lunedì 2 settembre 2013

Editoriaraba - “Al-haraka baraka”, cinque scrittori, una primavera, quale futuro?


“Tutto passa” (كــلُّ حــــالٍ يـــزول ) di Mouneer Alshaarani

Chi meglio di uno scrittore sa interpretare il presente e immaginare il futuro? Chi meglio di uno scrittore può leggere i segni, raccogliere il dolore, farsi portavoce di un dramma? Chi meglio di uno scrittore può alleviare le sofferenze del proprio paese parlando di speranza, futuro e ottimismo?
Questo fine settimana sul sito della BBC World Service, all’interno del programma Newsday, cinque scrittori provenienti da Siria, Libia, Egitto, Tunisia e Yemen hanno proposto una loro personale chiave di lettura sugli eventi in corso, su ciò che è accaduto nel proprio paese negli ultimi 2-3 anni e hanno provato a immaginare come potrà essere il futuro.
Le visioni degli autori differiscono sensibilmente le une dalle altre e forse, anche senza sapere di che nazionalità erano, non sarebbe stato impossibile indovinare il loro paese di provenienza.

Samar Yazbek – Siria
Per l’autrice di Lo specchio del mio segreto e Il profumo della cannella, è molto doloroso parlare di quanto sta accadendo in Siria, perché la realtà ha ormai di gran lunga superato la fantasia più crudele. Questa realtà siriana di oggi e di ieri è talmente orribile da essere indicibile e l’uomo, di fronte alla barbarie compiuta da un altro uomo, nulla può, nulla è.
"The extent of the barbarity that exists in this world is beyond anyone’s imagination. What I have seen I cannot describe. Reality is more gruesome than anything the mind can conjure".

Ghazi Gheblawi – Libia
Per il co-fondatore di Libya al-Youm, nella Libia post-Gheddafi si guarda al futuro con un misto di apprensione, speranza e ottimismo. Forse il viaggio verso un futuro migliore e più giusto sarà arduo ed accidentato, ma nonostante le difficoltà, ne sarà valsa la pena una volta arrivati.
"We might be allowed to be angry, upset or frustrated, but we are not allowed in our loathsome disappointment to lose hope. Without hope, we wouldn’t be able to lift ourselves from our legacy of despotism, social stagnation and the carcasses of lost opportunities".

Sara Khorshid – Egitto
Nonostante i tragici eventi dell’ultimo mese, secondo Khorshid la rivoluzione non ha perso del tutto: si tratta solo di ritrovare la slancio iniziale. Coloro i quali sono ancora fedeli agli ideali del primo periodo devono rimanere uniti e lottare contro tutte le forme di autoritarismo, sia esso militare o religioso.
"The mission of those still loyal to the revolution must be to stand up against the army’s brutal crackdown on Muslim Brotherhood members – a crackdown that goes against everything the revolution called for".

Samar Mezghanni – Tunisia
Cronache di doloroso pessimismo arrivano invece dal paese che ha dato il via alle rivolte nei paesi arabi. Secondo la giovanissima autrice (classe 1988), le cose non vanno affatto bene in Tunisia e la colpa è in parte dei tunisini, ma soprattutto dei leader al potere. Non molto è cambiato da quando Ben Ali è stato mandato a casa, e la rivoluzione non è finita, non ancora.
"We found out that the people we recognised as leaders are not offering us a vision, are not uniting us and are not taking the lead about the future of our country".

Farea al-Muslimi – Yemen
Lo Yemen è ancora impantanato in uno stallo economico e politico, tuttavia l’autore intravede alcuni spiragli di luce. Primo tra tutti, la mancata salita al “trono” presidenziale del figlio dell’ex presidente Saleh (mai del tutto scomparso dalla scena). E se è vero che al-haraka baraka (il movimento è benedizione), il futuro dovrà essere per forza più promettente del presente.
“Al-Harka barka, a popular phrase goes, pointing to the sky, “Movement is a blessing.”Directing my gaze at the stirrings of political power players, rather than cloud activity, I tend to view Yemen’s future in much the same way".

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