sabato 13 ottobre 2012

Mediterraneo

Il Mediterraneo rappresenta per il mondo occidentale, universo vasto e variegato, quanto mai articolato, la culla della civiltà. Oggi questo lago salato, per dirla con Pedrag Matveiević, è una pozza di sangue.
Senza sogni utopistici o missionari, scevri da progetti politici e culturali totalizzanti, presunzioni ataviche, questo spazio nasce dal desiderio di riscoprire il mare nostrum come una dimensione iscritta indelebilmente nel dna di tutti coloro che ne sono bagnati o ai quali giunge comunque la brezza e il sapore del sale. La mia convinzione profonda è che esista un comune denominatore non banale per i popoli mediterranei che presentano nelle loro storie un fil rouge, la "mediterraneità". Il primo passo da compiere è la presa di coscienza di questa ricchezza di un'unità nella declinazione di infinite differenze, strumento di pace, l'unico efficace il resto verrà. L'approccio è dettato dalla curiositas quale motore dell'uomo. Qui è nato il pensiero filosofico secondo i canoni della struttura che ha sostenuto la storia e il destino dell'Occidente; qui sono nate le tre religioni del libro; qui ancora è nata la civiltà classica.
Nel processo di riscoperta non si tratta solo di condurre il lavoro di storici, tutt'altro; quanto di ripensare il Mediterraneo come un bacino chiuso nel segno della circolarità, dell'assemblea, del lògos come ascolto, accoglienza, raccogliemento, oltre che come parola che afferma, pensiero logico. E ancora, l'idea è che il Mediterraneo non abbia dei punti cardinali definiti una volta per sempre soprattutto tra nord e sud. L'orientamento potrebbe essere capovolto. Chiunque vorrà affacciarsi a questo spazio e parteciparvi, presentandosi, sarà invitato a mettersi dalla parte dell'altro, del suo vicino di casa o del suo dirimpettaio. Lo spazio è disponibile non solo per 'dire' quanto per 'ascoltare', chiedere, proporre. Non c'è un'esclusione, solo un prendere la parola. Il mio cammino parte dall'invito rivolto a quanti coloro conosco direttamente o indirettamente e che si occupano di Mediterraneo, in primis, giornalisti, scrittori, artisti, politologi, artisti, viaggiatori e militanti.
Per chi ha studiato l'Ecole des Annales, la parola 'mediterraneo' si associa spontaneamente all'opera imponente di Fernand Braudel, La Mediterranéè, che ha rivoluzionato il modo di concepire la storia e che ha posto l'accento su un territorio piuttosto che su un personaggio, nella fattispecie Filippo II. Ora, se la mia geografia mediterranea è fatta soprattutto di voci e di storie di uomini, mentre monumenti e paesaggi restano sullo sfondo; vero è che sono le discussioni e le emozioni corali, le singole storie di persone qualunque e non dei soliti noti a interessare questo spazio. Ne' I tempi della storia, lo storico francese Braudel scrive: "E' scrivendo il libro sul Mediterraneo che sono stato portato a dividere il tempo della storia secondo le sue diverse velocità, secondo le sue differenti temporalità. Allo stesso modo, alla lunga durata non ci ho mai pensato prima di dover scrivere il libro sul Mediterraneo. Ugualmente, la globalità, la storia globale che io sostengo, mi si è imposta a poco a poco.  E' una cosa estremamente semplice, tanto semplice che la maggior parte dei miei colleghi non mi capisce.... La globalità non è la pretesa di scrivere una storia globale del mondo. Non si tratta di una pretesa così puerile, simpatica o folle. E' semplicemente il desiderio, all'atto di affrontare un problema, di oltrepassare sistematicamente tutti i limiti", perché - condivido e in parte aggiungo io - non esistono frontiere definite e definitive, muri di cinta così alti da non poter essere scavalcati. Non capiremmo mai noi stessi e non ci salveremmo se non perdendoci nell'altro. Altrimenti il rischio è un modello totalizzantee omologante che prima o poi sarà rovesciato dalla collera dei popoli o nell'implosione.

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