Dall’Italia, soprattutto dalla Sicilia, dopo l’Unità d’Italia molti partirono verso le Americhe e più spesso verso la Tunisia, ad una notte di mare, dove nel corso dei secoli soprattutto da Genova, Livorno, in parte da Napoli, oltre che dalla Spagna, molti si erano già trasferiti. Tanti Siciliani vi arrivarono da clandestini per fare mestieri umili, fabbri, falegnami, ma anche panettieri, barbieri. La comunità italiana si inserì bene nel Paese anche se gradualmente i Francesi cercano di francesizzare questo gruppo, di gran lunga il più numeroso rispetto al mondo europeo (rispetto a Maltesi, Greci, Russi e gli stessi Francesi) a cominciare delle scuole: furono chiuse quelle italiane e la popolazione fu costretta a imparare il francese.
Non a caso si è detto che la Tunisia era un protettorato italiano amministrato dai francesi. Il risultato dopo la proclamazione della Repubblica tunisina? Per molti Italiani in Tunisia da generazioni, com’è il caso della scrittrice Pendola, l’Italia era ormai una terra straniera della quale non conoscevano la lingua. Dopo il 1956, com’è logico che sia il Paese, come tutti i Paesi che arrivano all’Indipendenza con un percorso faticoso e doloroso, geloso della propria indipendenza, impose una scelta agli stranieri, diventare cittadini tunisini o partire. Gli Italiani se ne andarono nella maggior parte dei casi, scegliendo la Francia alla quale in fondo si sentivano più vicina, o la terra, sconosciuta, dei propri avi. Gli Italiani furono emarginati, revocate le licenze dei tassisti, rese precarie quelle dei commercianti, espropriati delle proprie campagne (come accadde ai nonni di Marinette) con la nazionalizzazione delle terre. Quello che emerge dal libro come da altri racconti che ho sentito direttamente, è la tristezza, la desolazione, lo smarrimento degli Italiani in partenza con i traghetti da’ La Goulette (la zona del porto della Capitale tunisina, quartiere dei Siciliani e dei Maltesi e degli Ebrei), verso Palermo e quindi Napoli e poi i campi profughi, la domanda che resta senza risposta di essere d’improvviso considerati stranieri. Non si avverte però avversione verso la Tunisia, della quale si comprende il comportamento, quanto piuttosto il disagio provato una volta arrivati in Italia. Emerge il senso della miseria della campagna romana, di sentirsi gli ultimi, e l’estraneità alla lingua.
Il libro scorre veloce attraverso gli occhi di una bambina, in qualche modo la stessa Marinette, e il suo sogno di andare al nord, vissuto attraverso gli occhi della mamma; la ricerca di nuovi punti di riferimento, gli sforzi, gli ostacoli e il ruolo fondamentale della scuola quando ancora gli insegnanti oltre che informatori erano educatori. Tre generazioni di donne si misurano con sensazioni diverse legate a una fase differente della vita. Una storia vicina e lontana ad un tempo che, all’indomani della pubblicazione dei numeri del Mediterraneo, 3.419 vittime nel 2014, fa riflettere.
La traversata del deserto
di Marinette Pendola
Arkadia/narrativa
Euro 13,00
Nessun commento:
Posta un commento