giovedì 14 febbraio 2013

Grecia: il silenzio ipocrita di un'Italia che vede solo urne


di Francesco De Palo

Chissà se qualcuno scriverà mai la parola fine su questo vero e proprio teatro dell’assurdo che sta andando in scena in Grecia. Dove, sebbene salari e pensioni siano stati "tagliati" per quattro volte in due anni da un memorandum suicida della troika, la corsa agli armamenti non si ferma. Anzi, raddoppia. Dal governo conservatore di Nea Dimokratia ma retto da altre due “gambe” anomale con socialisti del Pasok e sinistra democratica del Dimar, è stato dato l'ok all'ordine da dieci miliardi di euro per il 2013, tra carri armati, aerei e fregate. Con il radicale Alexis Tsipras rimasto l’unico ad alzare il dito per eccepire su scelte drammatiche e a fare opposizione seria in un parlamento assoggettato ai desiderata franco-tedeschi (si veda alla voce Siemens). Senza dimenticare uno dei maggiori produttori greci di armi, Russios, che casualmente è il parente dell’ex ministro delle Finanze Papacostantinou finito e poi depennato dall’illustre politico socialista nella lista Lagarde, l’elenco dei duemila evasori che hanno portato fuori dall’Ellade svariati miliardi di euro, direzione Svizzera. E che è stata pubblicata per la prima volta dall’inchiesta Kostas Vaxevanis, per questo arrestato e processato per direttissima. Non è la sceneggiatura del nuovo film di James Bond, dal titolo obbligato "Default". Ma la realtà. Dove i riverberi della crisi stanno terremotando tutte le fasce sociali tranne si super ricchi: le fabbriche abbandonate, le famiglie che tornano a costruire pollai nel giardino di casa per fare agricoltura, le università che si svuotano, le auto lasciate sul ciglio della strada senza targa (per non pagare l'assicurazione sempre più salata), le Camere di Commercio ridotte al nulla. E gli aspetti "sociali": i neonazisti di Alba dorata all'11% che fanno le ronde contro gli immigrati e allestiscono banchetti di cibo per soli poveri greci, i gruppi di anarchici che tornano allo scontro armato con la polizia.
Ma il dato più inquietante di un panorama così crudo e che è sinonimo di macelleria sociale, è dato da un Paese sordo al mondo, a quell'Italia che ha negli occhi solo le urne e si disinteressa del resto. Insomma, un pugno in faccia.

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