlamento, di una legge ordinaria che im-porta il testo del trattato. Se ciò non avviene, il trattato resta sottoscritto ma non penetra a tutti gli effetti nell’ordinamento.
Sul piano del potere giudiziario la bozza ha importato molti cambiamenti, ridefinendo di fatto il sistema tunisino della giustizia. La collaborazione dei tre partiti dominanti dell’Assemblea Costituente, al-Nahda, Ettakatol e Il Congresso per la Repubblica, ha reso possibile questa riforma che sarebbe stata osteggiata in presenza di un solo partito dominante. Le forze politiche, infatti, pos-sono avere scarso interesse a edificare una magistratura forte. Nel caso in cui diversi partiti si equi-valgono, un solido sistema giudiziario diventa una garanzia condivisa. Inoltre ogni fase di transizio-ne a un regime democratico pone il problema della giustizia transitoria, legata alla sorte dell’antico corpo di giudici, più o meno colluso con il regime precedente. In quest’ottica si possono leggere le norme che fissano requisiti di competenza per accedere alla magistratura. Tuttavia, rispetto ad altri sistemi giudiziari, quello tunisino non aggiunge importanti clausole come l’età minima dei giudici o il loro livello di educazione. L’indipendenza della magistratura, pietra miliare del potere giudi-ziario, implica il fatto che la nomina e la rimozione dei giudici deve essere quanto più possibile un fatto certo e non politico. La bozza costituzionale disciplina la procedura di nomina dei giudici ma non cura la relativa procedura di rimozione, minando in ciò l’indipendenza di quest’organo. Anche la garanzia di alcuni benefici, come la nomina a vita negli alti ranghi della magistratura o un salario adeguato e irriducibile, sono comuni strumenti per diminuire i casi di cor-ruzione tra i magistrati o il loro tasso di ricattabilità da parte delle forze politiche.
Il garante del sistema giudiziario è la Corte Costituzionale. Comunemente il numero dei membri che compongono quest’organo dev’essere dispari, in modo da evitare un possibile stallo decisiona-le. La Corte Costituzionale tunisina è formata da 12 membri e apre a questa eventualità. La bozza prevede che a decidere sia il Presidente della Corte Costituzionale in caso di parità di voti espressi. In ultimo il modo di elezione dei giudici è complesso e frammentato tra organi differenti.
La bozza costituzionale, nel suo complesso, delinea un equilibrio delicato di valori, ideolo-gie e strutture politiche. L’anima islamica, pur presente, non domina nel catalogo dei diritti, né tra i principi generali che informano la Repubblica. Non è presente il richiamo alle fonti del diritto islamico, né alcun organo in grado di innalzare un sindacato di islamicità è presen-te. Ciò che resta poco chiaro è in che modo lo Stato agirà a protezione della religione e, so-prattutto, se riuscirà a bilanciare diverse esigenze, mantenendo l’indubitabile preminenza as-sicurata all’Islam e il principio di non discriminazione egualmente sancito.

lunedì 15 luglio 2013

Editoriaraba Tangeri – Europa: andata e ritorno in “Partire” di Tahar Ben Jelloun


Girando nella Kasbah di Tangeri, si può accedere dal mare, Bab al-Bahr, La porta del mare) e affaccia sul nuovo porto di Tangeri, in costruzione (per costruirlo hanno buttato giù, tra le altre cose, anche la vecchia “porta” della frontiera che risaliva al periodo dell’Interzona.

Tra erbacce incolte e rocce, in silenziosa contemplazione del mare e dell’orizzonte, stavano seduti gruppetti di giovani e anziani. Alcune bambine giocavano tra le rocce, il vento sharqiyy che scompigliava loro i capelli.

Proseguendo qualche centinaio di metri più avanti, lungo le mura che costeggiano il mare a destra, e la città a sinistra, dove si trovano invece le rovine di alcune tombe fenicie, a picco sul porto e sul mare, ho visto la stessa scena: sul prato incolto e tra i massi levigati dal vento erano seduti uomini anziani, donne con bambini e giovani. Lo sguardo verso il mare, perso oltre l’orizzonte in direzione della Spagna: il profilo della costa spagnola si stagliava nettissimo in quella giornata di forte vento.

Questa immagine mi ha fatto tornare alla mente la prima pagina di Partire, un romanzo di Tahar Ben Jelloun (Partir, 2007; Bompiani, 2008; traduzione dal francese di Anna Maria Lorusso). La scena iniziale è ambientata presso il famoso Café Hafa, poco distante dal luogo in cui mi trovavo io:

"Gli altri [uomini], seduti sulle stuoie e con le spalle al muro, fissano l’orizzonte come a interrogare il proprio destino. Guardano il mare, le nuvole che si confondono con le montagne, e aspettano l’apparizione delle prime luci della Spagna. […] ciascuno entra nel proprio sogno con i pugni stretti. Solo il maestro del tè, il proprietario del posto, e i suoi servitori sono esenti dall’incantesimo, intenti come sono a preparare e a servire con discrezione le bevande, andando e venendo da una terrazza all’altra senza disturbare il sogno di nessuno".

Partire è un romanzo sull’immigrazione. Anzi: è un romanzo sulla tragedia umana dell’immigrazione i cui protagonisti sono Azel, un giovane di bell’aspetto, laureato in legge ma senza lavoro e deciso a “svoltare” in qualche modo, e sua sorella Kenza, altrettanto avvenente, innamorata dell’amore. Ciò che li accomuna è il fortissimo desiderio di andarsene dal Marocco, e sono disposti a fare qualsiasi cosa “pur di vedere questo paese solo in cartolina”, anche l’indicibile.

L’atmosfera che pervade tutto il libro infatti è cupa e deprimente, anche quando Ben Jelloun introduce il personaggio della piccola Malika (una delle centinaia ragazze-gamberi costrette a sgusciare gamberetti destinati all’Europa per ore e ore, al punto che le dita delle mani diventano trasparenti), verso cui è impossibile non provare tenerezza e rabbia allo stesso tempo.

Quei 14 chilometri che separano il Marocco dalla Spagna, delirio e speranze dei tanti che vogliono abbandonare quel Paese che li ha abbandonati, si trasformano in un fossato destinato a inghiottire i migranti e i loro sogni.

La Spagna, l’Occidente in generale, diventa nel libro simbolo di un riscatto sociale, ma anche terra in cui i desideri devono diventare realtà, pena l’insuccesso, la sconfitta, il ritorno umiliante in Marocco, tra la derisione degli amici e la delusione della famiglia.

Nel libro però, lo stretto tratto di mare che separa l’Africa e l’Europa è anche un passaggio che risucchia l’umanità, che distrugge l’equilibrio personale dei tanti coraggiosi decisi a farcela e a trasformare in realtà le proprie chimere.

Questo libro è stato scritto nel 2007, poco prima quindi che in Europa sperimentassimo la crisi economica. Da allora molto è cambiato: l’Europa, una volta meta privilegiata per i migranti provenienti dall’Africa e dall’Asia, si è tramutata in un’ incubatrice di sogni perduti e spezzati. Chi prima partiva, ora ritorna.

Street art e rivolte


I graffiti urbani sono una forma d'arte esplosa con le proteste arabe con il loro carattere  di satira e denuncia che vede le donne protagoniste, sexy, impegnate così come dopo la vicenda di Amina al Cairo sono comparsi reggiseni blu sui muri della città. Sono le donne il vero motore della rivolta d'altronde è usato sta accadendo ovunque come denuncia "Le Monde" week end, 13,14 e 15 luglio. In pattinare ai evidenzia la vivacità di questa forma artistica in Egitto dove, diversamente dall'Algeria degli anni Novanta del Novecento o dalla Tunisia di oggi, la laicità non è un problema; lo è piuttosto la democrazia.

giovedì 11 luglio 2013

Editoriaraba - La Beirut di Samir Kassir: “una città araba ma diversa, una città diversa ma araba”


di Silvia Moresi

In più di seicento pagine lo storico, giornalista e scrittore libanese Samir Kassir ci racconta l’evoluzione architettonica, culturale, politica e sociale di Beirut dal periodo cananeo fino al periodo dei massacri della guerra civile e dell’occupazione israeliana degli anni Ottanta. Una storia lunga e intricata che fa di Beirut, il più straniante degli scenari, e il meno straniero: una città araba ma diversa, una città diversa ma araba.

Il saggio per la quantità di notizie e per la complessità della storia stessa della città all’inizio apparirà di non agevole lettura ma, andando avanti, la narrazione troverà una sua continuità e scorrevolezza. E’ consigliabile però, sin dalle prime pagine, munirsi di penna e agenda per appuntare nomi, date o eventi che altrimenti, arrivati a pagina 654, saranno stati irrimediabilmente dimenticati.

Nella prima parte del saggio “Beirut prima di Beirut”, Kassir riporta alcuni dei miti che sarebbero alla base della fondazione della città e del suo nome: Biruta, primo nome conosciuto della città, sarebbe infatti legato al significato di “pozzi” o “sorgenti d’acqua” di cui era ricco il sito e, come ci fa notare Kassir, ancora oggi è facile ritrovare nella parola “bi’r” (pozzo) in uso nell’arabo moderno, una certa assonanza con il nome della città. Ancora più interessante, per gli sviluppi tragici della storia di Beirut e del Libano, è leggere come i cananei, chiamati successivamente fenici dai greci (dal mito della Fenice), sarebbero probabilmente originari della penisola arabica, tesi che scardina completamente, e che fa apparire a dir poco ridicola l’ideologia falangista del fenicismo.

Nei capitoli successivi, soprattutto attraverso una meticolosa descrizione dei cambiamenti architettonici e urbanistici della città, Kassir ci guida tra le alterne vicende di Beirut, passata dal dominio egiziano all’impero romano, diventandone una colonia (Colonia Iulia Augusta Felix Berytus) conquistata nel 1110 da Baldovino, annessa al regno crociato di Gerusalemme, e poi riconquistata nel 1187 da Ṣalāḥ al-Dīn ibn Ayyūb (Saladino). Grande rilievo è dato da Kassir al lungo periodo della dominazione ottomana della città, periodo durante il quale Beirut, grazie alle riforme delle tanzimat e all’idea diosmanlilik (nazionalità ottomana), visse un periodo di profondi cambiamenti. Il nuovo assetto della città, la rimessa a nuovo del porto che la trasformerà in uno degli scali più importanti del Levante, e la mescolanza degli stili architettonici, inizieranno a far apparire Beirut come una città “mediterranea moderna e piuttosto borghese”. In questi capitoli Kassir si sofferma sulla descrizione particolareggiata di quartieri, strade e palazzi e non sarà sempre facile seguirlo nel suo addentrarsi nella città senza avere davanti agli occhi almeno una mappa o foto del periodo, presenti comunque nel testo.

Sicuramente si prestano ad una lettura più scorrevole i capitoli che affrontano i cambiamenti della città dal punto di vista intellettuale e culturale. Il risveglio culturale, la nahdah, che investì il mondo arabo nel XIX secolo, vide la nascita a Beirut di case editrici e giornali, nonché un proliferare di scuole e collegi religiosi, che fecero della città “un polo di conoscenza e un focolaio di agitazione intellettuale”. Il fenomeno della nahdah, nato anche e soprattutto dal contatto e dallo scambio di idee tra Oriente e Occidente, attirò un gran numero di intellettuali europei a Beirut e diede vita a quello che Kassir chiama tafarnuj tradotto con il termine mimetismo: una imitazione ideologica e culturale degli stili di vita europei che, successivamente, diventerà l’imitazione degli stili di vita di un paese in particolare: la Francia.

Nel capitolo “Grande Libano e Piccola Parigi” l’intellettuale libanese descrive i cambiamenti culturali concreti portati dal mimetismo: dall’utilizzo della forchetta, all’abbigliamento femminile, alle domeniche consacrate all’ippodromo. Il mimetismo influirà soprattutto sulla lingua che, nel parlato quotidiano, assorbirà una quantità enorme di termini francesi dando vita ad espressioni “meticce” come 'merci ktir' (grazie tante) o 'pardon minnak' (mi scusi) che sono una specificità del dialetto libanese e beirutino.

Dopo la fine del mandato, nel periodo d’oro di Beirut, anche chiamata “la Svizzera d’Oriente” Kassir ancora una volta punta il dito soprattutto su una politica del laissez-faire in ambito urbanistico che aveva trasformato la città in un agglomerato di immensi palazzoni “le cui decorazioni facevano a pugni tra loro”. Le periferie si erano ingrandite a dismisura e i quartieri erano già chiaramente delineati secondo le specifiche coloriture confessionali. L’urbanistica beirutina descritta da Kassir in questi capitoli è esattamente uno dei motivi che porteranno il poeta Adonis a definire Beirut una “non città” in quanto popolata da comunità “a-sociali” (la-igtima’iyya) basate solo sull’individualismo e l’egoismo, “chiuse con il filo spinato all’interno delle loro tradizioni”*.

Samir Kassir conclude il suo saggio con gli avvenimenti della guerra civile e dell’occupazione israeliana, a cui volutamente non dedica troppo spazio. La costituzione dei partiti falangisti, la questione dei profughi palestinesi e la pastoia del confessionalismo: nulla o quasi di ciò che porta alla guerra è ignorato, ma la guerra propriamente detta è trattata solo come uno sbocco, per quanto non ineluttabile. Kassir, infatti, ci spiega che narrare della città in guerra avrebbe snaturato quella che era l’idea del libro: il quale come storia della città, è la storia di una civiltà, magari da reinventare, e non quella della sua morte.

In conclusione, Beirut di Kassir è un vero e proprio viaggio nella storia di questa città, e come un vero viaggio non può essere intrapreso senza una penna, un taccuino e una mappa…

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* Beirut, la non città, Adonis, Medusa, 2007

lunedì 8 luglio 2013

Da Editoriaraba - Tunisia in viaggio


Qualche settimana fa avevo lanciato un post sulla letteratura di viaggio a cui avete risposto numerosissimi. Qualcuno si era giustamente accorto che tra i suggerimenti avanzati una delle grandi assenti era la Tunisia. Rimediamo oggi con questo post scritto dalla giornalista Ilaria Guidantoni, già autrice di diversi libri proprio sulla Tunisia, tra cui ricordo l’ultimo: Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi: viaggio in una società che cambia (Albeggi, 2013).


di Ilaria Guidantoni

In Tunisia molto forte è l’inclinazione alla saggistica e in particolare ai temi storico-politici, che hanno subito una vera e propria esplosione dopo la rivolta del 14 gennaio 2011.

Possiamo cominciare a conoscere il Paese partendo dai testi che ci raccontano la terra tunisina.

Immancabile è Proverbes de Tunisie, di Tahar Fazaa, Apollonia éditions: una raccolta di proverbi che hanno una forte dimensione culturale.


Il testo integrale su Editoriaraba

Editoriaraba - Gli eventi letterari di Tangeri: incontro con Mahi Binebine


Sabato pomeriggio alla Librairie Les Insolites di Tangeri lo scrittore e artista marocchino Mahi Binebine (Marrakech, 1959) ha presentato il suo ultimo romanzo Le Seigneur vous le rendra (ed. Le Fennec, 2013). Narrato in prima persona, questo romanzo è “l’incarnazione di un Marocco popolare e pieno di risorse”.
Binebine è autore di numerosi romanzi, alcuni dei quali tradotti in inglese, spagnolo, coreano, arabo e polacco; in italiano è apparso per le Edizioni Barbés nel 2008 Cannibali, traduzione a cura di Paola Checcoli.
Il suo Les Etoiles de Sidi Moumen (Flammarion, 2010) ha vinto il Prix du Roman Arabe e il Mamounia Literary Prize of Marrakech.
Alcune delle sue opere d’arte sono esposte al Guggenheim di New York.

giovedì 4 luglio 2013

Editoriaraba - A Tangeri, tra café e la Beat Generation


Editoriaraba è sbarcata in Marocco, a Tangeri, la città bianca, ventosa, internazionale, la città che dista solo 14 chilometri dalla costa spagnola.

Tangeri (Tanja in arabo) fu la città che ospitò, negli anni in cui fu dichiarata “zona internazionale”, prima dell’indipendenza del Marocco nel 1956, tantissimi stranieri tra artisti, intellettuali, spie, esiliati, speculatori finanziari e personaggi eccentrici di ogni tipo.

Fu forse la sua aria distratta e accogliente, tipica delle città che si affacciano sul mare, ad attirare questa “marmaglia” colorata ed eclettica.

Tra di essi non possiamo non menzionare gli scrittori della Beat Generation come Paul Bowles, Jack Kerouac e William Burroughs, che passarono diverso tempo a Tangeri animandone la vita culturale e inspirando l’anima intellettuale locale.

I caffè e le vie di Tangeri portano ancora il segno della presenza di questi intellettuali: nell’Hotel el-Muniria soggiornarono Ginsberg e Kerouac, mentre Burroughs vi ambientò il suo Pasto Nudo. Quest’ultimo amava trascorrere del tempo al Café Central, che si affaccia sul Petit Socco e che ancora oggi è il ritrovo degli stranieri di passaggio a Tangeri (tra l’altro si gusta un ottimo espresso anche se un po’ caro). All’Hotel Continental, affacciato sul (nuovo) porto, Bertolucci ambientò parte del film tratto dal romanzo di Bowles Il tè nel deserto.

Dal Café Hafa, dalle cui terrazze a picco sul mare si sorseggia un ottimo tè alla menta (una specie di istituzione), sono passati sia Bowles sia i Rolling Stones.

Il Gran Cafè De Paris invece fu il teatro principale del salotto letterario durante il periodo dell’Interzona, frequentato da Tennesse Williams e Truman Capote.

Tangeri è ancora oggi una città vivace dal punto di vista culturale anche se, forse, potrebbe esserlo di più. Vi saprò dire meglio nelle prossime settimane, visto che ci rimarrò fino alla fine del mese di agosto.

XXI FESTIVAL SETE SÓIS SETE LUAS


Un'estate di anteprime nazionali: un tuffo nelle correnti culturali del Mar Mediterraneo 

A Pontedera (PI) dal 15 al 19 luglio

Il Festival Sete Sóis Sete Luas, giunto alla sua XXI edizione, continua la propria missione culturale lungo le vie del mondo mediterraneo e lusofono rinnovando continuamente la sua programmazione. L'estate di Pontedera si distingue per cinque concerti in anteprima nazionale, cinque serate imperdibili al Centrum Sete Sóis Sete Luas, eventi inediti che condurranno il pubblico lungo un pellegrinaggio musicale, e non solo, che passerà attraverso Spagna, Portogallo, Capo Verde e Istria coinvolgendo l'intero universo culturale lusofono e Mediterraneo. Mobilità delle arti, degli artisti, e del pubblico, multiculturalismo e cooperazione culturale sono i principali motori dell'attività del Festival Sete Sóis Sete Luas, che anche in questa edizione si pone l'obiettivo di integrare e intrecciare tra loro i destini culturali dei paesi del mondo lusofono e mediterraneo. Musica e arte, linguaggi liberi, trasversali e universali, diventano occasione di dialogo e incontro con altri modi di essere.

Think Globally, Eat Locally – Pit-stop all'art Art Café Sete Sóis Sete Luas
Il dialogo e la comprensione tra le diverse culture, obiettivo primario del Festival Sete Sóis Sete Luas, passa anche per lo stomaco. Cibi, bevande, odori e sapori del mondo per esplorare la storia, l'identità e il patrimonio culturale e artistico dei paesi che fanno parte della rete del Festival Sete Sóis Sete Luas. All'art café del centrum potrete sentire l'aroma del caffè di Capo Verde, sorseggiare il Vinho Tinto Alentejano, il Moscato di Frontignan, vibrare per il sapore forte della Palinca romena o del limoncino di Oristano, sperimentare il gusto salato del Caju brasiliano, addolcire il palato con miele delle Azzorre e condire il tutto con dell'ottimo olio dell'Istria.

I Concerti – Anteprime nazionali
Si aprono le danze Lunedì 15 Luglio con Miguel Cañas, ballerino e coreografo Andaluso con una vasta esperienza nel mondo della danza e del Flamenco. È stato primo ballerino della Compagnia Paco Romero nel 1987 e nella Compagnia Teatro di Danza Española Luisillo, e attualmente è il primo ballerino del tablao “El corral de la Morería” a Madrid, considerato il più grande tablao di flamenco del mondo. Maestro di Flamenco di fama mondiale, ha tenuto lezioni in tutto il mondo e partecipato come attore e coreografo a diversi spettacoli. Prima di cimentarsi nel suo tour mondiale in autunno, che lo porterà fino in Giappone, Miguel promette di sedurre il pubblico di Pontedera con un'esibizione carica di atmosfere iberiche.
Martedì 16 Luglio preparatevi per un'immersione nel Mediterraneo con la Orient.7Sóis.Orkestra, produzione originale del Festival Sete Sóis Sete Luas. Alla ricerca di punti di incontro tra le tradizioni occidentali e orientali, la Orient.7Sóis.Orkestra, magistralmente diretta dal musicista portoghese Rão Kyao – ambasciatore della musica portoghese nel mondo, e vincitore di due dischi d'oro e di platino – mistura le origini musicali dei suoi componenti, sintetizzandole armoniosamente in una serie di brani inediti carichi di energia e memorie mediterranee. Si crea così un'intesa tra correnti culturali di diversi paesi del mediterraneo: le anime più orientali dell'orchestra,  Marko Kalcic dalla Croazia al basso e Kelly Thoma dalla Grecia con l'inconfondibile suono della lira di Creta, si fondono con la voce profonda dell'algerino Salim Allal, con le vibrazioni della chitarra dello spagnolo Miguel Angel Ramos, e con il vigore della batteria del portoghese Ruca Rebordão. La Orient.7Sóis nella sua tappa pontederese sarà  accompagnata in alcuni brani dagli allievi dell'Accademia della Chitarra S. Tamburini & Co., collaborazione che si inserisce nel progetto della “Tavola della Musica”.
Una vera e propria missione culturale quella dei Galandum Galundaina, che si esibiscono Mercoledì 17 Luglio per portare a nuova vita i suoni delle loro origini. Si tratta di gruppo di musica tradizionale mirandese creato con l'obiettivo di raccogliere, investigare e divulgare il patrimonio culturale delle terre di Miranda. La carriera musicale dei Galandum Galundaina, iniziata nel 1996 nell'estremo nord del Portogallo, rappresenta il ponte temporale tra l’antica generazione di musicisti e la generazione più giovane, assicurando la sopravvivenza, la trasmissione e l'evoluzione della cultura di questa antica regione portoghese. A cavallo tra passato e presente, tra tradizionale e moderno, gli strumenti usati dai Galandum Galundaina sono riproduzioni manufatte di strumenti molto antichi, che mantengono le sonorità tipiche degli originali.
Giovedì 18 Luglio, Mariana Ramos, grazie alla sua grande capacità interpretativa, porterà a Pontedera le esperienze musicali di Capo Verde. L'incontro con Teófilo Chantre, compositore di Cesaria Évora, e Nazalio Fortes, entrambi capoverdiani, intensificherà l'interesse di Mariana nei confronti del suo paese d'origine, fino a caratterizzare la sua intera produzione musicale indirizzandola verso i suoni e la cultura di Capo Verde. Da qui inizia il cammino verso la notorietà, che porterà Mariana a essere riconosciuta non soltanto dalla comunità capoverdiana, ma anche a livello internazionale, cantando in Francia, Africa, Italia e Grecia. Le sonorità che Mariana predilige sono ritmate, con arrangiamenti che appartengono alla tradizione capoverdiana, e che valorizzano con grande eleganza la voce soave di questa autrice e interprete che rappresenta al meglio la cultura dell'arcipelago di Capo Verde.
Dall'Istria, sull'altra sponda dell'Adriatico, proviene il musicista Franko Krjakar che si esibirà Venerdì 19 Luglio. Così come l'Istria è terra d'incontro di lingue ed etnie diverse, la musica di Franko, frutto di una vasta ricerca etnografica, si colora di complesse sfumature culturali. Partendo dallo studio delle identità culturali e musicali tipiche della tradizione croata, con cui mantiene un forte legame, Franko rompe i confini della musica popolare senza stravolgerli, riuscendo a creare composizioni moderne ma ricche di richiami al passato. Formatosi a Pula come musicista professionista, ha vissuto e suonato per diversi anni in Svizzera, collaborando con molti musicisti europei. Suonando in modo alchemico innumerevoli strumenti classici, Franko fonde atmosfere, memorie ed emozioni, facendo vivere, attraverso la propria musica, tutto l'universo simbolico della Croazia.

Laka espone in anteprima nazionale al centrum di Pontedera
15 Luglio – 15 Settembre
Nuova esposizione al Centrum Sete Sóis Sete Luas di Pontedera, che ospiterà le opere dell'artista Basco Laka. José Javier Lacalle Vásquez, detto Laka, nasce nel 1952 ad Amorebieta-Etxano, Bizkaia, un piccolo comune dei Paesi Baschi. Il periodo più intenso della sua attività artistica sono gli anni ´70, durante i quali espone con regolarità e riceve numerosi premi. Le sue opere si caratterizzano per una componente fortemente ludica, e per un uso sapiente dei cromatismi. All'interno degli scenari surrealisti tipici delle sue opere, prendono vita figure stilizzate, primitive e quasi ancestrali, tratteggiate con grande maestria e capaci di rievocare le peculiarità del territorio e delle atmosfere dei Paesi Baschi.

IL FESTIVAL
Il Festival Sete Sóis Sete Luas (www.7sois.eu), che gode del prezioso sostegno della Regione Toscana, della Provincia di Pisa e del Comune di Pontedera quest’anno compie 21 anni (1993-2013) e non si ferma: il suo viaggio culturale tra epoche, stili e continenti continua, raggiungendo ogni anno orizzonti del mondo mediterraneo e lusofono sempre più lontani.
Il Festival Sete Sóis Sete Luas nasce nel 1993, inaugurando un positivo e costruttivo scambio culturale tra Italia e Portogallo che nel tempo si è aperto a nuove realtà fino a diventare, oggi, una rete culturale che comprende più di 30 città di 13 diversi paesi del mondo mediterraneo e lusofono:  Brasile, Capo Verde, Croazia, Francia, Grecia, Israele, Italia, Marocco, Portogallo, Romania, Spagna, Slovenia e Tunisia. Il Festival coinvolge più di 400 artisti, promuove ogni anno oltre 150 concerti di musica popolare contemporanea accompagnati da esposizioni di arte plastica, attirando una platea cosmopolita di più di 200.000 spettatori. Le città italiane che fanno parte della rete del Festival sono: Pontedera (PI), Montelupo Fiorentino (FI), Moncalieri (TO), Mascalucia (CT), Pollina (PA), Oristano, Genazzano (RO) e Roma.

Programma:
Lunedì 15 luglio – Miguel Cañas, Spagna
Martedì 16 luglio – Orient.7sóis.Orkestra, Mediterraneo
Mercoledì 17 luglio – Galandum Galundaina, Portogallo
Giovedì 18 luglio – Mariana Ramos, Capo Verde
Venerdì 19 luglio – Franko Krajkar, Croazia
Cortile del Centrum Sete Sóis Sete Luas, Viale Rinaldo Piaggio 82, Pontedera
Ore 22:00 - Ingresso Libero

Esposizione Laka
15 Luglio – 15 Settembre
Centrum Sete Sóis Sete Luas, viale Rinaldo Piaggio 82, Pontedera
Entrata Libera