martedì 16 luglio 2013
La nuova bozza costituzionale tunisina: un’analisi critica (da Il Corriere di Tunisi)
a cura di Pietro Longo, ricercatore in Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici all’Università di Napoli l’Orientale e Vice Presidente del Centro Italiano di Studi sull’Islam Politico (CISIP).
Introduzione
Questa analisi è basata sull’ultima bozza costituzionale elaborata dall’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) tunisina in maggio e siglata dal Presidente dell’Assemblea, Mustafa ben Jafar, il primoo giugno scorso. La bozza è stata preceduta da ben tre progetti, presentati a partire dall’agosto del 2012. I principali nodi di disaccordo tra i deputati costituenti erano le-gati alla natura dello Stato, al ruolo che la religione avrebbe posseduto nel nuovo ordinamen-to, alla formulazione di alcuni diritti e libertà e, infine, all’aspetto istituzionale legato al di-lemma presidenzialismo/parlamentarismo.
Il partito islamico moderato al-Nahda, forte della maggioranza relativa di deputati di cui gode (89 su 217 seggi pari al 41% dei voti ottenuti alle elezioni dell’ANC) ha avuto un peso decisio-nale di certo preponderante ma non esclusivo. Il timore della società civile, più volte espresso sotto forma di manifestazioni e scioperi, riguardava la possibilità che proprio l’anima islamica del partito di maggioranza avrebbe attratto a sé le posizioni dei partiti secolari come Ettakatol e il Con-gresso per la Repubblica (CPR), in materie quali la natura confessionale dell’ordinamento o la mo-difica dello statuto personale. Al-Nahda ha dimostrato, tuttavia, una profonda coerenza e duttilità in molteplici occasioni: durante la campagna elettorale, uno dei fondatori e teorici del partito, lo Sha-ykh Rashid al-Ghannouchi, aveva affermato che non sarebbe stata apportata alcuna modifica allo statuto personale, adottato durante il governo di Habib Bourghiba e emendato nel 1993 da Ben ‘Ali. Allo stesso modo era stata scongiurata l’eventualità di inserire il richiamo alla shariʻa tra le fonti del diritto, sebbene alcune frange più radicali di al-Nahda avessero esercitato pressioni in senso contrario. In ultimo, dopo le dichiarazioni riguardanti la volontà di perseguire una politica di gender equality già nella composizione dell’ANC, al-Nahda è stato rappresentato da 48 uomini e 41 donne, mentre CPR e Ettakatol potevano vantare soltanto 5 e 3 deputati donna rispettivamente.
Iyadh ben Achour, uno dei massimi giuristi tunisini, ha recentemente espresso parole di apprezzamento in merito alla bozza di seguito analizzata, sottolineando come le specificità sociali della Tunisia, non solo sono state salvaguardate, ma vengono anche rispecchiate dal dettato costitu-zionale. Al-Nahda, secondo Achour, ha compreso i vantaggi derivanti dall’edificare il nuovo Stato su basi civili piuttosto che religiose in senso stretto, evitando quindi la possibilità di appro-dare a derive simili al modello statale iraniano o saudita. Ciò rispecchia, probabilmente, le posizioni teoriche di al-Ghannouchi relative allo “Stato islamico”, che lungi dall’essere un monolite precon-fezionato, è un’entità che accoglie a sé gli istituti della liberal-democrazia pur non rinunciando all’identità confessionale. Secondo lo stesso intellettuale, che ha avuto modo di conoscere la storia costituzionale europea durante il suo esilio londinese, in terra d’Islam non si tratta di dover libe-rare lo Stato dalla religione ma, al contrario, di liberare la religione dallo Stato, da quei legacci di un secolarismo forzoso che, estraneo alla cultura islamica, è un lascito dell’epoca coloniale. Lo Stato islamico è quello in cui la moschea è restituita alla comunità e diviene il luogo prediletto dell’interpretazione giuridica (ijtihad) delle fonti primarie del diritto islamico (Corano e sunna) in modo da rompere la fissità di quella che al-Ghannouchi stesso chiamava la “religiosità tunisina tra-dizionale”.
Certo, la bozza costituzionale innalza l’Islam a religione ufficiale e, in alcuni passaggi, sembra conferirgli posizione preminente con conseguenze che soltanto i tempi dell’interpretazione giuridica potranno chiarire. Come nella Costituzione del 1959, il Presi-dente della Repubblica deve essere un musulmano, fatto che lede la possibilità per i praticanti di altre fedi o per gli atei dichiarati di ascendere a uno dei massimi verticidell’esecutivo. Ma non è forse questa una situazione analoga a quella della Norvegia, la cui Costituzione stabilisce la religione evangelica luterana come religione ufficiale dello Stato (art. 2 Cost.), protetta dal Re (art. 4) e alla quale sono tenuti ad aderire almeno la metà dei membri del Parlamento (art. 12)? Il Re inoltre, previa consultazione con il Parlamento, nomina le cariche ecclesiastiche(art. 21). Nel Regno Unito la successione dinastica è regolata dall’Act of Settlement che, tra le altre cose, impedisce a una persona di fede cattolica romanadi ascendere al trono né il re può sposare una cattolica. Il re deve anche giurare di proteggere la chiesa inglese e quella scozzese.
Ciò che è certo è che le cosiddette “rivolte arabe” hanno aperto una nuova ondata di costituzio-nalismo islamicoche, sebbene sia imprevedibile nei risultati di lungo periodo, rappresenta, almeno sul piano giuspubblicistico, una brusca rottura con il passato e una grande opportunità per la transi-zione democratica di tutta l’area araba mediterranea.
Il Preambolo
La bozza costituzionale inizia con un breve preambolo che funge da manifesto programmati-co. Vi sono condensate, infatti, le molte spinte ideologiche presenti nell’Assemblea Nazionale Co-stituente. Dopo un breve riferimento alla rivoluzione e allo sforzo patriottico dei martiri che hanno sacrificato la propria vita per il benessere della nazione, il secondo paragrafo ha un carattere marca-tamente islamico: la carta si fonda sugli insegnamenti dell’Islam (taʻalimislamiyya) e su i suoi scopi (maqasid) come anche sui diritti e la dignità dell’uomo. A essere rivendicata è l’identità arabo isla-mica che si è estrinsecata anche nei movimenti di riforma religiosa e in quelli nazionalistici. Il terzo paragrafo richiama i principi basilari dell’ordinamento che è definito come repubblicano, democra-tico e condiviso. Inoltre lo Stato civile (dawlamadaniyya) è basato sullo Stato di diritto e il governo della legge, sull’alternanza ciclica che avviene con mezzi pacifici, il pluripartitismo, la divisione dei poteri, l’indipendenza della magistratura, la garanzia di diritti e libertà, l’uguaglianza tra i cittadini di entrambi i sessi e le prassi di buon governo.
Il paragrafo successivo introduce alcune tematiche internazionali: la Tunisia è integrata, attraver-so cerchi concentrici, nella storia dell’umanità e nello specifico nel contesto arabo e musulmano. Il paese auspica non soltanto l’unione del Maghreb quale prodromo per l’unione araba ma anche la concordia con tutte le genti musulmane e la solidarietà per i movimenti di liberazione e di autode-terminazione, quali il movimento di liberazione della Palestina. L’ultimo paragrafo ribadisce i prin-cipi già enucleati, come il rispetto della volontà popolare o la cooperazione di tutti gli esseri umani e specifica che la Costituzione è sancita nel nome del popolo e con la benedizione divina.
Principi generali
I primi 19 articoli della bozza costituzionale contengono i principi generali sui quali si basa la nuova repubblica tunisina. In particolare sono sanciti i principi relativi alla natura confessionale dello Stato, alla sorgente della sovranità e alla centralità della cittadinanza. Ai sensi dell’art. 1 la Tunisia è un paese libero, indipendente, sovrano, la cui religione è l’Islam, la lingua ufficiale l’arabo e la repubblica la forma di Stato.Questo articolo rimanda agli artt.2 e 3 che lo completano. L’art. 2, infatti, precisa che lo Stato ha natura civile (madaniyya) ed è fondato sulla cittadinanza, la volontà popolare e il governo della legge. La specifica della natura civile dello Stato si deve inten-dere come contrapposta a quella militare e a quella religiosa e teocratica. L’art. 3 ascrive al popolo la sovranità e la funzione di sorgente dei poteri, esercitata in modo indiretto attraverso rappresentan-ti eletti e, in modo diretto, tramite referendum.I tre articoli succitati racchiudono alcuni istituti cen-trali della moderna dottrina costituzionalista, come il principio di sovranità popolare, definito dai modi con cui essa si esercita e la cittadinanza che funge da dispositivo di garanzia perché conferisce i medesimi diritti e doveri a tutti i cittadini. L’art. 5 colloca geograficamente la Tunisia come parte del Maghreb e impegna lo Stato ad adottare le misure necessarie per favorirne l’unità.
L’articolo 6 inserisce in questo quadro alcuni elementi tipici del costituzionalismo islamico che servono a precisare il principio confessionale. Lo Stato, da un lato, è identificato come il protettore della religione (raʻiyya) ma, dall’altro, assicura la libertà religiosa e di pratica dei culti, proteggendo i valori sacri (muqaddasat). Si può notare come il termine din, che indica la religione, è declinato al singolare come nel primo articolo. Benché non sia detto esplicitamente, questi testi possono essere interpretati conferendo una preeminenza all’Islam rispetto alle altre religioni che restano co-munque tutelate e praticabili. Inoltre, se sono menzionate la libertà religiosa e di culto, non si fa allusione a quella di coscienza o di pensiero. A ciò si ricollegala protezione che lo Stato deve garan-tire alla famiglia la cui coesione deve essere mantenuta. Questo articolo si presta a molte interpreta-zioni e la formulazione del costituente lascia trapelare un riferimento ai valori islamici tradizionali che potrebbero essere rivendicati in sede giurisdizionale. L’art. 7, che non a caso è posto subito do-po l’art. che definisce il ruolo della religione nello Stato, sancisce l’obbligo per quest’ultimo di proteggere la famiglia, identificata come l’elemento basilare della società. L’articolo che nella formulazione precedente rendeva la donna complementare all’uomo è stato espunto a seguito delle critiche mosse dalla società civile. Emblematicamente i giovani, indicati all’art. 8 come una forza concreta, sono attori dell’edificio dello Stato che deve incoraggiare lo sviluppo umano con adeguati strumenti. L’art. 9 impone la difesa e il mantenimento dell’unità della patria a tutti i citta-dini, poiché si tratta di obblighi sacri. Il comma successivo impone la coscrizione e demanda alla legge ordinaria di definire le modalità della sua attuazione.L’imposizione fiscale è obbligatoria ma il sistema di tassazione deve essere ispirato a un modello giusto(art. 10). Inoltre lo Stato deve favo-rire l’esenzione fiscale, ove possibile. Questo articolo è completato dagli artt. 11 e 12: il primo im-pone a tutte le cariche più alte uno stipendio adeguato e conforme alla legge, mentre il successivo introduce la cosiddetta costituzione economica. Ai sensi di questo articolo lo Stato deve realizzare gli ideali di giustizia sociale e di sviluppo sostenibile e deve garantire l’equità. Inoltre deve impe-gnarsi a sfruttare con parsimonia le risorse nazionali.
Gli artt. 13-15 fissano le regole generali del governo regionale: il principio di governante è quel-lo del decentramento amministrativo nel quadro di uno Stato unitario (art. 13). La burocrazia, inve-ce, dev’essere condotta nell’interesse dei cittadini e in favore del benessere pubblico (art. 14).Infine l’art. 15 pone allo Stato l’onere di sovvenzionare gli istituti preposti all’educazione.
Gli artt. 16-18 sono deputati alle forze armate che sono sottomesse all’autorità statale e sono preposte a ricercare il benessere generale.Ai sensi dell’art. 18, l’esercito ha il compito di preservare l’incolumità di ogni cittadino.
L’articolo che chiude questa sezione, art. 19, colloca i trattati internazionali adottati con legge del parlamento nella gerarchia delle fonti: essi si trovano in via mediana tra la legge ordinaria, ri-spetto alla quale sono superiori, e la Costituzione rispetto alla quale sono inferiori.
Questo primo gruppo di articoli non presenta una forte impronta islamica e, nonostante sancisca l’Islam come religione di Stato, non richiama la shariʻa, o meglio le fonti del diritto islamico, tra le fonti generali della legislazione, al pari della Costituzione del 1959. Il costituzionalismo tunisino ha evidenziato, ancora una volta, le proprie differenze rispetto a quello degli altri paesi norda-fricani e, sebbene una parte del partito islamico dominante, al-Nahda, abbia supportato la possibilità di inserire il richiamo alla shariʻa, il forte pragmatismo che lo contraddistingue ha consentito il rispetto di quanto promesso in campagna elettorale.
Diritti e libertà
Il capitolo sui diritti e le libertà si apre all’art. 20 sancendo l’uguaglianza di tutti i cittadini e le cittadine nel godimento dei diritti e delle libertà. Inoltre essi sono uguali dinanzi alla legge senza alcuna distinzione. Questo articolo completa l’art. 3 che, qualificando il popolo come la sor-gente dei poteri, gli ascrive alcune prerogative. Il secondo comma impegna lo Stato ad assicurare ai medesimi soggetti diritti e libertà individuali e collettivi e rimuove le cause che proibiscono il rag-giungimento di una vita dignitosa. Tuttavia, in questo articolo, l’uso del termine “cittadini e cittadi-ne” potrebbe porre problemi interpretativi perché esclude gli immigrati clandestini o gli stranieri. L’art. 21 sancisce la sacralità del diritto alla vita. Tale diritto, però, non è dichiarato in maniera as-soluta ma può essere circoscritto nei casi indicati dalla legge. L’articolo seguente sancisce l’habeas corpus cioè l’inviolabilità della persona umana e l’integrità fisica del corpo. Ai sensi del secondo comma sono proibite le punizioni psicologiche e fisiche.Il gruppo dei diritti fondamentali è comple-tato dall’art. 23 che obbliga lo Stato a difenderel’inviolabilità del domicilio e della vita privata, del-la corrispondenza, delle comunicazioni e della privacy. Tali diritti non sono qualificati come inalie-nabili, al pari di quanto avviene in molti altri ordinamenti, e soltanto all’art. 23.2 è previsto un du-plice dispositivo di garanzia che consta della riserva di legge e di quella di giurisdizione. I diritti e le libertà enucleati in precedenza non possono essere ristretti se non nei casi indicati dalla legge ein presenza dell’ordinanza di un giudice precostituito.
Gli artt. 26-29importando alcuni principi rilevanti sotto il profilo penale: il primo (art. 26) ri-guarda il diritto dell’individuo incriminato di costituire una difesa dinanzi a un tribunale legale mentre il secondo (art. 27) formula i principi per cui la responsabilità dei reati è personale e quello di irretroattività della legge penale. Ai sensi dell’art. 28, nessuno può essere fermato o posto in cu-stodia cautelare tranne in caso di flagranza di reato o in presenza di una decisione di un giudice. In entrami i casi, colui che è posto in stato di fermo ha il diritto ad essere rappresentato da un avvoca-to. Inoltre la durata dello stato di fermo è definita dalla legge ordinaria. Sotto quest’ultimo aspetto, le garanzie appaiono limitate dal fatto che il costituente ha devoluto al legislatore la decisione della durata del fermo piuttosto che definire gli estremi in Costituzione. Quanto alla tutela del detenuto, l’art. 29 sancisce il suo diritto a una vita dignitosa e raccomanda allo Stato l’applicazione delle pene corrispondenti ai crimini delineati nel codice penale. Tuttavia il sistema penale tunisino deve curare il benessere della famiglia del detenuto e deve mirare al suo reinserimento nella società.L’art. 30formula la libertà di associazione, specie sotto forma di partiti, sindacati e associazioni. Tuttavia anche in questo caso spetta alla legge ordinaria disciplinare la loro procedura di formazione e dun-que, specifica l’articolo, il modo in cui tale libertà può essere esercitata. Le sole precauzioni costitu-zionali sono la compatibilità di partiti, sindacati e associazioni ai principi generali fissati dalla legge fondamentale, la trasparenza economica e il rifiuto della violenza. Questo punto è stato più volte so-stenuto da al-Nahda che, con riferimento alle formazioni salafite e in generale a tutti i partiti estre-mi, hasottolineato come il discrimine per partecipare al sistema politico nazionale sia soltanto il ri-corso alla violenza. Il diritto alla riunione pacifica e alla manifestazione, previsto dall’art. 31, è anch’esso circondato da limitazioni eccessive e non è sancito in maniera assoluta. Le sue modalità di esercizio sono delegate alla legge ordinaria che ne definisce la procedura. Se ciò da un lato si spiega in ragione delle frequenti ondate di manifestazioni che hanno caratterizzato i due anni suc-cessivi alla caduta del regime di Ben ‘Ali, contribuendo di certo a paralizzare l’economia nazionale, dall’altro il legislatore ordinario potrebbe restringere questo tipo di diritto, complicando l’iter di au-torizzazionedelle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza.
Il gruppo dei diritti sociali inizia conil diritto al lavoro (art. 32) che è ascritto a ogni cittadino e dev’essere facilitato dallo Stato al quale spetta di assumere le decisioni necessarie in questo cam-po. Il diritto all’organizzazione sindacale è garantito dall’art. 33 che completa il precedente art. 30 e prevede anche il diritto allo sciopero. Una riserva di legge definisce le condizioni per fare in modo che lo sciopero non provochi disagi eccessivi e non impedisca l’erogazione dei servizi di cui il cit-tadino ha bisogno.
Il diritto all’educazione, previsto dall’art. 35, è reso obbligatorio almeno fino al sedicesimo anno d’età. Lo Stato s’impegna a rendere effettivo questo diritto in tutti i gradi dell’istruzione ed incoraggia lo studio e la diffusione della lingua araba. Si può notare come il testo non faccia men-zione della religione islamica, la cui diffusione non è quindi appannaggio dello Stato. L’art. successivo garantisce la libertà di ricerca scientifica e impegna lo Stato a supportarla.
Il diritto alla salute, previsto dall’art. 37, è esteso ad ogni essere umano e dunque possiede una portata ben più ampia dei diritti di cittadinanza. Lo Stato ha il compito di attuare, con ogni mezzo, un sistema sanitario adeguato alle esigenze nazionali. Inoltre deve garantire il sussidio alle famiglie disagiate. Il catalogo dei diritti sociali è completato dalla previsione di due tipi di diritti di recente derivazione nella dottrina costituzionale: il diritto all’ambiente e il diritto all’approvvigionamento idrico (artt. 38-39). La Costituzone si limita, però, a menzionarli e non crea nessun tipo di obbligo giuridico in capo allo Stato.
Le libertà di pensiero, parola, opinione, comunicazione e stampa sono garantite da un uni-co articolo, il 40. La pratica di disciplinare queste importanti libertà in un solo articolo è inusuale. Inoltre tali libertà non sono formulate in modo assoluto ma il costituente ha previsto delle restrizioni in base alla necessità di proteggere i diritti e l’incolumità altrui (huquq al-ghayr). In pratica, le li-bertà contenute in questo articolo possono essere esercitate entro i limiti del danneggiamento dei diritti altrui, discrimine che la legge ordinaria ha il compito di delimitare. L’articolo (art. 40.3) proibisce, inoltre, l’esercizio di una censura “a priori” (raqabamusabiqa), aprendo le porte a un’ingerenza successiva da parte delle autorità. L’art. 41 sancisce il diritto alla cultura, inteso sia come la necessità di sviluppare l’estro creativo sia come valorizzazione dell’eredità del passato.
L’art. 42, composto di tre commi, protegge i diritti delle donne. Il primo comma ascrive allo Stato il compito di proteggere le conquiste riguardanti le questioni di genere, con riferimento al-lo statuto personale e all’abolizione della poliginia. Il secondo comma lo impegna a rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione di uguali opportunità e responsabilità tra uomo e donna. In ultimo lo Stato deve reprimere tutte le forme di violenza contro le donne. La formulazione di questo articolo è piuttosto completa anche se il costituente non ha menzionato direttamente il codice civile adottato durante il governo di Habib Bourghiba, tutt’ora vigente, che le forze politiche hanno concordato di non modificare. La sua protezione pertanto non è scontata, ma è soggetta all’interpretazione di questo articolo. Più precisa è, invece, la protezione del fanciullo, ex art. 45. I minori possiedono il diritto alla salute, all’istruzione, alla tutela e in generale alla dignità. Lo Stato assicura l’assistenza legale, sociale e concreta a tutti i minori senza distinzioni. Questa cura speciale può aver risentito dell’influsso del diritto islamicoche conferisce al fanciullo una forte pro-tezione.
Gli ultimi due articoli, a chiusura della sezione deputata ai diritti e alle libertà, riguardano la sfe-ra politica. L’art. 47 sancisce i diritti di voto, di candidatura e di petizione che sono garantiti e rego-lati dalla legge. Tuttavia il testo non aggiunge altro e quindi, sebbene il normale riferimento sia alla legislazione elettorale, essa non ha natura di legge costituzionale, né di legge organica. Infine l’art. 48 riguarda l’asilo politico, anch’esso regolato da un’apposita legge ordinaria. Non si fa alcun rife-rimento alle convenzioni internazionali in materia.
Il potere legislativo
La sezione della bozza costituzionale deputata al potere legislativo si apre all’art. 49, replicando le specifiche che compongono la sovranità popolare: l’autorità legislativa è esercitata dal popolo che si esprime per mezzo dei rappresentanti eletti o, direttamente, tramite referendum. Il parlamento gode di indipendenza amministrativa e economica (art. 51), garantita dall’adozione di regolamenti interni, votati a maggioranza assoluta dei deputati. Inoltre lo Stato si impegna a proteggere in modo particolare i deputati, per favorire il corretto svolgimento delle loro funzioni. L’art. 52 stabilisce le condizioni per avanzare la candidatura: cittadinanza tunisina da almeno dieci anni, il compimento di 23 anni e non aver subito condanne penali. Il diritto di voto attivo invece (art. 53) è attribuito a tutti i cittadinidi nazionalità tunisina che abbiano compiuto diciotto anni. Altre condizioni specifiche so-no devolute all’adozione della legge elettorale. Alla stessa normativa è devoluto il compito di fissa-re le regole con cui si svolgono le tornate elettorali, la Costituzione limitandosi a riportarne il carat-tere generale, libero e segreto (art. 54) e a stabilire la lunghezza del mandato in cinque anni (art. 55). Lo stesso articolo, al comma successivo, prevede la proroga della legislatura precedente nel ca-so in cui sia impossibile svolgere una nuova tornata elettorale in caso di guerra o pericolo imminen-te. Ai sensi dell’art. 58, ciascuna legislatura nomina un Presidente durante la prima seduta e può formare le commissioni previste dai commi successivi. L’opposizione è il fondamento principale del parlamento perché è il pilastro del principio di rappresentanza (art. 59), funzione esercitata sia all’interno che all’esterno del paese. Il voto dei deputati è personale e non può essere esercitato per procura (art. 60).
Il procedimento legislativo è descritto a partire dall’art. 61: l’iniziativa legislativa può essere proposta da un gruppo di almeno dieci deputati. Ad avere il potere di presentare progetti di legge sono anche il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro. Quest’ultimo propone le leggi che riguardano i trattati e la legge di bilancio. Queste specificità si spiegano in ragione della capacità dell’esecutivo di curare problematiche tecniche, data la suddivisione ministeriale. Tuttavia l’articolo in questione distingue tra le proposte di legge (muqtarahat al-qawanin), di competenza dei deputati, e i progetti di legge (mashariʻ al-qawanin) di competenza degli organi esecutivi. L’art. 61.3 da la-precedenza d’analisi ai secondi, discriminando il modo in cui il processo legislativo può essere in-nescato, ai danni dell’organo legislativo. Inoltrele proposte di legge e le proposte di modifica di leggi già esistenti non possono essere accettate qualora comportino un pregiudizio economico per lo Stato. I progetti di leggi fondamentali devono essere votati a maggioranza assoluta mentre basta la maggioranza semplice, non inferiore a 1/3 dei deputati, per quelli ordinari. Il costituente ha operato una differenza tra i due tipi di progetti, specificando prima quelli ordinari (art 64). Vi rientrano le leggi riguardanti la nazionalità; questioni civili e commerciali;le procedure relative a diversi tipi di tribunali; regolamentare i crimini, i delitti, le pene e le irregolarità condotte nei casi di privazione della libertà;amnistia generale; regole e procedure relative ai tributi tranne ciò che è disciplinato dal Primo Ministro attraverso il governo; l’emissione della moneta; i prestiti internazionali; le regole riguardanti gli incarichi supremi dell’amministrazione; la regolamentazione degli introiti; le regole basilari delle amministrazioni civili e militari; la ratifica dei trattati; la legislazione economica e fi-nanziaria compresa la legge di bilancio e le politiche di sviluppo; le leggi riguardanti l’attuazione dei diritti civili e sociali, quali la legge sul lavoro, la sanità pubblica, l’istruzione, la proprietà, la ri-cerca scientifica e la cultura.
I progetti di leggi fondamentali sono identificati in modo residuale e riguardano le seguenti ma-terie: la conformità ai trattati; il sistema giudiziario; la stampa, l’editoria e la comunicazione; il si-stema dei partiti, delle associazioni e dei sindacati; l’ordinamento delle forze armate e delle forze di sicurezza; la legge elettorale; la durata della legislatura parlamentare e della carica del Presidente della Repubblica; le libertà e i diritti garantiti; lo statuto personale; i doveri basilari del cittadino; il sistema decentrato di amministrazione; l’organizzazione delle istituzioni costituzionali. L’articolo si conclude con una previsione ulteriore: quanto non rientra nei due gruppi precedenti, sui quali grava una riserva di legge ordinaria seppur avanzata sotto forma della distinzione tra progetti di legge qualitativamente diversi, è compreso nella potestà regolamentare di tipo amministrativo.
I progetti di leggi fondamentali si possono assimilare alle cosiddette leggi organiche, cioè a quel-le leggi che possono incidere sulla natura dell’ordinamento costituzionale e possono alterare l’equilibrio dei poteri. In ragione di ciò la loro adozione, o modifica, richiede una maggioranza qua-lificata. Si deve notare, tuttavia, che a dispetto di quanto anticipato nel corso della campagna eletto-rale, da parte di tutte le forze politiche, e durante i lavori dell’Assemblea costituente circa il caratte-re non modificabile dello statuto personale, tale materia è contemplata dall’art. 64, aprendo quindi alla possibilità della sua modifica. La legge finanziaria deve avvenire in conformità a quanto stabili-to dalla legge fondamentale di bilancio, votata dal parlamento su proposta del governo, ex art. 65. Ai sensi, poi, dell’art. 66 tutti i prestiti devono essere confermati con legge del parlamento.
L’art. 67 prevede alcune garanzie a tutela dei deputati, nell’esercizio dei loro compiti. Essi non possono essere sottoposti a giudizio civile o penale per le azioni intraprese, i pareri e le proposte re-se, nell’esercizio delle funzioni di rappresentanza. Si deve notare che l’espressione rappresentanza non compare nel testo arabo originale con l’espressione tamthil, ridondante nel lessico pubblicistico islamico, ma con quello di niyabiyya che è frequente nei trattati di fiqho giurisprudenza islamica ove indica l’istituto della procura o rappresentanza degli interessi. Tali previsioni non si applicano in caso di flagranza di reato e il Presidente del Parlamento dichiara interrotto il mandato, se lo ri-chiede l’assemblea. Il voto dei deputati è, dunque, decisivo per le sorti del parlamentare indagato ma tale previsione, se tutela l’indipendenza dell’organo legislativo, può generare anche una forma di abuso dell’immunità.
L’articolo che conclude la sezione relativa al potere legislativo, art. 69, disciplina il caso in cui l’assemblea sia sciolta, al fine di evitare un vuoto assoluto di potere. Questo articolo abilita il Primo Ministro ad adottare dei generici decreti aventi vigore di legge che devono essere ratificati dal par-lamento successivo. Non è specificata la sorte dei decreti non ratificati ma il testo si limita a ag-giungere che la legge elettorale non può essere cambiata.Il secondo comma prevede la possibilità che 3/5 dei deputati deleghino in via temporanea la potestà legislativa al Primo Ministro. Questi a-dotta decreti che devono essere confermati dall’assemblea. Le previsioni di questo articolo sono ec-cessivamente sbilanciate nei confronti del potere esecutivo che, in caso di dissoluzione temporanea del parlamento, è libero di legiferare virtualmente su ogni campo.
Il potere esecutivo
Ai sensi dell’art. 70, il potere esecutivo è bicefalo, dal momento che si compone del Presiden-te della Repubblica e del governo, presieduto dal Primo Ministro. Il Presidente è il Capo dello Stato: assicura l’unità e l’indipendenza della nazione e il rispetto della Costituzione (art. 71). Ai sensi dell’art. 73, la carica in questione può essere conferita a qualunque elettore, uomo o donna, che possieda la cittadinanza tunisina dalla nascita e che professi l’Islam (art. 73). Il candidato deve dimostrare di non aver avuto altra nazionalità e deve aver raggiunto un’età compresa tra quaranta e settantacinque anni. Il Presidente eletto deve essere approvato da un determinato numero di deputati del parlamento, o da parte dei Presidenti dei consigli regionali o, ancora, da parte di grandi elettori, secondo quanto stabilisce la legge elettorale. Il popolo, tuttavia, sceglie il Presidente attraverso ele-zione diretta e segreta a maggioranza assoluta dei consensi (art. 74). La carica dura cinque anni e l’articolo disciplina anche il caso in cui nessuno dei candidati raggiunge una maggioranza assoluta. In tal caso è organizzata una nuova elezione alla quale partecipano i primi due classificati del primo turno. Il costituente ha previsto anche il caso in cui un candidato muoia prima della tornata osia co-stretto da un impedimento permanente. In questo caso la tornata elettorale ricomincia daccapo. Infi-ne è possibile prolungare l’incarico in circostanze straordinarie, secondo quanto disciplina la legge, ma uno stesso Presidente non può svolgere più di due mandati, consecutivi o intervallati.
Il Presidente rappresenta lo Stato e, ai sensi dell’art. 76, stabilisce la politica generale in merito alla politica internazionale, alla difesa e alla protezione dalle minacce interne. A tal fine i suoi poteri sono i seguenti: scioglie il parlamento secondo le modalità descritte dalla Costituzione; presiede il consiglio di sicurezza nazionale; esercita il comando delle forze armate; dichiara guerra e mobilita le truppe previo assenso del parlamento che si esprime con maggioranza dei 3/5; dichiara lo stato di emergenza e assume le decisioni necessarie; ratifica i trattati; nomina alcuni vertici amministrati; concede l’indulto.Il Presidente ha anche il potere di dispensare e revocare le cariche di cui all’art. 77: il mufti, le posizioni apicali dell’amministrazione come quelle legate alla presidenza, le cariche legate all’esercito, alla diplomazia, alle forze di sicurezza, il governatore della Banca Centrale, pre-via segnalazione del Primo Ministro e conferma da parte di almeno 1/3 dei deputati. In questo caso la nomina segue un iter rinforzato in virtù dell’importanza della carica in questione che può essere rimossa seguendo la stessa procedura o la richiesta di 1/3 dei deputati e l’approvazione della mag-gioranza. Ex art. 78, il Presidente della Repubblica convoca il parlamento. Questo è un tipico stru-mento di bilanciamento tra i poteri che, però, nel caso di specie è poco articolato perché non speci-fica nient’altro. In caso di un pericolo permanente, che minacci la sicurezza nazionale e la sua indi-pendenza, il Presidente può assumere le decisioni più opportune, valide in via eccezionale e solo previa consultazione del Primo Ministro e del Presidente del Parlamento. I poteri straordinari del Capo dello Stato sono, quindi, ben più limitati di quanto non appaia dato che il loro utilizzo è su-bordinato al parere delle altre maggiori cariche politiche. Inoltre non è specificato se le misure adot-tate siano valide anche dopo l’estinzione dell’emergenza o se, al contrario, siano valide soltanto pro tempore. Il comma successivo del medesimo articolo specificainfattiche le misure adottate devono solo mirare a riportare lo Stato alla normalità. Nel caso in cui il parlamento non sia sciolto, il Presi-dente non può scioglierlo, né può screditare in alcun modo il governo. La ratio di ciò risiede nel tentativo di scongiurare, in tutti i modi, la possibilità di un colpo di Stato legale. Infatti, dopo trenta giorni dall’emanazione delle misure speciali, la Corte Costituzionale, su invito del Presidente del Parlamento o di trenta deputati, si esprime, entro quindici giorni, circa la necessità di continuare lo stato d’emergenza. L’intervento del potere giudiziario è limitato all’appello da parte di quello legi-slativo. L’effetto giuridico delle misure adottate si esaurisce con la rimozione delle cause che ne hanno resa necessaria l’adozione ma il testo non specifica se tale effetto decade ex tunc.
La prerogativa principale del Presidente della Repubblica è quella tracciata all’art. 80, cioè la promulgazione delle leggi, tramite la pubblicazione in gazzetta ufficiale, entro quindici giorni dalla ricezione dalla Corte Costituzionale. Il modello prevede, a monte, un controllo di costituzionalità di tutti gli atti normativi ma non sembra prevedere una richiesta di riesame da parte dello stesso Presi-dente. L’art. 80.2, infatti, aggiunge che soltanto per i progetti di legge finanziaria e di leggi costitu-zionali, il Capo dello Stato può chiedere una seconda lettura, entro dieci giorni dalla loro ricezione da parte del parlamento. Questo veto è comunque superato da una nuova approvazione dello stesso testo a maggioranza assoluta dei deputati. Il Presidente può, inoltre, sottoporre a un referendum le leggi che riguardano l’adesione a trattati internazionali, diritti e libertà, lo statuto personale. La loro accettazione deve avvenire comunque attraverso il parlamento mentre il giudizio di costituzionalità spetta alla Corte Costituzionale. In caso di referendum approvativo, il Presidente è obbligato a rati-ficare la legge e a pubblicarla entro quindici giorni.
La delega dei poteri presidenziali al Primo Ministro è ammessa, ex art. 82, ma per un periodo non superiore ai trenta giorni. Inoltre la delega deve essere comunicata al parlamento (art. 82.2).In caso di vacanza temporanea del Presidente della Repubblica, e se non è stata operata alcuna delega dei poteri, la Corte Costituzionale si riunisce per dichiarare l’assenza temporanea e conferisce l’incarico, non superiore a sessanta giorni, al Primo Ministro (art. 83). In caso di dimissioni, morte, impedimento permanente o altra causa permanente, la Corte Costituzionale dichiara l’impedimento e la conseguente vacanza d’ufficio, informando il Presidente del parlamento che attiva la procedura per l’elezione di un Presidente ad interim che resta in carica tra 45e 90 giorni. Ai sensi dell’art. 85 il Presidente ad interim non può proporre modifiche alla Costituzione, convocare referendum né scio-gliere il parlamento. Il periodo interinale, infatti, è funzionale soltanto al rinnovo duraturo della ca-rica. Le previsioni di questo gruppo di articoli, atte a disciplinare minuziosamente i casi di im-provvisa mancanza di uno dei poteri principali dello Stato, si spiegano in ragione del cosiddet-to “golpe medico” con il quale Ben ‘Ali depose il Presidente Habib Bourgiba e ne occupò la carica. Inoltre il Presidente può essere destituito attraverso un’iniziativa che parta dalla mag-gioranza dei deputati in caso di attentato alla Costituzione. La decisione finale spetta alla Corte Costituzionale che può obbligare il Capo dello Stato alla dimissione (art. 87).
L’articolo 88 fissa le regole di formazione del governo che rappresenta il secondo ramo del pote-re esecutivo. Esso è composto dal Primo Ministro e da segretari di Stato nominati dal primo previa consultazione con il Presidente della Repubblica in merito ai ministri degli esteri e della difesa. Il governo è legato alla maggioranza del partito o della coalizione che siede in parlamento. Dopo le elezioni, il Presidente della Repubblica conferisce il mandato a formare il governo entro un mese in modo che si rispetti la distribuzione dei seggi. Il governo non deve essere necessariamente monoco-lore ma deverispecchiare la composizione dell’assemblea. Nel caso in cui il governo non possa es-sere formato per la mancanza della fiducia, il Capo dello Stato avvia le consultazioni per identifica-re la personalità più idonea a mettere d’accordo i partiti. Inoltre se dopo quattro mesi dalla tornata elettorale, il governo non è ancora stato formato per le medesime ragioni, il Presidente della Repub-blica può decidere di sciogliere l’assemblea.
L’esecutivo deve esporre il programma ai deputati per ottenere la fiducia. Se questa è ottenuta, la nomina del governo da parte del Capo dello Stato diventa ufficiale.Al fine di mantenere separati i poteri legislativo e esecutivo, è vietato cumulare l’appartenenza al parlamento e al governo (art. 89) e i ministri non possono occupare nessun’altra carica (art. 89.2).
Quanto ai compiti, il Primo Ministro, che è a capo del governo (art. 92), definisce la politica ge-nerale dello Stato e si adopera per la sua applicazione (art. 90).Nello specifico nomina e rimuove i ministri dai loro dicasteri e ne riceve le dimissioni; crea e rimuove
le istituzioni della pubblica amministrazione e ne definisce le loro specificità; nomina e rimuove gli ufficiali civili dalle posizioni apicali della burocrazia. Il Primo Ministro informa il Capo dello Stato dei suoi atti, conclude gli accordi internazionali e, in concerto con i ministri, applica le leggi. Inoltre il Primo Ministro può devolvere una delle proprie funzioni ai ministri in via temporanea (art. 91).Ai sensi dell’art. 92, il consiglio dei ministri è presieduto dal Capo dello Stato limitatamente ad alcuni settori come la difesa, i rapporti internazionali, la sicurezza nazionale. Questa precisazione definisce il rapporto tra le due componenti dell’esecutivo, lasciando intendere che nelle suddette materie l’autorità decisionale spetti al Presidente della Repubblica. Il Primo Ministro esercita un po-tere normativo generale attraverso ordinanze di governo (awamirhukumiyya) emanate di concerto con i ministri e siglate dal capo del dicastero pertinente.
Il sistema semipresidenziale tunisino prevede l’istituto della responsabilità politica del governo come strumento di contrappeso alle prerogative, anche legislative, che esso vanta nei confronti degli altri poteri. L’art. 94 rende il governo responsabile dinanzi all’assemblea e abilita ciascun deputato a sollevare interrogazioni scritte o orali ai singoli ministri (art. 95). La questione della fiducia può essere sollevata, ex art. 96, da almeno 1/3 dei deputati. La fiducia però è revocata soltanto se si e-sprime in tal senso la maggioranza assoluta dei deputati. La mozione di sfiducia obbliga il Primo Ministro a dimettersi e abilita, contemporaneamente, il Presidente della Repubblica ad avviare le procedure per formare un nuovo governo. Nel caso in cui la mozione di sfiducia non sia stata ap-provata dalla maggioranza assoluta, è fatto divieto di presentarne una nuova nei sei mesi seguenti. Detta procedura si applica anche al singolo ministro. La dimissione del Primo Ministro provoca la caduta di tutto il governo (art. 97) ma costui può anche chiedere un voto di fiducia al Parlamento che deve essere votato a maggioranza assoluta. In caso di assenza del Primo Ministro, salvo nei casi di revoca della fiducia o dimissioni, il Presidente della Repubblica incarica il partito o la coalizione dominante a formare un nuovo governo entro un mese. In caso di fallimento, il Presidente sceglie la persona più appropriata a portare a termine questo incarico(art. 98).
Il potere giudiziario
Il capitolo della Costituzione che riguarda il potere giudiziario, qualificato come indipendente, inizia con la specifica delle funzioni che gli sono proprie (art. 100): esercitare la magistratura, inter-pretare la Costituzione, dare attuazione al principio di sovranità della legge e difendere i diritti e le libertà. Ciascun giudice, inoltre, è indipendente giacché non risponde ad altro parametro che la leg-ge. L’accesso alla carica richiede la competenza e l’impegno alla neutralità e all’integrità. I giudici godono poi dell’immunità tranne che in flagranza di reato, caso in cui il giudizio spetta al Consiglio Superiore della Magistratura (art. 102).
Il nuovo sistema giudiziario tunisino è diviso in molteplici tipi di tribunali, secondo il reato commesso. I giudici sono nominati con ordinanza presidenziale su proposta del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 103).Esso sono anche inamovibili e godono di altre forme di tutela che sono sottomesse al giudizio del Consiglio Superiore. L’organizzazione dei tribunali è prevista per legge (art. 107) e la Costituzione specifica che i tribunali militari sono riservati a giudicare i soli crimini di natura militare (art. 107.2).Il Consiglio Superiore della Magistratura è formato da quattro struttu-re: Consiglio della giustizia ordinaria, Consiglio della giustizia finanziaria, Consiglio della giustizia amministrativa e Autorità giurisdizionali (art. 109). Ciascuna di queste strutture è formata per metà da giudici eletti e nominati e, per la restante parte, da personale esterno alla magistratura.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, organo preposto a vigilare sul corretto funzionamento del potere giudiziario (art. 111), nomina un proprio Presidente tra i giudici di alto livello mentre la composizione di questi organi è disciplinata dalla legge ordinaria. Ex art. 110, il Consiglio gode di indipendenza economica e amministrativa e presenta il proprio budget ad una commissione del par-lamento stabilita ad hoc.
La giustizia ordinaria è esercitata attraverso tribunali di primo e di secondo grado, tribunali di cassazione (art. 112) e attraverso la procura generale. Le peculiarità sono stabilite dalla legge che fissa le regole basilari, sostanziali e procedurali, di funzionamento del sistema (art. 112.2). La disci-plina di dettaglio è dunque interamente devoluta al legislatore ordinario che dispone così di una grande capacità di ingerenza negli affari del giudiziario.
La giustizia amministrativa è esercitata attraverso l’alto tribunale amministrativo, il tribunale d’appello e il tribunale di primo grado. Essa si occupa del sindacato degli atti amministrativi e dei casi di abuso di potere (art. 113). Anche in questo caso le norme di dettaglio sono devolute alla leg-ge ordinaria.
La giustizia finanziaria è esercitata da tribunali e organi para-giudiziari specifici. Il loro compito primario è quello di indagare sui reati finanziari e vigilare sul corretto impiego delle finanze pubbli-che (art. 114) in accordo con i principi di legittimità (sharʻiyya). Inoltre affianca il potere il potere legislativo e quello esecutivo nella stesura e nell’applicazione della legislazione economica e finan-ziaria. Altre specifiche e, soprattutto, le procedure di funzionamento sono stabilite dalla legge.
All’art. 115 viene disciplinato il massimo organo giudiziario del nuovo ordinamento tunisino: la Corte Costituzionale. Questa si configura come un organo indipendente composta da dodici giudici nominati per quindici anni e la metà dei quali devono essere esperti di diritto positivo. L’articolo non specifica però la composizione dell’altra metà dei membri della Corte che presumibilmente possono anche essere giuristi di formazione islamica. Sei membri per ciascuno sono proposti dal Presidente della Repubblica, dal Primo Ministro, dal Presidente del Parlamento e dal Consiglio Su-periore della Magistratura. Il parlamento però ha il compito di scegliere i dodici membri, scegliendo la metà di ciascun gruppo di proposte. La votazione deve avvenire con il raggiungimento di una maggioranza qualificata di 3/5 dei deputati. La Corte rinnova 1/3 dei componenti ogni tre anni e nomina un Presidente ed un vice Presidente (art. 116). È proibito cumulare l’appartenenza alla Cor-te Costituzionale con qualsiasi altra carica. L’art. 117 definisce i compiti di questo tribunale, il più rilevante dei quali è il sindacato di costituzionalità. Esso si applica ai progetti di legge approvati dalla camera, prima della fase perfettiva della ratifica presidenziale, ai progetti di legge costituzio-nale per i quali il sindacato è richiesto dal parlamento, ai progetti di revisione costituzionale che presentino vizi procedurali, agli accordi internazionali prima che vanga approvata la legge di rice-zione degli stessi, ai regolamenti interni del parlamento qualora per essi sia chiesto un giudizio dal Presidente del parlamento. Le decisionisono assunte a maggioranza dei membri della Corte (art. 118) ehanno valore coercitivo per tutti e tre i poteri dello Stato. L’iter per decidere sulla costituzio-nalità delle leggi è descritto in maniera dettagliata all’art. 119: il progetto di legge incostituzionale è inviato dal Presidente della Repubblica al parlamentoper una nuova lettura e per l’emendazione in conformità al parere reso dalla Corte Costituzionale. Espletata questa procedura, il progetto torna al Presidente che lo inoltra alla Corte per un nuovo giudizio che deve essere emesso entro un mese. Il giudizio di incostituzionalità si limita alla materia sulla quale esso è stato richiesto (art. 120) mentre le procedure di dettaglio che disciplinano il funzionamento di questa Corte sono definite dalla legge ordinaria (art. 121).
L’ultima sezione del capito che la bozza costituzionale devolve al potere giudiziario riguarda gli organi quasi-giudiziari indipendenti e dotati di personalità giuridica, finanziaria e amministrativa. Tali strutture sono nominate dal parlamento dinanzi al quale restano responsabili (art. 122). Ex art. 123, l’autorità per le elezioni è deputata a vigilare sullo svolgimento delle elezioni e di verificarne l’integrità. A tal fine è dotata di potere regolamentare proprio. L’autorità è composta di nove perso-nalità indipendenti nominate per sei anni. Le altre autorità, eredi delle istituzioni nate dopo la rivo-luzione come la Commissione per il raggiungimento degli scopi rivoluzionari, si occupano di garan-tire l’imparzialità dei media (art. 124) e l’implementazione dei diritti umani (art. 125). Quest’ultima autorità può suggerire leggi apposite per tutelare i diritti fondamentali. L’autorità per lo sviluppo sostenibile è previsto dall’art. 126 mentre l’articolo successivo istituisce l’autorità per la goodgo-vernance.
La procedura di emendazione del testo costituzionale è sancita agli artt. 140-142, in chiusura del-la Costituzione. Il Presidente della Repubblica o 1/3 dei deputati possono avanzare una proposta di iniziativa legislativa. La proposta avanzata dal Presidente della Repubblica ha la precedenza. Alcuni articoli sono sollevati dalla possibilità di modifica: la qualifica dell’Islam come religione di Stato, la qualifica dell’arabo come lingua ufficiale, il sistema repubblicano, la natura civile dello Stato. Se-condo alcuni interpreti, quest’ultima connotazione è in contrasto con la prima dal momento che il principio confessionale si oppone a quello del carattere civile (art. 141). Per bilanciare tale antitesi, il medesimo articolo proibisce anche il diniego dei diritti e delle libertà contenuti nella Costituzione e il numero dei mandati consecutivi del Presidente. Ogni iniziativa di emendazione deve essere no-tificata alla Corte Costituzionale che si esprime sulla sua validità. Inoltre il parlamento deve appro-vare l’iniziativa di modifica tramite votazione a maggioranza assoluta dei deputati, secondo la pro-cedura descritta all’art. 141. L’approvazione finale avviene con il consenso dei 2/3 dei deputati e solo dopo il referendum proposto dal Presidente della Repubblica. In tal caso è necessario raggiun-gere la maggioranza assoluta dei consensi. L’iter particolarmente gravoso si spiega in ragione della necessità di evitare modifiche repentine e frequenti della Costituzione.
Il potere locale
Gli artt. 128-139 sono deputati alla disciplina dell’amministrazione locale del potere, basata sul principio della decentralizzazione (art. 128). Esso è attuato tramite l’istituzione di comunità locali e regionali che assieme compongono la Repubblica. Ciascuna comunità possiede personalità legale (art. 129) e indipendenza economica e amministrativa. Inoltre gli enti locali devono amministrare il benessere pubblico tramite il principio di amministrazione libera. Il governo locale si fonda sulle assemblee elette con elezioni libere e democratiche (art. 130) con le quali una percentuale fissa di seggi dev’essere affidata a giovani.
Gli enti locali dispongono di proprie risorse, alcune delle quali sono devolute dal governo centra-le ex lege in forme di solidarietà e secondo il principio del giusto bilanciamento (artt. 132-133). Le risorse devono essere impiegate in modo da garantire la good governance sebbene viga il principio di libertà decisionale (art. 134). Nel campo dell’amministrazione sono rilevanti gli art. 136-137 che sanciscono modalità partecipative di gestione del territorio. L’art. 136, nello specifico, stabilisce una forma di “governo aperto” nel quale voce rilevante è conferita alla società civile. Gli enti locali, inoltre, sono tenuti a cooperare tra di loro per il benessere sociale.
Alcune riflessioni conclusive
L’analisi della bozza costituzionale rivela che la protezione dei diritti fondamentali segue un modello “minimale”, tipico di quelle Costituzioni che si limitano a proclamare un insieme di diritti e a offrire strumenti, più o meno solidi, di protezione. Ciò richiede un maggiore attivismo da parte dei giudici che sono chiamati a una massiccia interpretazione del testo, eventualità ridotta quando il testo costituzionale offre molteplici dettagli. Tuttavia l’art. 143 stabilisce che il preambolo della Costituzione è parte integrante del testo e non può essere espunto. Inoltre, ex art. 137, la pro-cedura di emendazione del preambolo è la medesima di quella degli articoli. Quanto in esso conte-nuto, dunque, assume la stessa forza cogente del dettato dei singoli articoli e dovrà essere integral-mente applicato. Alcune Costituzioni, come quella irachena del 2005, contengono articoli che espli-citamente sottomettono i tre poteri pubblici al rispetto dei diritti fondamentali. Questa specifica è assente nella bozza tunisina che collega il godimentodei diritti all’istituto della cittadinanza. E-sistono però alcuni articoli in cui il termine “cittadino” è sostituito da quelli più generici di “essere umano” o “individuo”, aprendo a possibili difficoltà interpretative. Manca anche un di-spositivo, detto di solito clausola di limitazione, che imponga in via generale alla legge il rispetto dei diritti umani o, almeno, la non violazione della loro essenza. Ciò rileva anche in merito alla di-chiarazione dello stato d’emergenzaper il quale non è specificato l’effetto prodotto sulla disciplina della tutela dei diritti umani. Sebbene il catalogo dei diritti garantiti, specie sul versante socio-economico, sia piuttosto ampio, la bozza distingue i diritti ai quali lo Stato deve assicurare una tutela qualificata e quelli sui quali invece non vige un obbligo specifico. Questa differenza ri-schia di produrre una gerarchia interna tra i diritti positivi del primo gruppo, come il diritto all’educazione o alla ricerca scientifica, e i diritti del secondo gruppo come il diritto alla previdenza sociale o il diritto alla salute.
Alcuni diritti e libertà sono tutelati in maniera limitata: il diritto alla vita è garantito ma la legge determina i modi con cui può essere compresso. L’art. 6 prevede la libertà religiosa edella pratica dei culti che nelle bozze precedenti erano qualificate come diritti. La differenza è significa-tiva dato che il diritto richiede l’azione dello Stato per produrre effetti concreti mentre la libertà ne-cessita della sua astensione. Nonostante la bozza di giugno contenga questa modifica rilevante, il testo ascrive allo Stato il ruolo di protettore della religione e, dunque, lo rende arbitro delle questioni religiose. Anche la possibilità di adozione di misure di fermo preventivo (art. 28) da parte delle autorità, sull’individuo colto in flagranza di reato, non offre le dovute garanzie in termini di durata massima e minima delle misure adottate.
La bozza costituzionale offre molti spunti di riflessione anche in merito all’assetto istituzionale. Le novità importate in merito al dibattito sulla forma di governo (parlamentarismo vs presidenziali-smo) risaltano ancor più dal paragone con l’assetto della Costituzione del 1959, successivamente emendata. Il Presidente possedeva iniziativa legislativa, formulava il budget senza l’approvazione del parlamento e nominava, da solo, tutte le cariche apicali. Nel 1969 una modifica costituzionale introduceva il Primo Ministro accanto al Presidente, introducendo un semipresidenzialismo sbilan-ciato a favore del secondo. Il principio di separazione dei poteri non era applicato in modo appro-priato e, inoltre, l’assemblea non era rappresentativa della società. Il nuovo progetto costituzionale delinea una forma di semipresidenzialismo sbilanciato verso il Primo Ministro che deve otte-nere soltanto la fiducia del parlamento e non anche quella del Presidente della Repubblica. Circa la formazione del governo, la bozza costituzionale sembra obbligare il Presidente a nominare il leader del partito o della coalizione che ha ottenuto il maggio numero di seggi in parlamento. In questo modo, il Primo Ministro e i suoi ministri godono, in parte, della legittimità popolare. Tutta-via il Presidente interviene nella scelta dei Ministri della difesa e degli affari esteri, sulla base di una prassi del tutto inusuale. I poteri del Presidente sono comunque limitati se comparati a quelli del Primo Ministro che può rimuovere i ministri a sua discrezione. Il Presidente, inoltre, non può scio-gliere il parlamento se non in casi specifici di inabilità a formare un governo. Anche i suoi poteri di decretazione, tradizionale strumento di ridistribuzione del potere legislativo, sono vincolati alle si-tuazioni di emergenza e al parare delle altre cariche pubbliche. La prerogativa di dichiarare lo stato d’emergenza era stata espunta dalla bozza costituzionale rilasciata ad aprile 2013 ma è stata reinte-grata poiché la sua assenza implicava un grave indebolimento dei poteri presidenziali. Un ambito in cui il Presidente mantiene pieni poteri è quello della ratifica dei trattati internazionali. Tuttavia la ratifica deve essere seguita dall’adozione, da parte del parlamento, di una legge ordinaria che im-porta il testo del trattato. Se ciò non avviene, il trattato resta sottoscritto ma non penetra a tutti gli effetti nell’ordinamento.
Sul piano del potere giudiziario la bozza ha importato molti cambiamenti, ridefinendo di fatto il sistema tunisino della giustizia. La collaborazione dei tre partiti dominanti dell’Assemblea Costituente, al-Nahda, Ettakatol e Il Congresso per la Repubblica, ha reso possibile questa riforma che sarebbe stata osteggiata in presenza di un solo partito dominante. Le forze politiche, infatti, pos-sono avere scarso interesse a edificare una magistratura forte. Nel caso in cui diversi partiti si equi-valgono, un solido sistema giudiziario diventa una garanzia condivisa. Inoltre ogni fase di transizio-ne a un regime democratico pone il problema della giustizia transitoria, legata alla sorte dell’antico corpo di giudici, più o meno colluso con il regime precedente. In quest’ottica si possono leggere le norme che fissano requisiti di competenza per accedere alla magistratura. Tuttavia, rispetto ad altri sistemi giudiziari, quello tunisino non aggiunge importanti clausole come l’età minima dei giudici o il loro livello di educazione. L’indipendenza della magistratura, pietra miliare del potere giudi-ziario, implica il fatto che la nomina e la rimozione dei giudici deve essere quanto più possibile un fatto certo e non politico. La bozza costituzionale disciplina la procedura di nomina dei giudici ma non cura la relativa procedura di rimozione, minando in ciò l’indipendenza di quest’organo. Anche la garanzia di alcuni benefici, come la nomina a vita negli alti ranghi della magistratura o un salario adeguato e irriducibile, sono comuni strumenti per diminuire i casi di cor-ruzione tra i magistrati o il loro tasso di ricattabilità da parte delle forze politiche.
Il garante del sistema giudiziario è la Corte Costituzionale. Comunemente il numero dei membri che compongono quest’organo dev’essere dispari, in modo da evitare un possibile stallo decisiona-le. La Corte Costituzionale tunisina è formata da 12 membri e apre a questa eventualità. La bozza prevede che a decidere sia il Presidente della Corte Costituzionale in caso di parità di voti espressi. In ultimo il modo di elezione dei giudici è complesso e frammentato tra organi differenti.
La bozza costituzionale, nel suo complesso, delinea un equilibrio delicato di valori, ideolo-gie e strutture politiche. L’anima islamica, pur presente, non domina nel catalogo dei diritti, né tra i principi generali che informano la Repubblica. Non è presente il richiamo alle fonti del diritto islamico, né alcun organo in grado di innalzare un sindacato di islamicità è presen-te. Ciò che resta poco chiaro è in che modo lo Stato agirà a protezione della religione e, so-prattutto, se riuscirà a bilanciare diverse esigenze, mantenendo l’indubitabile preminenza as-sicurata all’Islam e il principio di non discriminazione egualmente sancito.
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